Da ventidue anni il festival Artisti in Piazza trasforma per quattro giorni il grazioso borgo di Pennabilli, in Romagna, in una capitale di teatro di strada, circo contemporaneo e arti performative. Nonostante non sia così conosciuto fuori dalla regione, fa arrivare 60 compagnie internazionali che propongono spettacoli multidisciplinari che coinvolgano davvero il pubblico, unendo l’innovazione alla tradizione.
Ed è per questo che da qualche anno il festival (che in questa edizione ha avuto circa 35.000 ingressi in quattro giorni!) cerca contaminazioni con la danza, il teatro e in generale con generi di spettacoli che raramente, in Italia, vengono accostati all’arte di strada. Lo dimostra, ad esempio, la coproduzione con il Teatro della Tosse e Balletto Civile, che hanno portato in scena “Axto”, una estenuante, angosciosa, emozionante e applauditissima versione del mito del Minotauro realizzata per uno chapiteaux.
Ma lo spettacolo che più di ogni altro segna la direzione che Pennabilli sta prendendo è, in questa edizione, “Bizangos” della compagnia marsigliese Rara Woulib, per la prima volta in Italia.
Lo spettacolo fa parte della stagione itinerante “Francia in scena 2018”, a cura dell’Institut français Italia, che a Pennabilli ha presentato anche il “mitico” Cirque Bidon, vertiginose prodezze aeree di Marcel et ses Drôles de Femmes e al coro polifonico occitano dei San Salvador.
Rara Woulib è un collettivo di circa 15 persone specializzato in site specific, membro del network internazionale In Situ, che supporta artisti emergenti che lavorano fuori dai luoghi teatrali convenzionali.
Devono il loro nome al rara, una forma musicale haitiana intimamente legata all’idea di attraversare, camminare, passare… trance. Tematiche che affiorano negli spettacoli, proprio come in “Bizangos”, rivelazione del festival di Chalon 2016.
Segue spoiler: se vorrai vedere lo spettacolo potremmo raccontarti troppo!
“Bizangos” è un’esperienza di teatro musicale itinerante, alla scoperta della campagna intorno a Pennabilli, dal tramonto a notte fonda, attraversando campi, boschi, sentieri, case abbandonate e roccioni. Una traversata notturna punteggiata da musica trance e rituali sincretici, a testimoniare le origini dei membri della compagnia, che spaziano dall’Africa alle Americhe.
Si comincia con un matrimonio agreste, con scorribande festose, brindisi tra i campi e banchetti che diventeranno presto incubi impersonificati dall’arrivo di quattro musicisti, emblema del male che si contrappone al bene: quattro figure, soldati di un paese africano, con maschere orrende e strumenti tipici (vengono in mente i personaggi di “Hate Radio” di Milo Rau, sul genocidio in Rwanda). La loro violenza diventerà quasi fisica, mentre ci spingono nel bosco e cala il buio. I buoni ci accompagnano con una serie di lanterne che ridisegnano il paesaggio, mentre mostri bizzarri rievocano riti esotici.
Già, perché la performance sembra mettere in forte discussione il ruolo dell’uomo nel mondo, evidenziandone la ‘abilità’ nel trasformarsi in un essere mostruoso.
La musica e la voce sono protagoniste, con i canti tradizionali dei performer supportati dal coro locale di Pennabilli CCTP – Canta Che Ti Passa, ‘complice’ dell’evento (in tutto sono sessanta le persone coinvolte, tra attori, coristi, musicisti e tecnici). Il tappeto sonoro che ci accompagna rivela una certa maestria tecnica, che riesce a far parlare boschi e sentieri.
Nel nostro camminare veloce saliamo e scendiamo per la campagna, siamo abbagliati da visioni, come quella del canto delle decine di spose bianche al “Roccione”, sotto il castello di Penna che dà nome al paese, oppure quella di un totem in legno costruito con una scala e molti ciocchi, attorno al quale un coro canta e balla in un girotondo illuminato dal fuoco. Ma anche la danza liberatoria accesa dai soliti quattro musicisti/guerrieri, in una specie di rave fra le rovine di una cascina abbandonata.
Paura, stanchezza, freddo ci accompagnano in quella che si dimostra davvero una sorta di trance e rende questa immersione performativa davvero particolare e suggestiva. Si cerca conforto in chi ci sta accanto, magari anche solo per non inciampare nel buio. La sacralità, la ritualità lontana su cui lo spettacolo si basa, unita all’esperienza sensoriale, sono occasioni di riflessione sia per domande intime, personali, ma anche per le grandi questioni dell’umanità. Si intravedono riferimenti a migrazioni, nazionalismi, terrorismo.
Una Dea Nera/Cassandra/migrante ci urla addosso, ansimante, la propria profezia dolorosa.
Un finale lunghissimo, dilatato, con un sottofondo elettronico, decora una scena apocalittica ma tanto attuale: l’incendio in un noceto, tra profumo di legna bruciata e brandelli di umanità perduta, composti da vestiti di bambini gettati a terra insieme a giubbotti di salvataggio.
Dopo questo viaggio faticoso veniamo invitati ad unirci a tavola con la troupe, in un banchetto che sembra un altro finale (ma lo spettacolo in realtà è già finito), con lampadine colorate, zuppa di cipolle, Sangiovese a fiumi e hit romagnole, italiane e francesi alla fisarmonica. La tensione si allenta.
Ne emergiamo riflettendo su un grande spettacolo che è anche un notevole sforzo economico, un esperimento coraggioso anche per il direttore artistico di Artisti in Piazza, Enrico Partisani, che – in un festival non abituato a un pubblico di addetti ai lavori – ha scelto di ampliare gli orizzonti investendo su una compagnia per ora sconosciuta in Italia ma di cui, speriamo, sentiremo ancora parlare.
Bizangos
autore: Julien Marchaisseau
scenografia: Adrien Maufay
concezione sonora: Jérémy Perrouin
con: Julie Avril, Anne-Sophie Boivin, César Bouteau, Olivier Boyer, Mireille Brun, Jérémie Charras, France Davin, Pierrick De Salvert, Cyril Fayard, Donata Lelleri, Xavier Marguin, Pierre Mougne, Wilda Philippe, Vincent Salagnac, Alexandra Satger, Florent Thiollier, Julien Tribout
durata: 2h 15′
Visto a Pennabilli (Rimini), Artisti in Piazza, il 16 giugno 2018