Moltissime sono state le iniziative e gli spettacoli, pensati non solo per lo streaming, con cui le compagnie di teatro ragazzi hanno tentato di proporre nuove creazioni che avessero forme e particolarità del tutto originali. Ciò soprattutto per non perdere, in questo momento di estrema difficoltà di relazione, l’abitudine e l’opportunità di collegare, come è nella loro missione, l’arte teatrale con la scuola, non solo attraverso una visione passiva, ma anche cercando di coinvolgere in modo attivo bambini e ragazzi.
Quello che abbiamo visto (o meglio vissuto), collegandoci con una scuola di Parma, non è stata solo la trasposizione in digitale di uno spettacolo teatrale che avevamo già visto, “Terry”, Eolo Award 2020 per la drammaturgia, firmato da Davide Giordano in collaborazione con Riccardo Reina, ma la realizzazione di un format congegnato per il web e denominato, in parafrasi con il camaleonte, “Il leone che striscia”, capace di abbattere le barriere create dalle distanze e dall’uso del computer.
Lo spettacolo, che avevamo visto dal vivo prima della pandemia, aveva in scena lo stesso Giordano che impersonava Terry, un ragazzo che dal palcoscenico interloquiva con il pubblico dei ragazzi in sala in modo spontaneo e divertente, catturandolo con perizia, entrando subito nelle viscere del loro immaginario comune con gag, e raccontando la sua vita piena di occasioni e di felicità.
Ad un certo punto Terry/Giordano chiamava sul palco un ragazzo, cominciando al contempo, poco per volta, a deriderlo, a sottolinearne le debolezze, mostrandoci così dal vivo tutte le caratteristiche con cui il bullismo si manifesta. Non ci raccontava dunque questi episodi, come avviene in diversi spettacoli di teatro dedicato ai ragazzi, ma li esibiva direttamente, facendocene scoprire i meccanismi più banali ma anche oscuri. E se all’inizio la platea rideva e partecipava al rito del massacro del compagno salito sul palco, alla fine si raggelava, dividendosi, e in alcuni casi esortando anche il compagno a ribellarsi.
Lo spettacolo aveva l’accortezza di farci avvertire anche le tante fragilità di Terry, le ansie con cui aveva a che fare e che, in uno dei suoi pochi momenti di autocoscienza, Giordano esprimeva in modi altamente poetici, scoprendo un ragazzo con sogni, paure, domande e debolezze.
Dall’altro lato, le risposte alle provocazioni di Terry del ragazzo bullizzato cambiavano a seconda della personalità di chi era stato scelto: chi le subiva senza parlare, chi rispondeva a tono.
Così “Terry” si dimostrava uno spettacolo di grande azzardo, sempre diverso, perché diverso era il pubblico e la sua reazione, perché diversa era la vittima, che alla fine, attraverso un profondo dibattito esplicativo del progetto, riceveva i complimenti dell’attore per aver resistito al gioco crudele su di lui perpetrato, questa volta condotto in modo squisitamente e profondamente teatrale, ma che purtroppo si perpetua in molto frequente nella vita reale, lasciando spesso solo la vittima senza condivisione empatica alcuna di chi gli sta intorno.
Nella versione digitale “Terry” diventa “Il leone che striscia”, cioè il camaleonte, animale capace di mascherarsi a seconda dell’ambiente in cui vive, con occhi che possono inquadrare prede diverse. Coprodotto da La Piccionaia di Vicenza e dall’associazione Micro Macro di Parma, si trasforma nel rapporto tra uno youtuber diventato cyberbullo e la sua vittima, ossia tra un utente che usa il web governandolo in modo sofisticato, per proporre un gioco crudele, e i ragazzi di una classe, ognuno con il proprio computer, che interloquiscono con lui, subendone prima il fascino perverso poi le angherie, anche per mezzo di immagini appositamente create per coinvolgerli.
La versione a cui abbiamo assistito in diretta, collegati anche noi con la classe di Parma, ci è parsa addirittura più incisiva di quella vista in teatro, poiché le emozioni dei ragazzi sono state da noi vissute in diretta e da vicino, attraverso le loro reazioni: di forte empatia per chi era stato deriso, e di diniego assoluto di chi non voleva partecipare al gioco, attraverso anche la condivisione dell’insegnante che ha stimolato le reazioni e il forte e variegato dibattito che ne è conseguito.
Il digitale, in questo caso, anziché essere strumento di sola mediazione, è quindi stato capace di creare comunanza tra spazio e tempo: tutto è parso vero e falso nello stesso tempo, diventando a tutti gli effetti uno strumento di piena condivisione emozionale, che alla fine è una delle doti precipue in possesso del teatro partecipato dal vivo.