Christophe di Nicola Russo: la faccia nascosta di un sans-papiers

Christophe (ph: Laila Pozzo)
Christophe (ph: Laila Pozzo)

In prima nazionale al Teatro Elfo Puccini di Milano fino al 7 aprile, la storia di Sati, clochard parigino con cui Russo ha percorso un tratto di strada

Scriveva Fernando Pessoa che «La morte è la curva della strada. / Morire è solo non essere visto».
Il monologo “Christophe o il posto dell’elemosina” di Nicola Russo è un tributo agli invisibili, che vivono di offerte e dormono in strada tra gli sguardi distratti dei passanti. Sono i paria metropolitani, senza documenti né dignità. Persone silenziose, ai margini della città frenetica.
“Christophe” è il ritratto di un sans-papiers parigino. Quando, nel 1995, il 19enne Nicola Russo lo conobbe, Christophe (ma il vero nome è Sati, origini tunisine) avrà avuto meno di trent’anni. Ne nacque un’amicizia, e una corrispondenza epistolare durata tre mesi. Allora Christophe smise di essere invisibile e tornò a sentire la vita.

Ventotto anni dopo Russo ha ripreso in mano quelle lettere. Le ha rilette. Ne è nato un monologo delicato, introspettivo, che modifica lo sguardo su quelli che in Italia chiamiamo “barboni”. Ed è con una barbetta rada che si presenta in scena lo stesso Russo, interpretando Christophe, raccontandolo in prima persona.

Vincitore del Premio “Le cure” di Caritas Ambrosiana, lo spettacolo è approdato in prima nazionale al Teatro Elfo Puccini, dove sarà in cartellone fino al 7 aprile.
In sala Fassbinder, la scena costruita da Giovanni De Francesco è un intrico di sedie per gli spettatori, disseminate attorno a pochi elementi: delle transenne, una ringhiera, un grande schermo laterale. C’è un ponteggio verticale nascosto da una tenda. Su di esso vengono proiettate immagini incolori (di Lorenzo Lupano) di una Parigi esclusa dagli itinerari turistici: piccioni che tubano, marciapiedi affollati, l’intrico dei binari di una stazione, la facciata di un motel a una stella, le lavatrici a gettoni di una lavanderia.

Una panchina. Un uomo con una felpa azzurra. Sappiamo poco della storia di Christophe, della sua famiglia o della sua infanzia. Privo di permesso di soggiorno, vive facendo l’elemosina in luoghi mappati della città, magari puntando sulla pietas dei bambini in presenza dei loro genitori. Perché «le famiglie sono postazioni pedagogiche».
Christophe è il straniero, con l’articolo sbagliato: per rassicurare i passanti, che guardano gli immigrati con diffidenza e intendono rimarcare la propria superiorità. Nessuno gli rivolge la parola. Lui stesso cerca la solitudine, per evitare di esibire documenti inesistenti, per non dare spiegazioni.
Christophe è “trasparente”: nessuno specchio riflette la sua immagine. Non ha una casa, perciò tutta Parigi è casa sua. Ne conosce le cineteche, dove può assistere gratis a film d’essai. Ne ha mappato i luoghi, quelli da battere per fare l’elemosina o cercare un po’ di calore. Ne frequenta gratuitamente le biblioteche. Per questo non compra libri. Ma i soldi dell’elemosina non si mettono da parte. E allora li spende: per un vocabolario; per dormire ogni tanto dentro un letto; per pagare un pasto. Come quello che offrì nel ‘95 a Nicola Russo, e nacque la loro amicizia.

Le lettere di Christophe – in mostra nel foyer del teatro, e poi proiettate sul grande schermo – sono intrise di sensibilità e cultura. Citazioni da Strehler, oppure dal “Mestiere di vivere” di Pavese. Frasi in francese, o in un italiano stentato. Buste colorate. Grandi francobolli variopinti. Fogli da cui esce un cigno o una farfalla di cartoncino. Riflessioni dalla vena esistenzialista, accompagnate dal disegno di un orologio senza lancette, oppure da una lametta appiccicata alla carta. O ancora, buste senza fogli, con dentro frammenti di carta bruciata. E poi, parole a comporre un’immagine, come i calligrammi di Apollinare.
Un incontro spirituale durato solo tre mesi, sul finire del 1995. La storia di un’effimera frequentazione in presenza, poi proseguita a distanza. Essere amici è percorrere un tratto di strada insieme.
Quello di Nicola Russo è un teatro civile in sordina, che riconduce alla naturalezza del mestiere d’attore e relega l’attualità a rumore di fondo. Non c’è recitazione, solo l’essenzialità del gesto, la genuinità degli sguardi, la nudità della parola, sottotono, sottovoce, sempre autentica. Anche Dio è silenzioso, e Christophe gli eleva una preghiera muta. Per questo preferisce scrivere, per «spezzare il mare gelato».

Musica e suoni notturni di Andrea Cocco, a evocare un’alienazione che non è mai rinuncia. Le luci algide di Giacomo Marettelli Priorelli, per una prigione morale da cui si può evadere attraverso la poesia.

“Christophe” è una storia di libertà e riscatto, solitudine e dialogo. Mette in scena un personaggio che annulla il disagio con la profondità umana e psicologica. Sconvolge gli stereotipi di chi confonde la miseria economica con quella morale. Restituisce identità e colore alla massa di diseredati, clandestini, reietti, che qui si materializzano da un orizzonte amorfo ed entrano nella nostra quotidianità con una discrezione che spiazza ed emoziona.

Christophe o il posto dell’elemosina
uno spettacolo scritto e interpretato da Nicola Russo
scene e costumi Giovanni De Francesco
luci Giacomo Marettelli Priorelli
suoni Andrea Cocco
video Lorenzo Lupano
assistente alla regia Isabella Saliceti
produzione Teatro dell’Elfo
spettacolo vincitore del Premio Le cure – Caritas Ambrosiana

durata: 1h 10’
applausi del pubblico: 3’

Visto a Milano, Teatro Elfo Puccini, il 24 marzo 2023
Prima nazionale

 

 

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