Cinque i performer in scena, diversi per estrazione e capacità: danzano, cantano, parlano, si rincorrono e rincorrono i loro e i nostri vuoti.
Alcune individualità emergono sulle altre; tra questi Tatiana Saphir, vista qualche anno fa insieme alla sorella a Short Theatre, in una conferenza/spettacolo sul punk argentino. Tatiana ha una fisicità ingombrante ma armonia nel movimento e un corpo molto sensuale. Le scene più interessanti sono quindi quelle che la vedono protagonista: sia quando con la collega gioca a indovinare l’imitazione delle attrici famose, che quando balla la lambada col suo partner magro e nero.
Interessante è l’apporto scenografico allo spettacolo: sulla sinistra una teca/finestra che diventa prigione e simbolo di agorafobia estrema; sulla destra un salotto su una struttura roteante, facile e toccante metafora dello smarrimento contemporaneo e del “girare a vuoto” dei protagonisti.
Queste soluzioni fanno emergere a tratti il punto di vista politico di Constanza Macras sulla difficoltà di rapporti nelle metropoli, sulle insidie del web nelle relazioni, sulla mancanza di comunicazione nella società della comunicazione.
Un esempio classico di quel teatro mashup di gran moda nelle scene europee, ma che deve essere supportato, per essere efficace, da tecnica dei performer ed energia sul palcoscenico. A tal proposito, ciò che più si nota è la mancanza di amalgama del gruppo, fattore che grava sul ritmo dello spettacolo.
A causa di queste debolezze l’approccio critico di Constanza Macras non arriva fino in fondo, se comparato ad esempio allo straordinario “32, Rue Vanderbranden” di Peeping Tom, che pure affronta temi simili. Anche l’agorafobia come punto di partenza resta uno spunto incompiuto.
In definitiva ci troviamo di fronte ad un teatro che vorrebbe denunciare attraverso il gioco e i movimenti dei corpi le nostre paure e manie, ma che non rompe la quarta parete, non coinvolge e non fa sobbalzare dalle poltrone. Per lo meno il sottoscritto, visto che gli applausi lunghi e convinti del pubblico sembrerebbero dimostrare il contrario.
Uno spettacolo che poteva tranquillamente durare la metà; l’ora e quaranta ci è sembrata un’eternità.
HERE/AFTER
coreografia e regia: Constanza Macras
drammaturgia: Carmen Mehnert, testi Constanza Macras
di e con: Fernanda Farah, Tatiana Eva Saphir, Miki Shoji, Ronni Maciel, Santiago Blaum
apparizione speciale: Nile Koetting su Skype, Hiromi Iwasa su Youtube
stage design: Tal Shacham
costumi: Gilvan Coelho de Oliveira
produzione: Constanza Macras | DorkyPark and HAU/Hebbel am Ufer
con il supporto di Capital Cultural Fund e del Governing Mayor of Berlin – Department for Cultural Affairs
in collaborazione con: Goethe Institut e Teatro Eliseo
durata: 1h 40’
applausi del pubblico: 2’39’’
Visto a Roma, Teatro Eliseo, il 6 ottobre 2012