Le sonorità di Danae 21 con Rizzo-Malatesta, Tidoni e Marilungo

Markhor (photo: Michela di Savino)|There is no listening without intervention (photo: Michela Di Savino)|Party girl (photo: Luca Del Pia)
Markhor (photo: Michela di Savino)

La veste autunnale pare cucita addosso a Danae, festival milanese di danza, teatro, performance e suono giunto alla XXIII edizione, che in questo 2021 ha anticipato la data d’apertura.
La pioggia ha rivoluzionato l’inizio della kermesse diretta da Alessandra De Santis e Attilio Nicoli Cristiani, dirottando verso luoghi riparati i primi appuntamenti previsti all’aperto. L’anno scorso il timido sole che aveva aperto il festival rimase strozzato in quel famigerato sabato di fine ottobre che decretò la nuova chiusura dei teatri, sulla scia dei contagi in risalita.
Il logo del 2020 faceva riferimento alle profondità del mare, all’abbraccio tra un palombaro e una medusa. Quest’anno il grafico Marco Smacchia ha optato per un collage di funghi, a evidenziare la rigenerazione del sottobosco urbano attraverso l’arte e l’urgenza di una riconnessione tra esseri viventi.

Anche il teatro può contribuire a elaborare il trauma personale e collettivo della pandemia. Danae suona la carica. È il suono il fulcro della prima settimana del festival, che modella la performance “Markhor” di Cristina Kristal Rizzo e del percussionista Enrico Malatesta. Ma questa danza leggera, sinuosa, ritmata, è in realtà una prova sinestetica. I cinque sensi danno linfa al movimento. “Il Markhor è una capra selvatica in via di estinzione ed è l’animale nazionale del Pakistan – spiegano gli artisti – Durante la stagione degli amori, i maschi combattono tra di loro, balzandosi addosso e incastrando le corna nel tentativo di far perdere l’equilibrio all’avversario”.
“Markhor” è respiro, ristoro, ritmo. Il corpo trova espressioni e posture tra rombi, cigolii, fruscii e sonorità sferraglianti o per converso ovattate. La forma nasce da incontri imprevedibili: una radiolina portatile, del polistirolo sbriciolato, il legno accarezzato, una coperta isotermica stropicciata, tazzine e bicchieri rotti. Il suono diventa odore, mentre bruciano essenze profumate. Il fumo diventa colore, quello di fumogeni accesi all’aperto, bianchi, azzurri, con piccole esplosioni che destano il pubblico e creano nuove occasioni di dialogo danzante.
Anche la pioggia, fuori dal Bistrot 39 alla Bovisa, dove si svolge la performance, entra nella drammaturgia. Un’altra pioggia, ma di sabbia, deflagra sul pavimento, si combina con nuovi profumi. In questo gioco di rimbalzi basato sull’improvvisazione, il suono è scintilla. Il corpo è materia che agisce e organizza. Il pubblico disposto in circolo partecipa all’evento creativo, rito collettivo basato su attesa e cura del dettaglio.

There is no listening without intervention (photo: Michela Di Savino)
There is no listening without intervention (photo: Michela Di Savino)

Un senso d’attesa permea anche “There is no listening without intervention” al LachesiLAB, lavoro in cui Davide Tidoni sintetizza una ricerca sul suono durata dieci anni. Semplici casse e un microfono variamente manipolati, percossi, violati, generano suoni che come elastici reagiscono all’interazione con il corpo, con effetti bizzarri.
Abituati alle sconnessioni causate dalle onde dei cellulari, qui scopriamo che anche il corpo è capace di alterare i suoni, scomporli e filtrarli. Simone Evangelisti, il performer, interagisce con le onde in varie posture: è garante e custode di quei suoni, che parcellizza e libera con la deferenza e il riguardo dell’esploratore.
Il performer alle prese con i suoni pare Ulisse che custodisce l’otre dei venti. Anche il filo del microfono può relazionarsi al corpo producendo effetti acustici anchilosati, scricchiolii ossei, fruscii che sembrano decongestionare la schiena come dopo una fase d’ibernazione. Tonfi, colpi di fionda, crepitii trovano una cassa di risonanza nella nudità del palco, nel vuoto algido della sala, negli sguardi incerti degli spettatori. Smarriti, infiacchiti, rapiti, entusiasti, siamo fagocitati dentro un lavoro concettuale che sfregia la tradizionale nozione di armonia, con l’obiettivo di portare l’orecchio e lo sguardo dentro e oltre il suono.

Party girl (photo: Luca Del Pia)
Party girl (photo: Luca Del Pia)

I colori rifanno capolino a Danae grazie alla danza di Francesco Marilungo. Che nelle vesti di coreografo e regista, in “Party girl” dirige al teatro Elfo Puccini (il lavoro è in coproduzione con MILANoLTRE) tre fantastiche danzatrici in un gioco che insieme magnifica e stigmatizza la manipolazione della bellezza adolescenziale.
Tre televisori in fase di dismissione immortalano angoli cadenti di città notturne. Qui la tentazione è a portata di mano in un motel, nei recessi di una strada solitaria oppure ai margini di una stazione di servizio dalle luci assopite. Per sognare basta pagare. Tutto è in vendita, anche la dignità.
Tre lolite avvenenti (Alice Raffaelli, Roberta Racis, Barbara Novati) posano e si muovono a comando su input di una voce maschile.
Un mulinello di charme e malizia pone l’attenzione su una bellezza innocente e intrigante. La seduzione è viaggio alla ricerca di sé. L’ammiccamento è prostituzione. L’eros è desiderio di gustare ogni esperienza per esorcizzare la morte e arpionare quel sentimento inafferrabile che è l’amore. La rivelazione è mistero.
I costumi da teenager di Efisio Marras costringono a fermare lo sguardo sul corpo come oggetto, reso intrigante dall’alchimia di sguardi e movimenti. Pose ammiccanti avvinghiano gli spettatori, movimenti meccanici, bruschi, schematici, frammentati, decelerati omologano i corpi ai canoni prescritti da moda e pubblicità. Le danzatrici sono ninfe, principesse, cenerentole nei loro abitini colorati e minimalisti. Con grazia e malia padroneggiano la propria femminilità nei coni di luce orchestrati da Gianni Staropoli con l’assistenza di Omar Scala.
“Party girl”, è una performance ingenuamente perturbante. Il cambio d’abito è disvelamento. La danza diventa sballo. Lo sballo avvia la nemesi. La nemesi fonda la ribellione e orienta l’emancipazione dalla hybris maschilista e misogina. Le donne in scena, esseri privi di volontà, inaspettatamente trovano proprio nel ripetersi degli ordini che ricevono consapevolezza e assertività.
“Party girl” è un lavoro tra immaginazione ed estetica, con un finale controcorrente e uno sguardo agli archetipi ancora da smantellare. Un’ulteriore tappa della crescita di Marilungo, cui Danae ha fatto da chioccia.

Il festival prosegue con “Abstract. Un’azione concreta” di Habillé d’eau (giovedì 14 ore 20.30); “Il sogno di 100 candele” di Fabio Bonelli (sabato 16 e domenica 17, ore 18.30 e 20.30, altra prima nazionale).
Ad arricchire il programma domenicale del 17 anche “Dédicace” della compagnia svizzera La PP (in prima nazionale all’ex chiesetta del parco Trotter, dalle ore 15 alle ore 16.30 e dalle ore 18 alle ore 19.30), per terminare con “Cambium”, conferenza-spettacolo nel verde di Silvia Gribaudi, Sara Michieletto ed Elisabetta Zavoli (ore 17, Anfiteatro via Russo).

MARKHOR
ideazione Cristina Kristal Rizzo e Enrico Malatesta
coreografia e danza Cristina Kristal Rizzo
suono dal vivo Enrico Malatesta
creative producer Silvia Albanese
produzione TIR DANZA

durata: 40′

Visto a Milano, Bistrot 39, il 26 settembre 2021

 

 

THERE IS NO LISTENING WITHOUT INTERVENTION
di Davide Tidoni
con Simone Evangelisti, Davide Tidoni
consulenza Elisabetta Consonni
con il sostegno di IntercettAzioni – Centro di Residenza Artistica della Lombardia (un progetto di Circuito CLAPS e Teatro delle Moire, Industria Scenica, Milano Musica, ZONA K)

durata: 40′

Visto a Milano, LachesiLab, il 3 ottobre 2021
Prima nazionale

 

 

PARTY GIRL
regia e coreografia Francesco Marilungo
cast variabile composto da Alice Raffaelli, Roberta Racis, Barbara Novati, Flora Orciari, Agnese Gabrielli
luci e spazio Gianni Staropoli
assistente alle luci Omar Scala
video Gianmaria Borzillo, Francesco Marilungo
costumi Efisio Marras
produzione Körper in coproduzione con MILANoLTRE Festival e Teatro delle Moire/Danae Festival
in collaborazione con Amat e Comune di Pesaro nell’ambito di “Residenze Marche Spettacolo”, promosso da Mibact, Regione Marche e Consorzio Marche Spettacolo
con il sostegno di Centro di Residenza Emilia-Romagna (L’Arboreto – Teatro Dimora, La Corte Ospitale), Teatro Petrella di Longiano, Centro di Residenza della Toscana (Armunia, CapoTrave/Kilowatt) con il supporto di DiD studio/Nao Performing Festival, Anghiari Dance Hub
con il contributo di Teatro Pubblico Pugliese – Consorzio Regionale per le arti e la cultura / Compagnia Menhir e Comune di Ruvo di Puglia/Talos Festival, ResiDance XL – luoghi e progetti di residenza per creazioni coreografiche, azione della Rete Anticorpi XL – Network Giovane Danza D’autore coordinata da L’Arboreto – Teatro Dimora
con il contributo di MiC – Ministero della Cultura e Regione Campania progetto vincitore di Premio Prospettiva Danza Teatro 2020 e di Cross Award 2020
progetto selezionato per NID New Italian Dance Platform 2021

durata: 55′

Visto a Milano, Teatro Elfo Puccini, il 10 ottobre 2021

 

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