Nello spettacolo-concerto al Franco Parenti, il ritratto multimediale del “cantattore” ebreo che si batteva per la pace tra Israele e Palestina
Che ingegno poliedrico, Herbert Pagani. Nato a Tripoli nel 1944, morto a soli 44 anni nel 1988 (ora riposa nel cimitero di Tel Aviv), era un artista ebreo che sosteneva il dialogo tra i popoli e la pace tra israeliani e palestinesi. Aspro censore di chi negava il diritto alla nascita e all’esistenza di Israele, era sensibile alla causa araba; deplorava la Nakba e l’occupazione dei territori; condannava gli eccessi dei coloni israeliani.
Herbert Pagani manca alla nostra epoca. Mancano la lucidità e la forza con cui avrebbe censurato sia i crudeli attentati di Hamas del 7 ottobre, sia la reazione guerrafondaia di Netanyahu e dell’esercito israeliano. Non sarebbero passate inosservate ai suoi occhi l’aggressione di Gaza, i crimini sui civili, le migliaia di morti, la strage dei bambini.
A Herbert Pagani giunge l’omaggio della sorella Caroline. Ma lo spettacolo concerto “Per amore dell’amore. Herbert Pagani: Musica, Poesia, Arti visive”, lo scorso maggio al Franco Parenti di Milano (nel 2025 sarà a Roma all’Auditorium Parco della Musica, poi a Ventimiglia e infine a Parigi in lingua francese), è più di un semplice tributo: è la scultura a tutto tondo di un artista e di un ingegno poliedrico; è, soprattutto, il ritratto di un uomo e di un sentimento.
Un ricordo. Un legame, che a decenni di distanza, rimane inalterato tra fratello e sorella. Herbert Pagani era amatissimo in Francia. E può darsi che in Italia non siano tantissimi i suoi cultori. Molti giovani lo ignorano. Per tanti ultracinquantenni è solo un musicista, un paroliere. È l’autore di “Teorema”, tormentone evergreen portato al successo nel 1981 da Marco Ferradini. Ma chi lo ha conosciuto, letto, ascoltato anche in maniera epidermica, non può fare a meno di apprezzarne l’ingegno totale.
Caroline ci guida a conoscere la persona e l’artista. Il Teatro Franco Parenti diventa una sorta di museo. Sulla scena, un tavolo da lavoro. Dei bicchieri. Un pianoforte sulla destra, suonato da Giuseppe Di Benedetto. Un leggio. Un microfono. Un cavalletto. Tele e telai per dipingere. Legni. Scarpe logore. Scatole con bambole. Marionette. La cornetta di un telefono. Sono tutti oggetti scenici appartenuti all’artista, che richiamano un disordine insondabile. È il brainstorming che avvia il fermento poietico di Caroline, come preludeva al tormento creativo di Herbert.
Da dove partire per raccontare? I modi possono essere infiniti. Forse a questo spettacolo, che si vale della regia di Giuseppe Marini, manca un filo logico perentorio. Sembra poco costruito. Proprio per questo, è onesto fino in fondo.
“Per amore dell’amore” è infatti una sorta d’album fotografico. La narrazione fluisce naturale. È genuino il modo in cui si affastellano aneddoti, ricordi personali, lettere, scritti vari, immagini delle arti visuali che rivelano la creatività del protagonista.
Poi le canzoni, arrangiate con Alessandro Nidi. Caroline le canta come chi le ha ascoltate e cantate tante volte. Quei brani diventano poesia e denuncia. Diventano “nostri” senza bisogno di chiose. Parlano di temi scomodi. Come “Albergo a ore”, censurato per anni in Italia, storia di un amore contrastato fino al suicidio. E poi l’amicizia, la rabbia, la solitudine, il dialogo. E ancora la morte, la vecchiaia, ogni genere di fragilità. Infine temi politici: il consumismo, l’ecologia, la lotta per un mondo più equo. La pace. L’auspicio di un’evoluzione sociale, economica, culturale a vantaggio dei derelitti. A fine spettacolo, quando si riaccenderanno le luci, saranno tanti gli occhi umidi in sala.
Caroline parte dai luoghi: Tripoli, Venezia, Milano, Parigi. Parte dall’amore per il riciclo di Herbert. Che aveva colto in anticipo la deriva autodistruttiva del nostro pianeta. Con pezzi di legno e plastica, il “cantattore” creava la sua arte, senza costi e di valore incommensurabile.
Immagini video. Attraverso un lungo piano sequenza esploriamo la casa atelier milanese dell’artista.
Ed ecco il pezzo clou, “Palcoscenico”, sferzante cover proposta da Caroline in versione video buffa, maliarda, mix di sensualità e decadenza. Caroline shakespeariana usa la satira per stigmatizzare il proprio «mestiere da puttane». Anche questo può essere l’arte: una professione piena di paradossi.
Oppure può assumere la forma di una lettera a un figlio non necessariamente nato, che diventa monito universale, perché tutti siamo figli: «Un consiglio: rompi le scatole al mondo. E amalo. Ricordati: meglio vivere con la carne a vivo, scorticata, vulnerabile, alla mercé dei venti, del sole, della sabbia, che costruirti una maschera, una corazza di prudenza di cui sarai la prima vittima. […] Non usare le infelicità altrui come foglia di fico. E non fare la felicità degli altri nella speranza di ottenerne una parte per te come ricompensa».
E che belle le parole di Herbert contro la guerra. Scritte poche settimane prima della morte, assumono il sapore di un testamento.
«Forse proprio perché sono ebreo, non sono mai riuscito a limitare la mia visione della realtà a una sola frontiera». […] «Ascolta, Israele. L’Eterno tuo Dio è Uno, e i suoi figli sono tutti i bambini del pianeta. Secondo me c’è un refuso nella Bibbia: tu non sei il popolo eletto ma il popolo elettore. Hai eletto Dio a Presidente della tua storia per l’eternità, e se sei sopravvissuto fino ai nostri giorni allorché tante civiltà sono scomparse, è perché sei stato fedele alle sue Leggi. Egli ti ordina di difenderti ma anche di amare. Amare è assumersi la responsabilità del prossimo».
E ancora, il monito finale a Israele che è inno al potere salvifico dell’arte: «Stasera, davanti a Masada che vide l’ultimo sacrificio dei nostri antichi fratelli, apri il tuo cuore, accendi tutte le tue luci, accendi la musica e che questa salga potente e attraverso la ferita nel cielo arrivi in alto e chieda per tutti giustizia e pace. Pace».
Per amore dell’Amore
Herbert Pagani: Musica, Poesia, Arti visive
Di e con Caroline Pagani
Pianoforte Giuseppe Di Benedetto
Regia Giuseppe Marini
Arrangiamenti Alessandro Nidi
Preparazione vocale Francesca Della Monica
Immagini e video a cura di Luca Pili, Flavio Brunelli e VideoEst
Produzione Teatro Franco Parenti e Caroline Pagani Teatro
durata: 1h 30’
applausi del pubblico: 3’ 20”
Visto a Milano, Teatro Franco Parenti, il 19 maggio 2024