Fa un certo effetto vedere sui palchi italiani la rappresentazione dell’odierna crisi economica da un punto di vista mitteleuropeo. Grazie a una coppia affiatata di artisti come Christoph Marthaler e Anna Viebrock (regista lui, scenografa lei), il pubblico del Napoli Teatro Festival Italia riflette su come le difficoltà economiche tocchino tutta Europa e non siano solo una questione mediterranea.
La regia dell’uno e la scenografia dell’altra alimentano l’effetto crisi mondiale con tocco decisamente personale, attraverso i mezzi tipici del teatro del grande maestro di origine svizzera: sottile ironia, gusto musicale raffinato, minimalismo sfrontato e soprattutto una dilatazione dei tempi che conduce lo spettatore ad una trance (o noia?) che si trasforma in sdegno e riflessione.
Dodici attori vagano sulla scena, che è una specie di condominio, o forse una colonia, ma sembra un negozio di compravendita di mobili usati. Tre garage claustrofobici sono il teatro di una vita vissuta, una volta simboli dell’american dream, adesso solo anfratto per danze e noia.
Il paradosso è il codice per comprendere questa singolare messa in scena della crisi, anche se inizialmente, vedendo le gambe alzate in una sorta di stop motion delle attrici, si è un po’ sorpresi. Il paradosso diventa anche paura e delirio: i dodici piangono attaccati ai loro mobili svenduti. Il banchiere, dopo aver declamato le virtù del consumo come antidoto alla crisi, invita a restare vivi, iniziando un delirante balletto su “Stayin’ Alive” dei Bee Gees.
Questi dodici personaggi suonano, cantano e ballano. La loro musica sembra un esorcismo, pare una salvezza contro le leggi dell’economia, contro l’era d’oro del consumismo ormai svanita, afflosciata, a tratti pericolosa. Insieme ai canti a cappella e ai ‘lieder’ di tradizione germanica, si intrecciano storie di vita quotidiana o di ordinaria follia: il killer al cellulare, l’estetista che chiede un mutuo ma il banchiere non riesce ad aprire la cassaforte (le banche hanno chiuso il rubinetto), il padrone di chissà quale azienda stravaccato in ufficio.
Accecante, intelligente messa in scena della paura economica e fisica, dell’aggressività del sistema capitalistico, dell’ossessione per i sistemi di allarme che proteggono quello che c’era ieri e oggi non più. La cifra stilistica di Marthaler è molto chiara, non lascia dubbi. Troppi impulsi, troppi stimoli, ma il messaggio arriva diretto, forte e chiaro: nessuna risposta alla crisi, nessuna salvezza dell’umanità. Marthaler ci rovescia addosso solo una caterva di ulteriori domande su come abbiamo fatto ad arrivare fin qua. Cinicamente.
Riesenbutzbach. Eine Dauerkolonie
di Christoph Marthaler e Anna Viebrock
drammaturgia: Stefanie Carp
produzione: Wiener Festwochen
coproduzione: Napoli Teatro Festival Italia, Athens Festival, Festival d’Avignon, International Theatre Festival Wroclaw, Theater Chur, Festival/Tokyo
durata: 2 h 18’
prima nazionale
Visto a Napoli, Auditorium Domenico Scarlatti della Rai, il 27 giugno 2009
Napoli Teatro Festival Italia 09