Sono soltanto animali. La Shoah di Colavero e Olivetti

Sono soltanto animali
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Sono soltanto animali
“Sono soltanto animali” è una polifonia drammaturgica pensata da Federico Olivetti e Luciano Colavero (anche regista) per la voce di Antonio Tintis, che ha alle spalle una gestazione di circa quattro anni.

E’ questo il primo dato che emerge non solo dalle dichiarazioni rilasciate da Colavero a proposito del testo, ma anche dall’approccio dell’attore alla scena e dalla sua stessa costruzione – divisa sì in due settori ma compresenti e inevitabilmente influenzati l’uno all’altro – oltre che dalla stratificazione di sguardi a cui lo spettacolo guarda al suo tema di partenza: la Shoah.

Dietro l’apparente semplicità di una divisione del palcoscenico si cela una trama invisibile di percorsi in gran parte già tracciati, in cui Tintis si muove quasi prevedendo per ciascuno la quantità di fatica che il loro singolo attraversamento comporterà, quasi incastrando un dolore nell’altro tendendo a una sorta di effetto domino finale.

Tutta la necessità di questa consapevolezza risulta dalla quantità di frammenti che si sono deposti nel disegno del dramma, chiamato a interagire anche con le sculture di Alberto Favretto e con oggetti ed elementi da lui predisposti. Se i riferimenti vanno da Rudolf Hoess alle memorie di Salmen Gradowski, passando per i Protocolli di Auschwitz e alcune interviste a contadine polacche, le sei voci in cui si spezzetta la presenza scenica di Tintis – corrispondenti ad altrettanti ricalchi: un fuggitivo, un prigioniero, un funzionario dei trasporti, una guardia, un dottore e delle contadine – stabiliscono tutti un dialogo corporeo e concettuale con questi oggetti, talvolta perfino lasciandosi parlare e muovere da essi.

Legno, acqua, gesso, ferro sono qui corpi sopravvissuti alla Storia: puntelli del passato sulla bacheca di un ricordo necessario, mentre la presenza dell’uomo appare e scompare e riappare tra le nebbie della memoria.
In questo lavoro la testimonianza e la sua incarnazione umana tendono sì verso il basso di conflitti irrisolti o di perdoni non erogabili, ma finiscono per confondere le acque sugli estremi cronologici di una tragedia e su ciò che rimane impigliato al suo interno o al suo esterno, di non detto o indicibile. O che indugia alle porte di ordini dettati da una furia a cui tuttora sembra impossibile attribuire un volto preciso.
C’è infatti, in “Sono soltanto animali”, un dubbio, un dubbio che coinvolge direttamente la Storia e le sue vittime: chi sono gli animali in questione? Una domanda che indaga la reale portata omicida di una fortezza e la sua identità (a cui, non a caso, viene mai attribuito un nome), un quesito che si apre come una finestra su un orizzonte tutt’ora senza risposte.

Rispettando l’incomprensibilità del mistero del Male, ma interpretando tutta la banalità di certe invidie e bassezze o alzandosi nel lirismo solitario di un canto alla luna e alla Natura indifferente che rappresenta, lo spettacolo si sofferma anche su alcune sfumature delle storie che si raccolgono sul suo filare, sfiorando quesiti e paragoni contemporanei, ma purtroppo suggerendo solo la profondità dolorosa da cui ha origine il suo viaggio. E così facendo, indebolendo un poco la portata di un raggio d’indagine sul presente.

Singole immagini e deperibili materiali vengono tuttavia evocati o usati a mo’ di metafore: un campo di girasoli a cui si affaccia la presa di coscienza di un uomo del branco, il rumore sordo del terrore di chi fugge e dell’incredulità che circonda poi il suo racconto o il battibeccare crudele e avido di contadine-pietre, tratte a caso da una massa di loro consimili indifferenti.
A questi cambiamenti di forma e di sostanza Tintis risponde su stesso, costruendo singole ma dolorose solitudini, sensibilità e destini diversi ma pulsanti. Il riscontro di quest’ambizione interpretativa è sicuramente all’altezza della necessità di trattazione del tema, novecentesco ma al contempo storicamente assoluto.

SONO SOLTANTO ANIMALI
di Luciano Colavero e Federico Olivetti
regia: Luciano Colavero
con: Antonio Tintis
sculture, costumi e spazio scenico: Alberto Favretto
disegno luci: Anna Maria Baldini
direttore tecnico: Robert John Resteghini
elettricisti: Vincenzo De Angelis, Roberto Riccò
produzione: Emilia Romagna Teatro Fondazione
in collaborazione con Associazione Strutture Primarie
durata: 1h

Visto a Modena, Teatro delle Passioni, il 24 novembre 2012


 

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