Avignone e Edimburgo hanno la stessa età: fondati nel 1947, anche per la capitale scozzese si compirà quest’anno il 63° anno di festival. Tre settimane di opera lirica, danza, teatro, musica ed arti visive, a partire da venerdì 14 agosto fino a domenica 6 settembre.
Una delle note storiche rilasciate dalla stampa britannica è di certo quella di “Spectator”, che scrive: “Si può sempre dormire a settembre”, come dire che vince chi tiene gli occhi aperti più a lungo.
Dal momento che parlare di “tema” non piace quasi a nessuno, soprattutto se il termine è usato per regolamentare una sorta di fiera delle novità che il più possibile si immagina eterogenea e multiculturale, piace invece tanto parlare di una o più “fonti d’ispirazione”. Quella che ha dato fuoco alla scintilla di questo 63° Festival di Edimburgo, secondo il direttore Jonathan Mills, è il periodo storico dell’Illuminismo: “Un periodo – aveva detto in conferenza stampa – di sviluppi tecnologici, provocazione filosofica e scoperte scientifiche”. Insomma l’età dell’oro delle invenzioni moderne. E visto che il teatro è da un’invenzione, da un’istanza che parte, tutto torna.
La sezione musicale celebrerà Mendelssohn e Handel, di cui si festeggiano gli anniversari, e proporrà compositori contemporanei e anteprime mondiali tra lirica e prosa (il Peter Pan di JM Barrie che, a cura del New York’s Mabou Mines, diventa “Peter and Wendy”, nuovo recital di Bryn Terfel).
Il paradigma illuminista comparirà grazie all’importante ambasciata di uno spettacolo atteso a lungo, “Optimism” di Tom Wright, che segue le tracce del “Candide” di Voltaire mettendo come citazione fondamentale la frase: “Dio è un attore comico che recita per un pubblico che ha troppa paura per ridere”. Un indizio che è tutto un programma, per l’ensemble australiano Malthouse Melbourne, a quanto pare alla ricerca di una nuova e aggiornata definizione di “umorismo”.
Vero fiore all’occhiello della programmazione teatrale sarà però l’attesissimo adattamento del “Faust” ad opera di Silviu Purcărete (Teatro Nazionale Radu Stanca). Il geniale regista rumeno, già autore, tra gli altri, dello strepitoso “Pantagruel Sister-in-law”, si misura con l’eterno duello tra scienza e misticismo, mettendo in campo l’intera numerosissima orgia di attori instancabili che compariva in “Pantagruel” e proponendo un “teatro macabro su grande scala”. C’è poi “The Last Witch” di Rona Munro, anteprima di una co-produzione con il Traverse Theater di Edimburgo per il festival, basato sulla storia di Janet Horne, l’ultima donna che fu giustiziata per stregoneria in Scozia.
Lavori in grande anche per la prima produzione su palcoscenico dell’epopea di Robert Henryson “The Testament of Cresseid” per la regia di David Levin, ideale prosieguo del “Troilus and Criseyde” di Chaucer. Curioso anche “Tondal’s Vision”, che prende le mosse da una delle più popolari storie visionarie del 12° secolo e, nelle mani dell’ensemble Dialogos, si sublima in una polifonia medievale. “Experimentum Mundi” è l’opera di Giorgio Battistelli per voci, percussione, narratore e artigiani; mentre gli amanti del teatro immaginario verranno allietati da “Diaspora” di Ong Keng Sen. E i fan della drammaturgia non resteranno delusi dal trittico di Brian Friel, il più famoso drammaturgo vivente irlandese (“Faith Healer”, “Afterplay” e “The Yalta Game”).
Edimburgo è famosa anche per l’opera, che in questo 2009 si presenta ricca di novità: “St Kilda, Island of the Birdmen” cantata in gaelico, francese ed inglese dal Choeur et acrobates des Hainauts e Ensemble Musiques Nouvelles dirette da Jean-Paul Dessy e Thierry Poquet; “Ricercar Consort” con la regia di William Kentridge e Philippe Pierlot; una nuova produzione dell’”Admeto re di Tessaglia” di Handel, in una produzione del Göttingen International Handel Festival, regia di Doris Dörrie e diretto da Nicholas McGegan; e “Actus Tragicus” della Staatsoper Stuttgart, sei cantate di Bach intessute in un tutto teatrale.
Sopravvive, accanto a quell’ispirazione dell’Illuminismo, quella dell’“homecoming Scotland” (Ritorno in Scozia), una sorta di viaggio analitico che rispolvera e sublima in linguaggio artistico l’esplorazione dei concetti di identità e patria e ritorno alla stessa. Ecco allora che compare “Il ritorno di Ulisse in patria” di Claudio Monteverdi come punta di diamante della sezione lirica (che a Edimburgo la fa da padrone), rigorosissima versione operistica che sarà animata dalla presenza di burattini e pupazzi, una novità non indifferente che Klp avrà la fortuna di vedere dal vivo.
È qui che il leit motiv incrocia la lirica alla danza, con il Royal Ballet of Flanders che presenta “The Return of Ulysses”, una sorta di variazione sul tema in toni più leggeri, più moderni (musiche, tra gli altri, di Purcell, Charles Trenet e Doris Day). A proposito di danza, a deliziare il pubblico in cerca del buon movimento in scena scenderà il coreografo catalano Cesc Gelabert e la sua compagnia, Gelabert-Azzopardi Companyia de Dansa, che presenta “Sense Fi” con musica di Pascal Comelade e “Conquassabit” con musica di Handel. La Scozia risponde con l’indigeno Michael Clark che, di ritorno al festival per la prima volta in 20 anni, confeziona una coreografia sulla santa trinità del rock degli ultimi anni ’70: David Bowie, Iggy Pop e Lou Reed. Immancabile lo Scottish Ballet (“Scenes de Ballet” di Ashton, “Workwithinwork” di Forsythe e “Petrushka” di Ian Spink, con la Scottish Chamber Orchestra).
C’è poi l’area dedicata alle arti visive, curata da Juliana Engberg: “The Enlightenments” vede commissioni nuove da nove dei più grandi artisti. I progetti includono “Presentation Sisters” di Tacita Dean, il film di Joshua Mosley, che presenta un incontro immaginario fra Jean-Jacques Rousseau e Blaise Pascal, e la commissione di Joseph Kosuth, che evoca la presenza e l’assenza del materiale e del concettuale nella stessa biblioteca in cui Darwin ebbe l’ispirazione a perseguire la sua teoria dell’evoluzione.
“I festival sono opportunità eccezionali per immergersi e sfuggire al quotidiano e questo è quanto più vero a Edimburgo – conclude Jonathan Mills – Sia che vi impegnate a seguire il tema di quest’anno, sia che scegliate rappresentazioni individuali per i loro meriti e misteri, spero che troverete qualcosa di inaspettato, che vi ispiri o magari anche vi trasformi”.
E per questo c’è anche l’attesissimo Fringe Festival. Come per l’Off di Avignone, anche Edimburgo, grazie al Fringe, si troverà le strade invase dal fiume in piena del circuito underground. C’è davvero di tutto, e non avrebbe senso mettersi a fare nomi, basta dire che tutto comincia alla mattina presto con gli spettacoli del ciclo “Shakespeare for Breakfast”, “Theatre for Breakfast” e “World is Too Much”, per finire con gli spettacoli notturni. Vengono coperti tutti i generi, dal classico alla nuova drammaturgia (due produzioni di “Crave” di Sarah Kane e “Oleanna” di David Mamet), dagli audiodrammi al circo, fino agli spettacoli itineranti per la città (come “Sogno di una notte di mezza estate” nell’orto botanico). I temi sono tra i più vari, dall’attualità alla riflessione culturale, dal grido pacifista ai monologhi interiori.
Grande spazio anche al teatro di figura, al musical (“Chomp – A zombie musical” di Fusion Theatre ha già fatto il tutto esaurito altrove), al teatro ragazzi e la piazza più grande offerta alla commedia, con diversi ospiti illustri, così come per la musica, dove si daranno il cambio David Byrne, The Streets, Calvin Harris e The Bluetones.
Una nota campanilista? Ce l’abbiamo: anche l’Italia sarà infatti presente al Fringe Festival 2009, grazie al progetto Espresso Italiano, realizzato dall’associazione ETRE (Esperienze Teatrali di Residenza). In scena quattro compagnie lombarde: Animanera con lo spettacolo “Orfunny”, Dionisi con “Serate Bastarde”, Sanpapié con “Boh” e ScarlattineTeatro con “Mano Libera”. In attesa del ritorno (e del riscontro) in patria, magari all’indomani di un confronto con la stampa estera: uno scambio con artisti da tutto il mondo per un progetto di “sprovincializzazione”.