Incontro Francesca Sarteanesi nel bar del suo albergo a Sansepolcro, poco fuori dalle mura del borgo. È una mattina di luglio, ed è bizzarro varcare quelle mura durante Kilowatt, un festival che ha nella prossimità dei luoghi di spettacolo una delle sue caratteristiche. A Sansepolcro si fa tutto a piedi ed è tutto a due passi.
Consapevole e divertito dai contesti diversissimi: mi è subito tornato in mente un altro incontro con Francesca in periferia, precisamente nella mia città, Roma, a Tor Bella Monaca, mentre stava realizzando un laboratorio con Gli Omini, la compagnia di cui è tra le fondatrici.
Negli ultimi tempi Francesca, oltre a proseguire il suo lavoro di attrice e autrice (in tournée con “Bella bestia” insieme a Luisa Bosi, di recente a La Spezia per il “match” con Lella Costa ispirato ad Arbasino e voluto da Gli Scarti, e ad Armunia per lo studio di “Sergio”) si è fatta notare per un progetto originale e sorprendente: la creazione di maglioni “vintage” con scritte realizzate a mano, dal nome “Almeno nevicasse”, maglioni che si possono vedere su Instagram e acquistare su Etsy. Ci siamo fatti raccontare questo progetto, che non sembrerebbe aver nulla a che fare col teatro ma invece, alla fine, ci ritorna.
Anche a Sansepolcro ti trovo “in periferia”, ma allora è un vizio!
Sì. Appena appena fuori. Due passi e sono nel centro. Due passi e sono fuori. È la mia postazione preferita. Quasi una filosofia di vita.
Perché hai deciso di realizzare maglioni con frasi ironiche ricamate a mano? Come è nato Almeno Nevicasse? Con chi collabori?
In realtà questo lavoro dei maglioni non è nato con una progettualità. Se Dio vuole è nato senza nessuna progettualità. Ho solo iniziato a ricamare delle maglie che avevo in casa. Era un periodo di grandi vuoti, buchi, estrema perplessità. Ho ricamato il primo maglione con la scritta “Almeno nevicasse” che era settembre: era solo un semplice “almeno succedesse qualsiasi cosa”. Un grido. Poi da lì ho seguito il getto di parole che erano legate allo stato d’animo che avevo in quel momento. Per me parole devastanti, per le persone parole divertenti. Il passo successivo invece è stato quello di lavorare sulle parole in maniera pensata e studiata. Un lavoro che da anni faccio in teatro, quando scrivo, quando ascolto. Con me, sempre con me, Rebecca Ihle, costumista creativa meravigliosa. Unica.
Dimmi quali sono le tue cinque frasi preferite!
Abbi fede – Salvo imprevisti – Non ho detto gioia – Pultroppo – Se ero in te.
Ad un certo punto questo progetto di abbigliamento, che sta avendo un grande successo sia per la visibilità che per il riscontro da parte degli acquirenti, incontra la tua pratica teatrale, fatta di ricerca e performance: mi racconti cosa è successo?
E’ stato un caso anche questo. Sono salita su un treno per Milano, per andare a raccontare il mio lavoro a studenti di moda. Mentre andavo ero perplessa, ma quando li ho incontrati qualcosa è successo. Alla fine della giornata mi sono resa conto di avere fatto quello che solitamente faccio nei laboratori di teatro. Cambiava l’esito finale, che non era una perfomance ma un maglione ricamato.
A Kilowatt stai realizzando uno dei tuoi workshop. Con chi stai lavorando? Raccontami una cosa divertente che ti è capitata!
Sto lavorando con una quindicina di donne di età mista. Alcune fanno parte dell’associazione “il Merletto nella città di Piero”, altre solo curiose che avevano voglia di fare questa esperienza. Tutti i giorni mi diverto con loro. Ci sono state signore che mi hanno detto: “A me non mi far parlare nello spettacolo!”, e che a oggi sono quelle che hanno più battute da dire. Un giorno una ragazza mi ha detto: “Mi dispiace ma io non credo di continuare… credevo di dover solo ricamare e di poter venire qui a non pensare a niente”. Siamo ancora lì ad aspettare che ci dica dove è questo posto. Poi, Simone, lo dico anche a te!
E la restituzione finale? Di cosa si tratterà?
Sarà un momento di spettacolo in cui ho cercato di mettere insieme le cose che abbiamo fatto, che non sono state poche. Hanno scritto. Mentre ricamavano parlavano, e io ho preso appunti delle loro conversazioni. Hanno discusso. Hanno ricamato una frase o una parola che è venuta fuori da tutto questo processo. Rispetto alle altre esperienze di laboratorio, in “Almeno nevicasse” ho scritto un copione con delle battute. Non sarà un’impresa facile. Perché vorrei che tutte le parti del laboratorio avessero lo stesso peso. Sono curiosa anche io.
Hai realizzato una linea di maglioni con frasi “Covid”: come stai attraversando questo momento? Progetti per il futuro?
Ho cercato di evitare l’argomento. Non perché sia sbagliato trattarlo, ma perché è un momento di grossi fraintendimenti. I fraintendimenti sulle parole sono tutto. Sono bellissimi. Sono la parte più interessante, per me. Ma in questo momento preferisco parlare d’altro. Ho altro da dire e da far fraintendere. Continueranno i laboratori, il prossimo sarà ad Armunia a novembre.