Danza Urbana 21. I paesaggi urbani di Bologna per un festival nell’era del Green Pass

147 abrazos (photo: Giancarlo Donatini)
147 abrazos (photo: Giancarlo Donatini)

1° settembre 2021: inizia la 25^ edizione di Danza Urbana, festival internazionale di danza nei paesaggi urbani di Bologna.
1° settembre 2021: viene esteso l’obbligo del Green Pass, fra le altre cose, ai trasporti ferroviari a lunga percorrenza.
Parto da Ancona, treno regionale, senza obbligo di Green Pass; a Rimini il treno si riempie, il controllore ci chiede di liberare da zaini, borse e quant’altro i posti vicini a quello in cui siamo seduti per permettere alle persone in piedi di sedersi; i posti si occupano tutti e continua ad esserci gente in piedi negli spazi di entrata.
Arrivo a Bologna. Vicino alla stazione si stanno preparando per una manifestazione no-vax prevista di lì a poco. Aleggia intorno a me un sottile senso di ansia, di inquietudine, di malessere.

Niente spazi diffusi quest’anno per il festival: regole, regole e ancora regole lo hanno costretto allo spazio DumBO, acronimo per Distretto Urbano Multifunzionale di Bologna: “40.000 metri quadrati dell’ex scalo merci Ravone, di proprietà di FS Sistemi Urbani, a disposizione della città”.
All’ingresso cancelli chiusi con accesso solo pedonale, parecchie persone ferme in attesa; tre ragazze dello staff armate di cellulare con applicazione per il controllo del Certificato Verde. Seconda tappa alla biglietteria, l’accesso è con prenotazione.

Esaurite le pratiche burocratiche arrivo allo Spazio Bianco che ospita “Echoes” di Cristina Kristal Rizzo, spettacolo vincitore del Premio Danza & Danza 2020 come miglior produzione italiana.
Entriamo scaglionati, posti assegnati inframezzati da una seduta vuota. Lo spazio è molto ampio e altrettanto bello: tre piani aperti a balconata su una navata centrale che è una strada che lo attraversa. Al centro un cavalletto con un cellulare acceso: la performance andrà in diretta sulla pagina Facebook dedicata; gli spettatori potranno godere quindi di una doppia visione, dal vivo e in streaming sul proprio cellulare.
Seppur affaticata dalle troppe visioni in streaming a cui siamo stati costretti, decido comunque di accedere per misurarmi con questa possibilità, capirne la portata, vagliare le emozioni che ne possono derivare.
La coreografia è una alternanza di soli e azioni collettive che abitano lo spazio in relazioni di vicinanza e lontananza dei corpi, e di vicinanza e lontananza dalla telecamera che riprende. Un gioco sulla visione in variazione tra dettaglio e insieme, che in realtà non aggiunge niente di nuovo alle sperimentazioni fatte su questo tema.
Le danze, pur nella specificità dei singoli danzatori, non colpiscono per singolarità o profondità della presenza, o per sensibilità negli incontri, relegando il tutto ad un esercizio, a una pratica che non riesce a travalicarsi. Purtroppo la durata della performance sopravanza la possibilità di vedere lo spettacolo successivo, quindi spengo il cellulare, mi alzo e me ne vado senza arrivare a vederne la conclusione.

Nuovo passaggio alla biglietteria per verificare la prenotazione. Ora siamo all’aperto, dei cartoni rettangolari depositati a terra nel rispetto delle norme sul distanziamento indicano le sedute.
Uno sparuto angolo verde fa da sfondo a “147 abrazos” della Compañia Sharon Fridman, un duetto intimo, estratto di “Dosis de Paraìso”, che racconta, in 147 abbracci appunto, una storia d’amore che a sua volta contiene le mille storie di una relazione. La ripetizione è la chiave del lavoro, una ripetizione abitata da piccoli cambiamenti, un libro a fotogrammi che ci porta dentro un racconto essenziale e poetico fatto di sguardi, sorrisi, increspature.
La prima cosa che viene in mente è il famosissimo pezzo di “Caffè Muller”, l’abbraccio tra Domenique Mercy e Malou Airaudo, in cui la ripetizione e il crescendo ritmico sono strumenti per rendere il dramma di una comunicabilità impossibile.
In “147 abrazos” gli stessi strumenti, con continue variazioni di velocità, climax e successivi rilassamenti, sono usati per raccontare invece le tante sfumature di un rapporto in cui ognuno degli spettatori si è potuto riconoscere per adesione spontanea. Fermi sul posto di questo abbraccio reiterato, Melania Olcina e Arthur Bernard Bazin sorridono, si rattristano, si arrabbiano, urlano con un’amplificazione ad effetto, diventano dolci o scostanti, e ogni variazione di umore è una variazione del peso delle parti del corpo che si scambiano e che li uniscono. Melania chiude gli occhi, Arthur sparisce lasciandola spaesata, felice dei ricordi che fanno bene e male nello stesso modo; un assolo punteggiato anche qui di tante sfumature rese con dettagli delicati, in cui l’interprete si affianca alla danzatrice dandole forza, convinzione, presenza. E Melania Olcina è entrambe le cose con una semplicità e adesione totale. Gli occhi si chiudono di nuovo, Arthur riappare e inizia la terza parte del pezzo, un passo a due che utilizza le forme più conosciute della contact in cui dipendenza e fiducia celebrano la possibilità di una unione che è anche separazione.

Torno il giorno successivo, stessa trafila per l’ingresso allo spazio. Fortunatamente i due pezzi in programma per la seconda giornata si svolgono entrambi nello stesso luogo. E sono entrambi vincitori del bando Danza Urbana XL 2021. Pubblico seduto a terra, distanziato, all’aperto. Il primo, “Shape of moving waves” di Enrico Paglialunga, è un dialogo tra musica e danza. Un quadrato delineato sul pavimento è lo spazio scenico il cui attraversamento determina le variazioni sonore. Semplicistico nel suo impianto coreografico, abbastanza scontato nelle soluzioni non apre a riflessioni altre, a paesaggi emotivi o a coinvolgimenti di senso.

Il secondo, “Study about repetition and efforts” di Ares d’Angelo e Martina Martinez Barjacoba, si dichiara nelle note “una pratica coreografica in forma di training psico-fisico per cercare di andare al di là dei limiti del quotidiano”. La questione del limite e del suo superamento è una questione cruciale per l’uomo, che ha generato e continua a generare pensiero e azioni. Avrebbe meritato un approfondimento maggiore di quello che d’Angelo e Martinez Barjacoba ci propongono nel loro pezzo, un po’ di verità in più nei corpi che, con onestà, si dovrebbero porre nel rischio che il toccare il limite richiede.

Non posso fermarmi per le altre giornate del festival, il tampone ha durata 48 ore; me ne vado con un senso di appesantimento e quasi sconfitta; immagini delle altre edizioni mi passano dietro gli occhi: piazze piene, spazi quotidiani restituiti a uno sguardo nuovo, danza incontrata per caso e fruita come dono della casualità, il presente con le sue problematiche che deflagrava nelle scelte coreografiche, il senso di euforia e libertà che si poteva respirare. Dov’è adesso tutto ciò? Che fine ha fatto quella spinta vitale che poteva nutrire di senso il fare e il guardare?
Nel silenzio assordante di risposte che non arrivano, nell’indifferenza delle istituzioni a tutela del bene immateriale della cultura, mi sento una barchetta che se ne va alla deriva.

Echoes
coreografia Cristina Kristal Rizzo
interpreti Annamaria Ajmone, Marta Bellu, Jari BOldrini, Sara Sguotti, Cristina Kristal Rizzo
musiche Frank Ocean
creative producer Silvia Albanese
produzione TIR Danza
coproduzione Festival Danza Estate
con il sostegno di PARC Performing Arts Research Centre, h(abita)t – Rete di Spazi per la Danza /QB Quanto Basta

 

 

147 abrazos
regia e coreografia Sharon Fridman
danzatori/interpreti Melania OLcina, Arthur Bernard Bazin
musiche originali Idan Shimoni, Ofer Smilansky
costumi Mizo by Inbal Ben Zaken
sound design Iñaki Ruiz Maeso
produzione e management Lola Ortiz de Lanzagorta (New Dance Management)

applausi del pubblico: 2’

 

 

Shape of moving waves
coreografia e performance Enrico Paglialunga
musica live originale Giacomo Mattogno
idea InCapsula
con il supporto di Mapping Dance Berlin/Tanza Euro, European Fund (ERDF), the State of Berlin, Uferstudios Berlin, Tanzfabrik Berlin, Movimento Danza Napoli, Nordpath Record Berlin
con il sostegno di Promozione Movimento Danza

applausi del pubblico: 30”

stars-2

 

 

Study about repetition and efforts
di e con Ares d’Angelo, Martina Martinez Barjacoba
costumi Martina Martinez Barjacoba
video e foto Massimiliano di Franca
produzioneA friend in the orchid room
in coproduzione con Cie Dame de Pic/Karine Ponties
con il sostegno di Cie Dame de Pic/Karine Ponties, Charleroi Danse, Pianofabriek, Centre Pompidou KANAL, workroom, Théatre Marni

applausi del pubblico: 20”

stars-2

 

 

Visti a Bologna, spazio DUMBO, l’1 e 2 settembre 2021

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