Dal 15 giugno i teatri possono riaprire. Ma le difficoltà della ripresa sono molte. Oggi ci spostiamo in provincia di Reggio Emilia, a Rubiera, dove opera da diversi anni uno dei progetti di eccellenza del nostro teatro che vive non nelle grandi città ma in provincia, La Corte Ospitale, per cercare di capire come si muoverà dopo la stasi forzata dovuta al Coronavirus.
La Corte Ospitale è un centro di produzione e residenza teatrale attento ai nuovi linguaggi. L’associazione ha sede all’interno di un complesso monumentale del XVI secolo adibito nel 2000 a polo culturale, a seguito di un attento restauro che, pur preservandone le caratteristiche architettoniche, lo ha dotato di attrezzature tecnologiche all’avanguardia.
All’interno della Corte Ospitale, un tempo luogo di cure e ristoro per i pellegrini in viaggio verso Roma, si trovano quattro sale prove, una foresteria di circa settanta posti letto e una cucina attrezzata. La Corte Ospitale si configura quindi quale luogo ideale per la produzione teatrale, grazie anche allo scambio e al dialogo che si crea tra gli artisti in residenza.
Gli artisti prodotti e distribuiti dalla Corte Ospitale sono Giuliana Musso, Danio Manfredini, Oscar De Summa, Paolo Rossi e Roberta Biagiarelli.
Grazie al sistema delle residenze La Corte Ospitale ha dato vita a Forever Young, un importante progetto a cadenza biennale di sostegno alle giovani istanze creative.
Dall’autunno del 2015 la direzione organizzativa del centro è affidata a Giulia Guerra. Ed è con lei che dialoghiamo per capire le nuove direzioni verso cui si muoverà questo spazio.
Come avete passato il periodo di riposo forzato?
Da un lato abbiamo tentato di puntellare La Corte Ospitale: abbiamo passato la quarantena ognuno a casa propria cercando insieme, tra di noi e con gli artisti con cui abbiamo un rapporto più stretto e produttivo, di ripensarci per il nostro futuro condiviso, salvaguardando il presente, ognuno con il ruolo che ha all’interno della struttura: chi organizzativo, compilando i consuntivi e immaginando strategie future, chi artistico, continuando a lavorare sui progetti in cantiere, per mettere in salvo gli imminenti debutti.
Abbiamo anche ragionato molto sul senso profondo e politico del nostro fare e agire: che cosa salviamo del teatro? Che cosa, del teatro, ci portiamo nel mondo che verrà? Da questa domanda profonda è nato un pensiero autentico: poniamo questa domanda alla comunità, e insieme ad essa, e ai cittadini/spettatori che la compongono, ripartiamo per ricostruire insieme il nostro domani.
Lo facciamo attraverso un progetto che è partito pochi giorni fa, e di cui andiamo molto fieri: si chiama “Rosa, coltiviamo bellezza”, ed è un ragionamento condiviso con i cittadini che partecipano, circa una quarantina, sul senso e il ruolo che può avere il teatro all’interno di una comunità.
Quali sono le nuove creazioni che state sostenendo?
Le creazioni 2020 sono quelle previste, che componevano il progetto produttivo depositato al Ministero anche prima dell’emergenza Covid: un nuovo lavoro di Danio Manfredini, un nuovo spettacolo di Giuliana Musso, una nuova regia di Leonardo Lidi in un progetto che co-produciamo insieme al Teatro Stabile dell’Umbria, e una co-produzione con la Compagnia Oyes, che rientra in un progetto biennale che andremo a completare nel 2021. Questi sono i progetti produttivi della Corte Ospitale che debutteranno entro l’autunno del 2020 nei diversi e prestigiosi contenitori estivi che ora sono divenuti autunnali.
E quali sosterrete nell’immediato futuro?
Se intendi la prossima annualità, il ragionamento è ancora aperto. Penso che sia necessario un po’ di tempo per dare modo agli artisti di captare il presente e per dare un tempo alle comunità e agli operatori di trovare nuove forme per lo spettacolo dal vivo. Nuove forme che mi auguro possano travalicare il tempo emergenziale e possano essere quelle giuste per il teatro che vorremo e che saremo.
Le residenze sono sempre state il vostro fiore all’occhiello. In questo senso ne avete già in mente delle nuove?
Prima di pensare al nuovo, occorre ancora un tempo di concentrazione sul presente: tutto quanto è andato perduto a causa del lockdown è da recuperare, e i tempi e i modi sono ancora in corso di verifica. Riaprire una struttura come La Corte Ospitale non è un’operazione banale e necessita di tutto l’impegno non solo dello staff del centro, ma anche del Consiglio direttivo della nostra associazione e dell’amministrazione comunale, che è nostra complice in questa operazione.
Molto di quanto ha caratterizzato La Corte Ospitale nella sua modalità residenziale probabilmente andrà perduto: la compresenza in Corte Ospitale di più compagnie al lavoro, ciascuno sul proprio progetto, e i momenti preziosi di confronto tra le compagnie, in questi mesi non ci saranno più. Il momento conviviale del pranzo e della cena sarà inevitabilmente contingentato, e non sarà un momento sereno come lo è stato fino a febbraio.
La capacità ricettiva della Corte Ospitale passa da 60/70 persone in contemporanea a un massimo di 15 presenze nel tempo del Covid. Sono tutti compromessi che accettiamo e che accettano le compagnie che ospiteremo, per riuscire a ripartire. Siamo consapevoli che perdiamo molto, ma per noi oggi è prioritario riuscire a non perdere tutto.
Prima del lockdown stavamo mettendo giù i primi semi del futuro: i ragionamenti sono ancora tutti aperti. La conferma del sostegno alle giovani esperienze, che veicoliamo in particolare attraverso i bandi, e che costituisce il cuore della nostra ricerca, rimarrà nel prossimo futuro perché forse le giovani generazioni devono potersi cimentare con le nuove forme e le nuove sfide a cui verremo chiamati.
Come vedete la situazione del teatro di ricerca in Italia?
Sicuramente il teatro di ricerca presenta, tra le varie difficoltà che hanno riguardato tutto il mondo della cultura e delle arti, la situazione più fragile e complicata. Se, in un tempo normale, il nostro linguaggio è comunque da proteggere, valorizzare, difendere in qualche modo, in un tempo più difficile per tutti il teatro di ricerca vede amplificarsi le sue difficoltà, che riguardano il quotidiano di ciascuno di noi.
Sicuramente però il teatro di ricerca può assumersi un grande ruolo, quello di essere l’antenna che capta il reale, che è immerso nella contemporaneità, per percepirla e renderne in qualche modo testimonianza.
Quali strategie proporreste per il suo rilancio dopo l’emergenza sanitaria?
Procedere mirando all’essenziale, rinunciando agli orpelli e assumendosi un ruolo concreto di testimone di questo tempo, farlo insieme, artisti, operatori e sistema politico e istituzionale è una grande sfida che possiamo vincere.
Quali sono i temi su cui il teatro dovrebbe oggi interrogarsi?
Credo che l’interrogativo più grande che riguarda tutti noi, artisti e operatori, è cercare e scoprire cosa rende il teatro necessario e cosa lo fa unico rispetto ad altre forme di arti. È questa la domanda principale che dobbiamo portare con noi nel mondo nuovo, una domanda che ci sia di guida per la progettualità futura.
Se il teatro si interroga sull’unicità dell’incontro, e la rende domanda guida per ogni azione in campo, ha vinto una grande scommessa sul futuro di tutti noi, per essere dentro le comunità e contribuire al consolidamento di un pensiero critico e consapevole per il quale il teatro può assumersi un ruolo prezioso e imprescindibile.
Forever Young ci sarà?
I ragionamenti intorno a Forever Young sono ancora aperti. Forever Young ci sarà e si svolgerà entro il 2020. Avverrà in modo diverso da come ce lo eravamo immaginato: anche in questo caso non sarà possibile la convocazione di tutte le compagnie in simultanea; stiamo ragionando su altri modi che possano tenere conto delle nuove normative relative all’apertura degli spazi al pubblico, nel rispetto anche del tempo necessario alla creazione per le compagnie finaliste, tempo che – durante i mesi di chiusura – ha inevitabilmente subito una battuta di arresto. Stiamo raccogliendo tutti i pezzi e cercando di comporre un puzzle che possa in qualche modo salvare le economie destinate al progetto, proteggere le creazioni, e cercare di dare comunque il valore dovuto a questo contenitore a cui teniamo moltissimo.
Quali saranno gli spettacoli finalisti?
Compagnia Il Crepuscolo con “La Gloria” di Fabrizio Sinisi, con Alessandro Bay Rossi, Alfonso De Vreese, Marina Occhionero, regia Mario Scandale.
Compagnia CARLeALTRI con “Canaglie” da un testo di Giulia Bartolini, con Grazia Capraro, Luca Carbone, Francesco Cotroneo, Giulia Trippetta, regia e drammaturgia Giulia Bartolini.
Coppelia Theatre con “BornGhost”, spettacolo multimediale per marionette ed attori, drammaturgia e performer Mariasole Brusa, puppet Jlenia Biffi, occhio esterno Eva Luna Betelli, Caterina Salvadori.
Compagnia Segreto/Pisano con “Notte all’italiana” di Fabio Pisano, con Ciro Masella, Marzia Gallo, Sebastiano Bronzato, Marco Rizzo, Elisa Proietti, regia Michele Segreto.
Compagnia DeiDemoni con “Charlie Sonata di Douglas Maxwell”, traduzione Francesca Montanino, Matteo Sintucci, con Giada Fasoli, Elisabetta Fischer, Alice Giroldini, Mauro Parrinello, Matteo Sintucci, Marco Taddei, e regia di Mauro Parrinello.