Quarant’anni fa, con la Legge Basaglia, i manicomi chiudono progressivamente le porte. Il più grande in Italia si trovava a Collegno, poco fuori Torino.
Dieci anni prima, da una pulsione politica e di ricerca non meno rivoluzionaria, nasceva poco lontano, nel quartiere popolare delle Vallette di Torino, Assemblea Teatro.
Nasceva in un quartiere ‘difficile’, di immigrazione dal Sud e casermoni pieni di operai, con una specifica dichiarazione: “L’assemblea degli abitanti del quartiere sarà il teatro del quartiere”.
Da questa affermazione il gruppo non derivava solo il nome, ma un’indicazione programmatica che sarebbe diventata la linea di ricerca degli anni successivi, evolvendosi di pari passo alle lotte politiche e al radicarsi in uno spazio per cooperare con le sue componenti, attraverso assemblee operaie e contadine, comitati di lotta, sezioni sindacali, comitati di quartiere ma anche interventi di strada, happening, laboratori, azioni no-stop di coinvolgimento su borgate e quartieri, lavori di animazione, spettacoli per ragazzi e adulti…
L’approvazione della Legge Basaglia e la nascita di Assemblea Teatro possono sembrare due momenti apparentemente diversi e lontani, con un decennio a dividerli, eppure trovano un luogo e un tempo di riflessione condiviso.
Il luogo si trova proprio a Collegno, ed è dove, il 4 maggio scorso, alla Fabbrica del Vapore, è giunto Simone Cristicchi all’interno di una delle cinque rassegne che Assemblea Teatro ha organizzato per festeggiare questo suo importante anniversario.
Il tempo, invece, è quello di un “atto di giustizia”, che emerge attraverso una serie di “lettere dal manicomio” scritte dagli internati della struttura psichiatrica di Volterra e intepretate dal cantautore insieme a Ariele Vincenti, Elisabetta Salvatori e Maurizio Mosetti, accompagnati dalla chitarra di Riccardo Corso.
In questa occasione abbiamo incontrato Renzo Sicco, presidente e direttore artistico di Assemblea Teatro.
Un piccolo bilancio rispetto alla vostra attività?
Oggi Assemblea Teatro ha 50 anni. In questi tempi e in questo Paese vuol dire aver vissuto mille trasformazioni e mille cambiamenti: dai democristiani ai 5 Stelle in politica, ma dal telefono a filo al pc e al cellulare e tutto il resto, oggi. Ci siamo riusciti grazie a un gruppo unito e motivato che è cambiato nel tempo senza smarrire le sue ragioni. Abbiamo 50 anni e siamo un gruppo giovane e vivo, e non il monumento retorico e tronfio di noi stessi. Continuiamo ad essere freschi, innovativi e internazionali.
Quali erano e sono, oggi, le vostre ragioni fondanti?
Un teatro che viva dentro e non sopra la società, che abbia il coraggio della memoria e del ricordo. Che sappia lottare nell’impegno a mutare in positivo le coscienze e il vivere civile. Che indaghi il linguaggio con la capacità di confrontarsi con altre arti e discipline.
Siete soddisfatti della serata di stasera?
Molto, perchè il pubblico è stato tanto e trasversale nell’età. C’era chi, come noi, ha vissuto i giorni e le lotte per l’abbattimento del muro e le conquiste di dignità, e molti giovani che ne hanno solo percepito l’eco, e che grazie al teatro hanno potuto confrontarsi con la durezza e la verità della storia. Poi per noi è importante confrontarci con artisti come Simone che condividono il nostro impegno con grande poeticità.
Proporre questo tipo di teatro qui, a Collegno, vuol dire in qualche modo fare i conti con un pezzo scomodo della nostra storia. Oggi molto teatro continua a trattare, a diverso titolo, il sociale… E’ qualcosa che sentite ancora parte della vostra poetica, anche per il futuro?
Certamente! Il prossimo spettacolo è “Sul mare”, una nostra nuova produzione che incrocia la letteratura di Paolo Taggi e il tema della diversità come emarginazione. Nel frattempo, a Torino, al Mausoleo della Bela Rosin, prosegue l’esposizione di oltre 500 copertine di vinili degli anni ’60/’80 curata da noi [nella foto, ndr]. Mentre il 24 maggio a Collegno portiamo i Mun, cover band dei Pink Floyd che può vantare di aver suonato a Londra con David Gilmour: sarà un’occasione per affrontare la “follia” creativa di Syd Barret e il tema dell’angoscia. La mente eccelsa di Syd Barrett ha segnato la follia e la psichedelia del primo periodo dei Pink Floyd, che verrà ripercorso nella presentazione del primo 33 giri del quartetto inglese “The Piper at the Gates of Dawn” (1967), mentre l’angoscia e l’alienazione verranno ripercorse nella seconda parte della serata dedicata all’integrale di “Animals” (1977)”.
Parallelamente, a Torino la Legge Basaglia verrà ricordata attraverso il teatro anche da un altro gruppo storico. Dal 22 maggio al 3 giugno, all’interno della stagione 17/18 dello Stabile, in occasione del duplice anniversario del 1968 e dell’approvazione della Legge Basaglia, Tangram Teatro debutta con lo spettacolo “Quello che l’acqua nasconde”, tratto dall’omonimo romanzo di Alessandro Perissinotto (in cui l’elemento del manicomio è centrale), che la regista Ivana Ferri ambienta nelle “due” Torino: quella di oggi e quella degli anni ’70. “Un omaggio alle vittime degli anni di piombo e a quegli adulti e a quei bambini che hanno subito le torture del lager [il manicomio, ndr] qui, a pochi metri dalle nostre case, in un tempo che era già il nostro tempo”.