Sgomberato nel 2020 con la promessa d’introdurre esperienze comunitarie e sociali nei suoi spazi, l’ex cinema Palazzo di Roma attende una riqualificazione che, di fatto, era già iniziata nel 2011 col lavoro del quartiere San Lorenzo
Negli anni Cinquanta a Roma era presente una fitta rete di sale cinematografiche. Con il passare del tempo alcune di quelle sale sono scomparse, o hanno perso la loro funzione originaria.
E’ stato questo a portare l’allora amministrazione capitolina, durante il mandato del Sindaco Francesco Rutelli, ad intervenire con una delibera (la n. 168 del 1995, chiamata Nuovo Cinema Paradiso) che stabilisce come, se un cinema viene chiuso e si intende riconvertirlo, almeno il 75% della superfice dovrà essere occupata da attività culturali.
In seguito, con l’amministrazione Veltroni, si assiste ad una modifica sostanziale: le ex sale cinematografiche hanno il permesso di cambiare destinazione d’uso a patto che il 50% sia adibito ad attività culturali.
Con il sindaco Ignazio Marino arriva un’ulteriore evoluzione. Introducendo la questione della rigenerazione urbana, l’amministrazione rimuove ogni percentuale, mettendo in campo la possibilità di presentare progetti di trasformazione urbanistica che consentono un connubio funzionale tra attività commerciali, attività culturali e abitazioni private.
Numerosi comitati cittadini, gruppi di abitanti e prestigiose figure della cultura e dello spettacolo scrivono all’allora Assessore alla Cultura Giovanna Marinelli e all’Assessore all’Urbanistica Giovanni Caudo, affinché ritirino la proposta della Giunta.
Ad oggi la norma in vigore è quella che consente il cambio di destinazione unicamente per il 50% della superficie.
L’edificio in cui ha sede il Cinema Palazzo si trova in piazza dei Sanniti 9, edificio che rientra all’interno della cosiddetta Città Storica, ossia l’insieme delle parti urbane che presentano un’identità storico-culturale definita da particolari qualità, anche in riferimento al senso e al significato assunti nella memoria delle comunità insediate.
L’occupazione dell’ex-cinema Palazzo è stata il risultato di oltre un anno di incontri e discussioni della rete dei residenti del quartiere circa il degrado sociale e culturale di San Lorenzo.
Nel corso delle riunioni emerge l’allarme sull’ex-cinema Palazzo, all’interno del quale, a partire da marzo dell’anno precedente, vengono iniziati dei lavori di ristrutturazione finalizzati all’apertura di un casinò, attività per altro illecita, alla luce delle normative di cui si è parlato sopra.
I cittadini decidono quindi di scendere in campo per impedire l’apertura del casinò nel cuore del quartiere, già oppresso da una forte speculazione commerciale e edilizia.
Per queste ragioni il 15 aprile 2011, cittadini, artisti, studenti e diverse realtà attive del quartiere intervengono occupando l’edificio, con l’idea di fare un gesto simbolico della durata di qualche giorno. L’occupazione in realtà durerà nove anni, supportata da esponenti del mondo dello spettacolo e da numerose istituzioni: è nato il Nuovo Cinema Palazzo.
La prima fase di progettazione condivisa dello spazio nell’aprile del 2011 è quella che, nell’urgenza di riabilitarlo alla funzione di cinema e arena, vede l’installazione di un proiettore, di un telo professionale da proiezione e di centinaia di sedute.
Grazie alla collaborazione con le maestranze del Teatro Valle (della cui esperienza di occupazione abbiamo parlato in “Squatting is theatrical!“), è possibile ripristinare il palcoscenico, già in quel momento pensato come modulare e dunque adattabile a differenti declinazioni dello spazio performativo.
Inizia anche un lavoro sull’attrezzatura tecnica e teatrale. Tramite laboratori vengono costruite le quinte teatrali. Si assiste quindi ad un progetto di “territorializzazione”, sia di quello che era l’ex-cinema, sia della piazza antistante che, da parcheggio, viene tramutata in un luogo di nuovi passaggi ed esperienze multiple, piantando alberi e piante, mettendo lo spiazzo a disposizione degli abitanti e della collettività.
Il lavoro di gestione e progettazione all’interno dello spazio si svolge sempre in maniera volontaria e il denaro raccolto grazie alle iniziative viene reinvestito per il miglioramento della struttura, per l’acquisto di attrezzatura tecnica e scenica, per l’affitto di materiali per gli eventi stessi e per il rimborso spese di artisti e invitati.
Ogni iniziativa (eccezion fatta per alcune specifiche, che comunque si mantengono al di sotto dello standard di mercato) si basa sul meccanismo della sottoscrizione libera all’ingresso, la cui media si assesta sui tre euro per i primi quattro anni e sui cinque per i successivi.
Nell’arco della sua attività, gli eventi all’interno del Nuovo Cinema Palazzo sono circa 1500. In media, ogni iniziativa richiede il lavoro di dieci persone, tra l’allestimento, le pulizie, i turni durante lo svolgimento dell’evento, i tecnici audio e luci e l’attività di comunicazione.
Molto intensa, oltre all’attività cinematografica, quella relativa a teatro e danza contemporanea. Il Nuovo Cinema Palazzo si propone infatti come spazio di creazione e produzione, coniugando un’intensa programmazione alla formazione e alle residenze artistiche. Anche l’accesso ai laboratori viene garantito con un minimo contributo, poiché artisti ed operatori mettono a disposizione il proprio sapere come sostegno agli ideali dello spazio. Valori traducibili in una formazione accessibile, come processo qualificante, dinamico e collettivo, un momento di socialità essenziale, al fine di trasformare il quartiere.
Vengono poi promossi cicli di seminari tematici organizzati con realtà e istituzioni culturali nazionali ed internazionali, con il duplice intento di essere presenti attivamente sul dibattito politico (sui temi beni comuni e diritto alla città) e di interrogarsi sulle nuove forme di sapere, scavalcando i canonici confini disciplinari.
Proposta di importante rilievo è “Il Palazzo dei Bambini”, iniziativa che nasce dal desiderio di soddisfare il bisogno di socialità sia dei più piccoli, sia dei genitori, costruendo un’offerta culturale per le famiglie. A tal fine nasce un gruppo di incontro per arrivare ad una progettazione partecipata.
In oltre nove anni di riappropriazione, gli spazi del Cinema Palazzo si trasformano progressivamente per riconvertire un luogo che nel tempo aveva perso la propria funzione culturale. Diventa così un luogo polifunzionale dedicato all’arte, alla cultura e alla partecipazione, il tutto totalmente auto-prodotto.
Ma il 25 novembre 2020 anche il Nuovo Cinema Palazzo viene sgomberato. In attesa di “soluzioni a uso sociale e comunitario” promesse dalle istituzione che tardano ad arrivare.
Riconoscere l’importanza di questi luoghi di cultura indipendenti è necessario, in quanto essi rappresentano una realtà presente e radicata, capace di costruire un’effettiva alternativa all’immaginario statico della cultura istituzionalizzata.
Una delle motivazioni della loro diffusione e dell’importanza che rivestono nel panorama culturale nazionale è proprio legata alla carenza strutturale di spazi, avvertita come problema primario per i gruppi impegnati non solo nel teatro sperimentale e nella drammaturgia contemporanea. La concreta mancanza di spazi, soprattutto in teatro, musica, danza, dove potersi esibire o provare spettacoli, ha fatto nascere questi gemellaggi con gli spazi autogestiti, creando una sorta di luoghi ibridi, che si sviluppano a partire dal concetto di centro sociale classico degli anni Novanta, ma evolvendosi in una nuova formula che supera la concezione di teatro tradizionale.
La diffusione poi degli spettacoli nei diversi luoghi in grado di ospitarli ha creato una rete informale, capace di costruire una vera e propria alternativa assumendo una certa importanza mediatica.
Molti anche gli altri casi sul piano nazionale, che testimoniano la stessa volontà di realizzare nuove forme culturali sia per linguaggi, che per dinamiche, che per logiche produttive.
Spesso queste occupazioni si sono mosse da rivendicazioni riguardanti le scelte politiche che amministrano la cultura, rivendicazioni che rimangono quanto mai attuali, anche dopo più di dieci anni da quelle esperienze.
Mentre i lavoratori dello spettacolo, molti dei quali senza garanzie lavorative, si riuniscono in assemblee, in collettivi e lanciano appelli unendosi ai sindacati, non sarebbe necessario interrogarsi su nuove possibili strade da intraprendere, guardando agli esempi costruiti nel nostro recente passato?