Il progetto, nato nel 2010 come attività della Fondazione di Venezia con la collaborazione scientifica di Maurizio Schmidt della Scuola Paolo Grassi di Milano, quest’anno ha visto la coproduzione della Fondazione Giorgio Cini e dell’Accademia Teatrale Veneta.
Insignito del Premio Ubu nel 2012, Pedagogia della Scena è un corso di alta formazione affidato al Maestro Anatolij Vasiliev, regista e pedagogo, ultimo depositario degli insegnamenti del metodo che deriva da Stanislavskij e Nemirovich, e si pone come obiettivo ambizioso quello della qualificazione di una nuova generazione di formatori teatrali.
Nella prima parte dell’incontro è stato illustrato il lavoro svolto in questi anni, gli impegni e le auspicabili prospettive per il futuro affinché questo progetto possa trasformarsi in un vero e proprio centro di formazione permanente perché, come ha ricordato Vasiliev: «Non si può imparare a fare teatro sui libri o sui pc, non è qualcosa che nasce solamente dall’intelletto, è un lavoro da artigiano che ha bisogno di essere trasmesso di mano in mano».
Parole chiare, semplici ma decisamente efficaci quelle del Maestro, che ha sottolineato come esistano solo due tipi di pedagogia: una pedagogia semplice e una difficile. Se la prima non ha bisogno di impegno ed investimenti, la seconda non può prescindere da una costante profusione di energie personali da parte del pedagogo, ma anche di forti investimenti da parte delle istituzioni. In assenza di veri formatori ci saranno generazioni di giovani senza una formazione, non in grado quindi di poter far crescere e progredire la società cui appartengono perché privi degli strumenti necessari per farlo.
Il pubblico ha avuto l’opportunità di poter assistere in fieri allo svolgimento di una lezione con gli allievi; non una dimostrazione del lavoro svolto, ma più semplicemente una visione dell’applicazione delle metodiche di insegnamento utilizzate.
Tra queste quella che è apparsa più evidente è la ricerca del principio di unità, di armonia, di un’assoluta sintonia tra tutti coloro che partecipano al lavoro; un principio con cui Stanislavskij aveva rivoluzionato il teatro del suo tempo, sublimando lo sforzo di ognuno in una fusione collettiva, restituendo così allo spettatore non solo un testo ma una visione della vita.
Figura centrale di questo tipo di lavoro, quella intorno alla quale da più di 45 anni Vasiliev sta lavorando, è l’educatore. Il pedagogo che insegna la conoscenza di sé e del mondo, declinando quella che è, in tutto e per tutto, una missione non nell’insegnamento di una conoscenza disciplinare, accademica, ma occupandosi della trasmissione dei saperi, sviluppando in ognuno degli allievi la comprensione dei propri orizzonti, dei propri gusti, della propria vita.
Un metodo che anche in questa occasione ha raccolto l’entusiasmo e la completa adesione da parte dei partecipanti al progetto.