Rossini Opera Festival 150. Alla riscoperta di opere meno celebri

Ricciardo e Zoraide. In primo piano Nicola Ulivieri (photo: ROF)|Adina (photo: ROF)
Ricciardo e Zoraide. In primo piano Nicola Ulivieri (photo: ROF)|Adina (photo: ROF)

Quest’anno il ROF, Rossini Opera Festival, ha celebrato a Pesaro il 150°anniversario della morte del grande compositore. Tre le opere in programma “Il Barbiere di Siviglia”, “Ricciardo e Zoraide” e “Adina”.
Nel nostro resoconto ci concentreremo sulle ultime due, le meno celebri.

Iniziamo da “Ricciardo e Zoraide”, dramma in due atti composto su libretto di Francesco Berio di Salsa, che aveva già scritto per Rossini quello dell’“Otello”, e che è in parte tratto dal poema “Ricciardetto” (1783) di Niccolò Forteguerri.
L’opera fu rappresentata per la prima volta al Teatro San Carlo il 3 dicembre1818.

Al centro della vicenda narrata vi è la storia dell’amore tra il crociato cristiano Ricciardo e Zoraide, figlia del principe asiatico Ircano, contesa però dal re africano Agorante, a sua volta già sposato con la vendicativa Zomira.
Ricciardo, accompagnando Ernesto, suo commilitone e ambasciatore del campo cristiano, raggiunge Duncala, capitale della Nubia, per pretendere la restituzione dei prigionieri crociati. Agorante acconsente a liberare i soldati, ma decide di trattenere come prigioniera Zoraide.
Ricciardo, usando uno stratagemma, riesce ad ottenere da Agorante un colloquio con Zoraide, ma il colloquio amoroso tra i due viene spiato da Zomira che lo riferisce ad Agorante.
A complicare le cose giunge il padre di Zoraide, Ircano, irato con la figlia a causa del suo amore per Ricciardo.
Tra duelli e tradimenti, i due amanti e Ircano vengono condannati a morte.
Fortunatamente irrompono Ernesto e i crociati, che liberano i prigionieri e sconfiggono Agorante. Ricciardo perdona Agorante e Zomira, e così fa Ircano con Zoraide, benedicendo l’unione tra i due.

Come si vede una trama complicata che approfondisce poco i personaggi, a cui si aggiunge un finale accomodante quanto improvviso. E’ soprattutto per questa ragione che l’opera fu presto dimenticata e che, grazie al festival pesarese, è stata ripresa in tempi moderni già due volte.
Eppure la musica di Rossini non è affatto convenzionale, a partire dalla variegata sinfonia, eseguita con la banda in scena.

Tutta l’opera naviga con sapienza tra commedia e tragedia, con esiti spesso piacevolissimi che emozionano. Pochissime le arie solistiche, “sacrificate” per i pezzi d’insieme.
Ricordiamo, tra le pagine più belle, nel primo atto il trascinante terzetto “Sarà l’alma delusa schernita” tra Agorante, Zomira e Zoraide, l’aria di Ricciardo “Qual sarà mai la gioia”, eseguita in modo pregnante da Juan Diego Florez, tutto il finale del primo atto e, nel secondo, il bellissimo quartetto “Contro cento e cento prodi”.

Dobbiamo dire che la regia di Marshall Pynkoski, di cui si sente la provenienza come ballerino e coreografo, non ci ha entusiasmato: ogni elemento scenico viene posto senza una vera e propria identità all’interno di una scenografia di tele dipinte che si alza per mostrare una banale serie di archi con balaustra, sotto un classico cielo azzurro che alla fine si trapunta di stelle.
I costumi di foggia diversa non caratterizzano, a nostro avviso, nessun contesto, con i cantanti che si posizionano, parecchie volte, in modo non naturale. Le uniche invenzioni sono lasciate alle numerose (ma spesso inutili) coreografie di Jeannette Lajeunesse Zingg, che invadono la scena.

Di contrappasso, eccellente il cast canoro, dal meraviglioso, nel canto e negli accenti, Juan Diego Flórez nel ruolo del titolo, ma non di meno positiva la prestazione di Pretty Yende come Zoraide (meraviglioso il suo “Per poco ti calma”) e VictoriaYarovaya come Zomira.
Sergey Romanovsky è un po’ sottotono nella parte, pur elettrizzante, di Agorante, che conduce però con eccellente intenzione e physique du rôle; molto bene l’altro tenore, Xabier Anduaga, nella parte del fido compagno di Ricciardo, Ernesto, e Nicola Ulivieri come Ircano.

Ci è piaciuta la direzione di Giacomo Sagripanti, che accompagna con tono appropriato le diversificate atmosfere dell’opera, dirigendo con giusto piglio l’Orchestra sinfonica della Rai; ancora una volta apprezzato il coro del Teatro Ventidio Basso, diretto da Giovanni Farina (bravissimo il coro femminile fuori scena in “Il tuo pianto, i tuoi sospiri”).

Adina (photo: ROF)
Adina (photo: ROF)

La seconda opera a cui abbiamo assistito al festival è la farsa “Adina, ovvero il Califfo di Bagdad”, scritta su libretto di Gherardo Bevilacqua Aldobrandini, a sua volta riduzione de “Il califfo e la schiava” di Felice Romani, musicata in seguito da Francesco Basily.
L’opera fu commissionata a Rossini nel 1818, nientemeno che dall’ispettore dei teatri portoghesi per il Teatro Nacional de São Carlos di Lisbona. La genesi dell’opera presenta molti punti oscuri, tra cui il motivo per cui essa andò in scena a Lisbona il 22 giugno 1826, ben otto anni dopo la commissione.

L’opera fa parte delle classiche turcherie che andavano molto di moda a quei tempi (si pensi alla sua omologa, sorella, “L’italiana in Algeri”, capolavoro assoluto del genio pesarese).
Adina è ambientata a Bagdad, e ovviamente nel serraglio di un Califo che vorrebbe sposare la schiava Adina, che gli ricorda i tratti di una donna amata in gioventù. Ma Adina è innamorata del giovane Selimo, che credeva morto. I due spasimanti cercano di sfuggire e, alla fine, dopo varie vicissitudini, attraverso la classica agnizione, propria della farsa, il Califfo scopre che Adina è sua figlia e che, quindi, può acconsentire con gioia alle nozze con Selimo.

Dei nove numeri che compongono l’opera, solo quattro sono di composizione originale, gli altri provengono dal “Sigismondo” e da brani scritti da un collaboratore di Rossini. In effetti è un’opera in gran parte molto convenzionale, anche se di divertente ascolto, che, nella sua brevità, ha alcuni momenti che ci hanno colpito molto, a partire dal quartetto che accompagna la scoperta della fuga dei due amanti.

La regia di Rosetta Cucchi ci è sembrata briosa e divertente, con qualche eccesso di troppo, ma in definitiva rispettosa della musica e con espedienti che cercano di approfondire i caratteri dei personaggi.
Il palco è dominato da una gigantesca torta nuziale, vera e propria scenografia totale, al cui interno si rivelano i vari ambienti, dall’appartamento del Califo alla camera di Adina alla prigione, caratterizzati da arredi in stile coloniale: le scene sono di Tiziano Santi e gli sgargianti costumi di Claudia Pernigotti.
Geniale e registicamente dinamica l’idea dei due sposi di zucchero, messi in cima alla torta, che si muovono seguendo gli avvenimenti amorosi, fino allo scioglimento finale di Selimo, Califo e Adina.
Di buon livello la compagnia di canto: da Lisette Oropesa, un’Adina vispa e gradevole sotto tutti gli aspetti, a Vito Priante, Califo beffardamente dispotico; un poco insicura la prestazione del giovane Levy Segkapane nei panni di Selimo, che possiede però un buon timbro di sicuro effetto.
Ottime di contro le parti di fianco, tra cui spicca Matteo Macchioni nei panni dell’eunuco Alì, a cui Rossini affida una sola divertente aria “Pur troppo la donna”.
Diego Matheuz, alla guida dell’Orchestra Sinfonica Rossini, asseconda la spumeggiante musica di Rossini, coadiuvato dal coro del Teatro della Fortuna M. Agostini, diretto da Mirca Rosciani.

Ricciardo e Zoraide
Dramma serio per musica in due atti di Francesco Berio di Salsa
Edizione critica della Fondazione Rossini, in collaborazione con Casa Ricordi, a cura di Federico Agostinelli e Gabriele Gravagna
Direttore GIACOMO SAGRIPANTI
Regia MARSHALL PYNKOSKI
Coreografie JEANNETTE LAJEUNESSE ZINGG
Scene GERARD GAUCI
Costumi MICHAEL GIANFRANCESCO
Luci MICHELLE RAMSAY
Interpreti:
Agorante SERGEY ROMANOVSKY
Zoraide PRETTY YENDE
Ricciardo JUAN DIEGO FLÓREZ
Ircano NICOLA ULIVIERI
Zomira VICTORIA YAROVAYA
Ernesto XABIER ANDUAGA
Fatima SOFIA MCHEDLISHVILI
Elmira MARTINIANA ANTONIE
Zamorre RUZIL GATIN
CORO DEL TEATRO VENTIDIO BASSO
Maestro del Coro GIOVANNI FARINA
ORCHESTRA SINFONICA NAZIONALE DELLA RAI
Nuova produzione

durata: 3h 15′

Adina
Farsa in un atto di Gherardo Bevilacqua Aldobrandini
Edizione critica della Fondazione Rossini, in collaborazione con Casa Ricordi, a cura di Fabrizio Della Seta
Direttore DIEGO MATHEUZ
Regia ROSETTA CUCCHI
Scene TIZIANO SANTI
Costumi CLAUDIA PERNIGOTTI
Luci DANIELE NALDI
Interpreti:
Califo VITO PRIANTE
Adina LISETTE OROPESA
Selimo LEVY SEKGAPANE
Alì MATTEO MACCHIONI
Mustafà DAVIDE GIANGREGORIO
CORO DEL TEATRO DELLA FORTUNA M. AGOSTINI
Maestro del Coro MIRCA ROSCIANI
ORCHESTRA SINFONICA G. ROSSINI
Nuova coproduzione con Wexford Festival Opera

durata: 1h 20′

0 replies on “Rossini Opera Festival 150. Alla riscoperta di opere meno celebri”
Leave a comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *