
Parliamo di “IAI, azioni in scena” cominciando dalla fine, da dove il lavoro sembra afferrare una certa compiutezza. Partiamo da una ferita, aperta da dietro una tela di carta monocroma bianca, con la quale Alessandro Martinello “chiude” il suo viaggio tra i mo(n)di di Mishima Yukio, autore trai i più prolifici della storia giapponese moderna.
Un taglio netto, simbolico, ampio e profondo quanto quello del samurai durante il seppuku, equivalente al termine più conosciuto di harakiri. Un “concetto spaziale” – data la verticalità della traiettoria – che rimanda inevitabilmente ai tagli di Fontana. Uno strappo nell’aria, forte nel suo essere improvviso e in qualche modo definitivo, ma allo stesso tempo fragile per l’assenza di peso e per la materia che separa e forse libera.
Martinello è partito nel suo percorso dalle “Lezioni spirituali per giovani samurai”, in particolare dall'”Introduzione alla filosofia dell’azione”. Scrive Mishima: “L’azione non è esprimibile a parole, inizia in un istante e finisce in un lampo”. Usando il taglio come mezzo espressivo strutturante, Martinello circoscrive l’indicibile in una fenditura i cui margini si incarnano in vita, amore, gioventù, bellezza e morte. L’arte dell’estrazione della spada apre una traiettoria: movimento-azione-pensiero; un rapporto: interno e esterno, presenza fisica e spazio, corpo e mente. Definendo allo stesso tempo un centro intimo, impenetrabile, che non si disperde perché protetto da barriere, e che trova la dignità dell’esistenza nel nascondimento del sé. Il celare con la maschera dell’esteriorità.
Il linguaggio utilizzato in tutta la performance è quello del corpo, del video e del suono, che si definiscono a vicenda. Il movimento del corpo, temperato da una ferrea disciplina – quella che potrebbe appartenere all’arte del kendo e del karate – trova la sua estensione e sublimazione nell’immagine video, che ne diviene doppio, triplo… e va ad influenzare il suono che, a sua volta, rende l’immagine “sensibile” in un gioco di ricre-azioni.
C’è molto, nella perfomance del giovane Martinello, di coloro che sono i genitori putativi del suo percorso artistico: Michele Sambin e Pierangela Allegro, fondatori assieme a Laurent Dupont del Tam Teatromusica, compagnia di teatro di ricerca di Padova. Un’attività, quella del Tam, storica e complessa, se da una parte si considera il percorso trentennale e dall’altra una progettualità in continua espansione espressiva, orientata a reinventare più che descrivere e definire la realtà, attraverso gesti semplici e essenziali, un linguaggio sperimentale – in particolare visivo e sonoro – e una messinscena astratta e intermediale.
Ecco perché in tutta la performance non si fa letteratura, non c’è un racconto e non si racconta Mishima: l’ostentato classicismo, l’attivismo politico, il percorso artistico. Ma vi è la sintesi (forse troppa) dei suoi quattro fiumi: prosa, teatro, corpo e azione. Ed eccoci dunque al punto di partenza. Purtoppo un po’ debole e dilatata, vuoi anche per quel piccolo “server” portatile in scena, utilizzato dal performer per gestire le immagini, che sospende e allenta la tensione, divenendo troppo presente, ingombrante. Suggestioni, contraddizioni, bellezza, annichilimento. Non a caso rappresentate dall’immagine a specchio tra il giovane corpo del performer e quello di Mishima raffigurato come il San Sebastiano di Guido Reni (tra l’altro icona dello storico spettacolo-manifesto del Tam). Tutto si lascia vedere, udire, ma manca il sentire, il provare. E l’idea di una forte e importante contraddizione tra martirio e estasi, il mondo delle idee e quello della materia, tra oriente e occidente, rimane in qualche modo sospesa, in continua oscillazione tra l’esserci e il non esserci.
IAI
di e con: Alessandro Martinello
creazioni e elaborazioni sonore: Luca Scapello
costumi: Claudia Fabris
produzione: Tam Teatromusica
durata: 30′
applausi del pubblico: 1′ 20”
Visto a Padova, Teatro delle Maddalene, il 18 marzo 2011