Sarebbe dovuta andare in scena stasera, in quel piccolo gioiellino che è il Teatrino Civico di Chivasso, in provincia di Torino.
Ma qualcuno ha pensato che avrebbe potuto ledere la pubblica morale.
Così l’anteprima di “A ferro e fuoco. Spettacolo in la minore” è saltata, per buona pace del sindaco Bruno Matola, che ha infatti deciso di negare l’utilizzo del teatro per una rappresentazione che, testualmente, “si ritiene contenga espressioni che possano essere ritenute offensive della dignità e della morale pubblica e pertanto potenzialmente lesive dei sentimenti e degli interessi pubblici collettivi che questa Amministrazione è tenuta a tutelare”.
Ma di cosa parla questo spettacolo così temuto e che avrebbe potuto indignare i sentimenti collettivi?
“E’ uno spaccato dell’Italia dal ’68 al ’75 basato sulla storia di Margherita Cagol, tra le fondatrici delle Brigate Rosse” spiega il regista Simone Capula della compagnia Teatro a Canone.
Lo spettacolo, frutto di un anno di lavoro a tempo pieno, ha preso spunto dal libro “Nome di Battaglia Mara. Vita e morte di Margherita Cagol il primo capo delle Br”, curato da Stefania Podda e uscito per Sperling & Kupfer nel 2007.
Margherita Cagol nasce a Trento da una famiglia borghese nel 1945, e durante gli anni dell’università si lega a Renato Curcio, conosciuto durante il movimento studentesco. La “compagna Mara” sarà in prima linea nelle azioni delle Br, morendo in una sparatoria con i carabinieri nel ’75 sulle colline di Casale Monferrato, a una cinquantina di chilometri proprio da Chivasso, durante il sequestro dell’industriale Valerio Vallarino Gancia.
“Abbiamo rimontato la storia di Margherita Cagol unendo due poesie di Alda Merini e la canzone di Fabrizio De Andrè ‘Laudate hominem’, e ne è uscito un lavoro quasi coreografico; il tutto per narrare la storia di una giovane come tante che ha fatto una ben determinata scelta. Abbiamo già presentato in passato lavori analoghi, ad esempio su Gobetti, e non abbiamo mai dato giudizi di valore, e così è anche per ‘A ferro e fuoco’. Peccato che nessuno, e tanto meno il sindaco, si sia interessato a leggere il testo o a seguire le prove per sapere davvero di cosa parlasse lo spettacolo”. Così, solo dopo aver letto il titolo e a meno di una settimana dal debutto, alla compagnia è arrivata la lettera in cui si negava lo spazio prima concordato.
“La cosa che più ci appare assurda – prosegue Capula – è che lo spettacolo non ha avuto finanziamenti dal Comune né il patrocinio”. L’amministrazione comunale, insomma, non era promotrice o, in qualche modo, “garante” dell’iniziativa. “Noi avevamo solo affittato il teatro, che è anche l’unico spazio che esiste a Chivasso in cui poter allestire uno spettacolo. E visto che questo era nato qui, ci sarebbe piaciuto portare in città l’anteprima per poi magari girare l’Italia”.
Ma nulla di fatto. Certi nomi, a quanto pare, riaprono temi scottanti che il nostro Paese (o parte di esso) preferisce seppellire. Quasi come se qualcuno, in fondo, sentisse il peso della nascita della lotta armata. Quasi come se ricordare potesse dar adito a nuovi impulsi. Quasi come se la storia (tanto più se raccontata attraverso l’arte) non avesse mai nulla da insegnare.
Un tema caldo, in questo periodo, proprio mentre si discute sulla richiesta di estradizione da parte dell’Italia di Cesare Battisti, che in Brasile spera di ottenere lo status di rifugiato politico.
Ma quella di Chivasso è ancora un’altra storia: fatta di timori, provincia e di arte in semi-clandestinità. Tanto che è lo stesso Capula ad ammettere che “avremmo preferito la notizia rimanesse qua nei dintorni, mentre sta avendo questa eco, che quasi ci imbarazza”.
Nel 1998 veniva abrogato l’articolo 11 della legge n. 161 del 21 aprile 1962 sulla “Revisione dei film e dei lavori teatrali”, rimuovendo la censura dalle opere teatrali. Eppure pare proprio che la censura preventiva riesca a trovare sempre nuove strade…