Bandierine al vento. La famiglia in crisi di Evoè!Teatro

Bandierine al vento (photo: Sergio Gentilini)
Bandierine al vento (photo: Sergio Gentilini)

Li avevamo conosciuti qualche anno fa in terra veneziana (era il 2013) nel loro quasi esordio, con un testo inedito del drammaturgo argentino Rafael Spregelburd.
Un debutto che era stato felice quello di Evoè!Teatro, accompagnato in sala dallo stesso autore, che dopo aver collaborato con Ronconi, aveva lasciato alla compagnia, fresca di formazione, il via libera alla messa in scena di “Tutto“.

In questi anni Evoè!Teatro ha ridotto la squadra, ma ampliato le direzioni spettacolari, cercando di sfruttare al massimo la formazioni dei tre attori: Emanuele Cerra, Marta Marchi e Clara Setti.
Sono nati alcuni spettacoli votati al sociale (non violenza, prostituzione), alla Grande Guerra, e c’è stato un ritorno anche all’uso della maschera in “Anfitrione Mon Amour” (del resto gli attori si sono formati all’Accademia Teatrale Veneta di Venezia), spettacolo vincitore, lo scorso anno, del bando Off/SanbàPolis indetto dal Centro S. Chiara di Trento.
Un ventaglio insomma abbastanza ampio, voluto e necessario per vivere di questo mestiere.
Noi, invece, li abbiamo incontrati nuovamente nella loro Rovereto, dove hanno pianta stabile, per il debutto in “Bandierine al vento”, testo inedito di Philipp Löhle, drammaturgo tedesco.

In Italia Philipp Löhle è ancora abbastanza sconosciuto. Ne abbiamo sentito parlare per la prima volta lo scorso anno, quando Giorgio Barberio Corsetti mise in scena il suo “Gospodin“, interpretato da Claudio Santamaria.
La Germania, invece, lo ama già da tempo il suo “enfant prodige”, fin da quando, ancora studente, ha dimostrato di essere una fucina esplosiva di scritti che trovano nel ramo economico una linfa vitale e creativa.
In effetti Philipp Löhle – classe 1978 – mica si risparmia: studioso di storia, teoria del teatro, comunicazione e letteratura tedesca, è autore, giornalista, regista, ma anche drammaturgo in residenza al Gorki Theater di Berlino, al Nationaltheater di Mannheim, al Staatstheater di Mainz, attività che gli hanno portato qualche bel premio e onorevole menzione.
Il suo stile viene definito ironico e pungente; i suoi personaggi strampalati, comici e poetici, miserabili ma idealisti. Insomma di Philipp Löhle si sentirà ancora parlare.

Ma veniamo a “Bandierine al vento“, ovvero “Der Wind macht das Fähnchen”.
Il titolo è evocativo di una certa labilità strutturale, emotiva, affettiva; di un noi, soggetto e oggetto di cambi rotta improvvisi, a volte disgraziati; di contraddizioni di cui ci nutriamo, e per questo anche di un noi docile e neutrale, secondo una buona o vile strategia di sopravvivenza.
S’alza il vento e bisogna tentare di vivere, ancora . È un imperativo: andare avanti, esistere.

La vicenda ricorda per molti versi “Tokyo Sonata” di Kiyoshi Kurosawa, premiato a Cannes nel 2008. Come il film, “Bandierine al vento“ mostra come dal piccolo parta la disgregazione del tutto, dove piccolo è l’uomo, e il tutto è quella comunità ristretta che ancora si chiama famiglia.
In discussione è fin da subito l’autorità patriarcale, subito dopo quella genitoriale, e non ultima la sfera relazionale. Il vento che scuote le bandierine – qui padre, madre, figlio e figlia – è il vento della Crisi, quella grande, che colpisce da Occidente a Oriente, e che poi si mescola alle molteplici crisi che accompagnano l’uomo lungo il processo evolutivo. La strategia messa in atto, invece, è quella della negazione, del fare finta che… ma quanto può durare? Poco, si sa.

Il regista, Toni Cafiero, sceglie l’immagine di una famiglia di un tempo, anni ’70, un po’ fantozziana e sempre fuori moda, nell’abituale routine in cui la moglie prepara il pranzo, lui va a lavorare, i figli piccoletti crescono tra giochi e litigi, le vacanze si passano al mare, poi si ritorna e tutto riprende daccapo.

La scena è un accumolo di strani detriti, le pareti sono fragili paraventi più che muri di mattone. Il tavolo conviviale è giusto giusto e traballante, e la luce di taglio (non facilmente gestibile dagli attori) illumina solo alcune parti del tutto.

Ma come si deformano quelle belle fotografie di un tempo, se il padre, in un piccolo atto di ribellione, perde il lavoro? Ecco che nel dramma, dove si susseguono debolezza, divorzio, depressione e disperazione, Löhle inserisce la commedia e ne succedono di tutti i colori.
La regia li esaspera attraverso piccoli sketch intermezzati da canzoncine pop, qualche balletto un po’ kitsch – che dilatano fin troppo la vicenda – e una recitazione narrata più che vissuta.
L’insieme appare confuso e confusionario, datato e a tratti anche la drammaturgia sembra cadere un po’ nel banale (il testo è stato tradotto da Nadja Grasselli).

Gli attori comunque se la cavano bene, reggono fino alla fine quel troppo di tutto: bravo Silvio Barbiero nel ruolo del padre, un po’ crucco, un po’ bamboccione; una buona energia la dosa Michele Serra nel ruolo del figlio incompreso che passa l’infanzia in cantina a scrivere poesie, facendo dubitare i genitore della sua virilità, e poi diventa un adulto in divisa sopraffatto dal delirio di onnipotenza. Marta Marchi invece è la figlia, con una vocina da eterna bambina frega tutti, stato compreso: finge di studiare, e invece fa la sarta e non paga le tasse; e infine la madre, Clara Setti, che lascia il marito, si fa l’amante, finisce in un bordello, e poi si ritrova punto e a capo disperata tra le braccia marito.

La famiglia di Cafiero, strampalata e per certi versi assurda, sembra non fare mai il salto nell’adesso, in quello che siamo oggi, tra noi che la crisi la stiamo vivendo appieno, e quindi il riso amaro, quello che dovrebbe acchiappare lo stomaco, non riesce a raggiungerci.

Bandierine al vento
di Philipp Löhle
traduzioen Nadja Grasselli
regia Toni Cafiero
con Clara Setti, Silvio Barbiero, Marta Marchi, Emanuele Cerra
scenografia e costumi Snadra Dekanic
disegno luci e tecnica Luca Brun
coreografie Maura Di Vetri
organizzazione Michela Boldrer

durata: 1′ 15”

Visto a Rovereto, Auditorium Fausto Melotti, il 18 febbraio 2016

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