Compagnia Atacama e Balletto Civile chiudono a Velletri Paesaggi del corpo

Timeless Passion di Fabula Saltica (ph: Alberto Brizioli)
Timeless Passion di Fabula Saltica (ph: Alberto Brizioli)

Tra i protagonisti anche Fabula Saltica, Roberta De Rosa, Uscite di Emergenza e molte altre compagnie di danza

Nato dalla mente di Patrizia Cavola, Paesaggi del corpo è stato pensato per portare la danza contemporanea fuori dagli abituali circuiti dello spettacolo dal vivo e mostrarla a tutti. “Ho scelto Velletri, dove sono nata, perché ho un legame forte con questa città e mi piaceva l’idea di tornarci portando qualcosa che mi rappresenta profondamente: la danza contemporanea” spiega la direttrice artistica del festival, che si è concluso da poco.

La Casa delle Culture di Velletri, che ha ospitato parte delle performance, è un bel palazzo seicentesco ampio e accogliente, con un bellissimo giardino che affaccia sulla valle, un ampio chiostro e un auditorium che è un piccolo gioiello. Ogni spazio è sfruttato per le performance, che non nascono site specific ma sembrano corrispondere perfettamente con questi luoghi.

Siamo nella parte esterna dell’ex convento, che ospita un piccolo colonnato in cui prende vita “Timeless Passion” di Fabula Saltica.
Un uomo e una donna entrano in scena e prendono posto su due sedie regali, sono seminudi e non sembrano essersi mai incontrati prima. Si scrutano e lentamente, come due calamite, si attraggono. Una danza fluida, i corpi a contatto e poi distanti, in un gioco di respingimenti e attrazioni continue fino a respirare uno sulla bocca dell’altro. I coreografi prendono spunto dall’immagine del “Bacio” di Auguste Rodin, che ritrae una coppia di amanti nell’istante che precede il bacio. Completamente nudi siedono su una roccia, la cui consistenza contrasta con la levigatura luminosa dei corpi. L’elemento materico, la roccia, viene qui sostituito dal cemento del pavimento, su cui si distendono, contorcono, abbracciano i corpi candidi dei danzatori, in un floorwork illuminato dalla luce calda del tramonto.
Sentiamo un vociare, poi un ticchettare di orologio, una melodia romantica a scandire l’attesa, il desiderio che precede il bacio.

Il secondo spettacolo della giornata si svolge in una grande stanza affrescata con gli spettatori seduti in cerchio a delimitare lo spazio scenico. In scena Noemi Piva e Sara Chinetti, una intenta a gonfiare un materassino king size e l’altra che si aggira per la sala portandosi dietro un cumulo di oggetti, tra cui alcune lenzuola e uno sgabello smontato, frammenti emotivi della quotidianità.
Dal primo incontro gli sguardi si scrutano, i corpi si avvicinano e si scelgono, iniziando un coinvolgente passo a due fatto di leggerezza e profonda intesa, in cui le parole diventano suoni, i suoni gesti, i gesti una danza all’unisono. Tra il recitare in alfabeto farfallino e il procedere simultaneo, il rituale del cambio delle lenzuola scandisce le fasi del rapporto: dal suo apice fino al suo logoramento, quando una conflittualità dalle sfumature ironiche sfocia in una sottile violenza.
“Vedere te” ricorda quanto sono complessi i rapporti a due, che siano di coppia, amicizia o fratellanza, perché si trasfigurano e si complicano assumendo forme che non si riconoscono più.
Si ride, ci si commuove e ci si affeziona ai personaggi, tanto che la fine è segnata da un velo di nostalgia.

L’ultimo spettacolo è all’interno dell’auditorium, lo spazio più tradizionale dei tre, con un palco rialzato e la platea frontale. Ad apparire, sola sul boccascena, la coreografa e danzatrice Roberta De Rosa in “Le persone dentro”, tratto dal libro “Una stanza piena di gente” di Daniel Keyes e Billy Milligan, che racconta la biografia di un criminale dalle personalità multiple. La danzatrice rappresenta l’evoluzione della personalità del protagonista: da essere umano, fatto di corpo e pensiero, a bestia. Con grande presenza scenica e doti tecniche di qualità, Roberta De Rosa interpreta questo mutamento spogliandosi, pezzo dopo pezzo, di ogni elemento di umanità. Dagli abiti fino alla posizione eretta che si trasforma in quadrupedica. L’atmosfera cupa, definita dalle luci e dal sonoro, arricchisce di senso una scena completamente vuota, che tuttavia è saturata dalle molteplici forme che la danzatrice riesce ad incarnare.

Tra le proposte internazionali di questa edizione del festival, c’è stato il progetto “Las Muchisimas” della spagnola Cia. Mariantònia Oliver, cha ha svolto un laboratorio con alcune signore over 60 del territorio. Il risultato è stato un gesto semplice, diretto, che fa emergere le differenti bellezze dei corpi e sottolinea il potere della danza a tutti i livelli.

Stimolante anche “Parallel Spaces” dei francesi Cie Art Mouv’: tre corpi in movimento parallelo, in uno dei quattro porticati del Chiostro, che ci vengono incontro, ci guardano dritto negli occhi a definire le nostre differenze, le nostre vite incanalate, la frenesia della città metropolitana, ma anche il bisogno di affetto che ognuno di noi ha.

Di stile e poetiche davvero eterogenee sono state tutte le performance viste negli ultimi giorni di festival: l’assurdo solo sul prato “Four/Now Loading” di Manolo Perazzi, l’originale duo (a tratti circense) “Trafitto da un raggio di sole” di Create Danza, con scene che ricordavano il gioco del Mikado e il movimento del carillon; il passo a due “Jules” di Compagnia Naturalis Labor, la danza parlata e la musica danzata di “Spoken dance/figure coreografiche” di Vidavè/Movimento Danza, oltre a “Who’s next? Ask yourself!” di Kinesis CDC e il bel lavoro corale sul mito di “Scylla” di Uscite di Emergenza.

Anime di Atacama (ph: Simona Albani)
Anime di Atacama (ph: Simona Albani)

Ultima giornata di festival il 2 luglio, ancora nell’ex Convento del Carmine, per una serata speciale, confermata dal tutto esaurito, cominciata con la prima nazionale di “Anime”, il nuovo lavoro della Compagnia Atacama ideato, coreografato e diretto da Patriza Cavola e Ivan Truol.

Dodici corpi, quelli dei cinque interpreti della compagnia insieme a quelli non professionisti di ATP Atacama Training Program dialogano con gli spazi del convento. Inizialmente sono spalmati, schiacciati sulle mura del Chiostro, sono quadri che si muovono, insetti che strisciano, singoli punti neri e coppie che si misurano con la verticalità, l’equilibrio, la fatica. In questa prima parte anche l’occhio dello spettatore ha il suo ruolo, perché può scegliere di guardare da lontano, avvicinarsi, vedere un corpo, oppure due, o tre.
Nella seconda parte dello spettacolo ci trasferiamo nel giardino, che ha due scenografiche file di colonne dentro alle quali si svolge l’azione. I corpi disegnano una danza collettiva, ritmata, sinuosa, di un’eleganza antica, che descrive benissimo quell’“esserci” al quale si fa riferimento nel programma di sala.
Per il terzo “atto” si torna nel Chiostro, attraverso un cammino lento, fatto da movimenti ripetuti, incessanti, durante i quali i danzatori invadono lo spazio, prima di lasciarsi andare ad azioni collettive fatte di salti nel vuoto, crolli e protezioni, lanci e prese di fiducia. Ed è proprio in queste scene collettive la forza trascinante della performance.

Gente (fuori tempo) di Balletto Civile (ph: Simona Albani)
Gente (fuori tempo) di Balletto Civile (ph: Simona Albani)

E’ bello che a questo spettacolo ne sia collegato, subito dopo, un altro di stile diversissimo ma di uguale intensità.
“Gente (fuori-tempo)” di Balletto Civile è un altro lavoro itinerante durante il quale i performer, ma forse sarebbe più adatto chiamarli “personaggi”, interagiscono con il pubblico, lo invitano a sedersi o a muoversi, a guardare o riposarsi, entrando nel loro flusso caotico scandito dalle note del sassofono di Dimitri Grechi Espinoza, che guida queste mille storie negli spazi del convento, dalle scale al giardino, dove un forte odore di lavanda fa anche da contorno olfattivo alla performance.
Nello spettacolo possiamo rimanere incantati dalla voce di Michela Lucenti, che intona “Cosa sono le nuvole” (testo di Pier Paolo Pasolini, musica di Domenico Modugno), oppure venir travolti da questa “gente” che si rincorre non trovando pace. Infine emozionarci nella danza finale, quando i protagonisti, con una coperta dorata (che ricorda molto quelle termiche con cui vengono accolti i migranti), invitano il pubblico ad un ballo lento.
Un trionfo anche per Balletto Civile in una serata pressoché perfetta che ha chiuso l’edizione 2023 di Paesaggi del Corpo.

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