
Un impianto teatrale classico, regia pittorica e quadri eleganti. Avventure d’amore, scherzi salaci, raccontati con la scanzonata giocosità dei fabliaux medievali. Storie meste: i capricci della fortuna se la giocano con l’ingegno dell’uomo che, con ironia e fantasia, riesce a domare i rovesci della vita. Le donne sono il fulcro dell’azione.
È un progetto di ampio respiro il “Decameron” che Elisabetta Vergani e Maurizio Schmidt di Farneto Teatro hanno allestito nella quattrocentesca cornice di Villa Scheibler a Quarto Oggiaro. Un modo per rivitalizzare la claudicante periferia milanese. Ma il senso del bello permea ogni aspetto di questo pellegrinaggio a stazioni: i volti degli attori, messi in rilievo da luci sfumate; costumi lineari o pomposi dal taglio antico; gli scenari suggestivi della villa, che dialogano con la narrazione. Le trasparenze dell’eros si contrappongono ai colori cupi della peste.
Quattro spettacoli itineranti, ripetuti ciascuno tre sere, per tre gruppi diversi di spettatori. Oltre trenta artisti tra attori e musici in scena, più tecnici, operatori, figuranti: 47 persone in tutto. Dodici palcoscenici allestiti dentro e intorno alla villa, ad animare sale, cortili e giardino. Menestrelli, saltimbanchi, affabulatori. Assi bianchi di legno, a creare giganteschi numeri romani che contrassegnano giornate e novelle. Proiezioni d’immagini, illustrazioni, antiche miniature sbiadite dal fascino delicato. Brani dell’opera in carattere semigotico, catapultate dal manoscritto in cartapecora alle pareti esterne dell’edificio che fu dimora di caccia di Ludovico il Moro. Melodie dal vivo, tromba, sax, oboe, flauto, fisarmonica, tastiera, xilofono, violino, chitarra.

Il “Decameron” di Farneto preserva l’ideale iter letterario voluto da Boccaccio dalla riprensione aspra e amara dei vizi allo splendido e architettato elogio della magnanimità e della cortesia. Un affresco di varia umanità antico di quasi sette secoli, che conserva una singolare freschezza.
Dalla peste del Trecento alla recessione economica dei nostri giorni. Da Fiesole a Milano.
Questo kolossal itinerante si articola in quattro tappe: Fortuna, Amore, Ingegno e Virtù. Superando il mondo fiabesco e patetico dei modelli cortesi, si libera di ogni lirismo compiaciuto e restituisce la boccaccesca concezione del mondo variegata e pieghevole. È un autunno del Medioevo sempre meno teologico, sempre più antropocentrico.
Il discorso indiretto, la narrazione impersonale o in terza persona, diventa monologo a una due o più voci. Schmidt e Vergani rinverdiscono accenti, lingue, abitudini di una civiltà grandiosa. Trasferiscono ai nostri giorni un’avventurosa e ricca epopea mercantile.
Smargiasso e malandrino, Marco Sgrosso dà il la alla kermesse nei panni dello scrittore di Certaldo, sopraveste rossa, corona d’alloro, abbandonato serafico sulla poltrona. Parte un inno alla gioia che non è il dantesco infinito canto a Dio, ma attrazione naturale tra esseri umani, con annessi derivati pruriginosi.
Più malizia che virtù. Più carnalità che sentimento in questo lieto intervallo nella nostra quotidianità. La peste può attendere. Ci si rivolge all’arte per trovare la vita. Il potere della fantasia e dell’amore si contrappone alla morte e all’odio.
I testi rimaneggiati preservano la linearità dell’originale. Coniugano termini arcaici e citazioni canore, da Fabrizio De André a Caterina Caselli. La prosa è garbata.
Fascinosa la prima giornata. Riuscitissima la terza: storie rapide e scene incisive. Qualche disomogeneità affiora nel dosaggio dei registri nella seconda e nella quarta giornata, con note frivole che annacquano e un poco banalizzano il tono elegiaco di alcune storie, come “Lisabetta da Messina” o a “Federico degli Alberighi”. Affiorano sporadici momenti di stanchezza, correlati anche alla diversa efficacia delle novelle narrate. Ma sono dettagli che non scalfiscono l’impianto globale di un’opera monumentale coraggiosa e corale.
I passaggi tra fantasia e reale sono ben risolti. Complice la bella e istintiva performance degli attori – su tutti Gigio Alberti, Elisabetta Vergani, Marco Sgrosso ed Elena Bucci – questo “Decameron” è uno spettacolo godibile e raffinato. Decisamente più apprezzabile della concomitante manierata versione cinematografica dei fratelli Taviani.
DECAMERON
di Giovanni Boccaccio
un progetto di Elisabetta Vergani e Maurizio Schmidt
organizzazione generale: Davide Pansera
con: Elena Bucci, Giorgia Coco, Claudio De Maglio, Michele Di Giacomo, Ludovico Fededegni, Antonio Gargiulo, Emilia Scarpati Fanetti, Marta Lunetta, Luca Mammoli, Gaetano Mongelli, Davide Palla, Silvia Paoli, Zoe Pernici, Marco Sgrosso, Irene Timpanaro, Petra Valentini, Silvia Valsesia, Elisabetta Vergani
musicisti: Cristiano Arcelli, Giulia Bertasi, Sara Calvanelli, Tiziano Cannas, Archimede De Martini, Carlo De Martini, Andrea Dulbecco, Filippo Fanò, Chiara Granata, Jeanne Hadley, Leonardo Ramadori
spazio scenico: Marco Muzzolon
luci: Giulia Rota, Giovanni D’Apolito
macchinisti: Federico Fè D’Ostiani, Pierantonio Bragagnolo, Jacopo Di Filippo
elettricisti: Alessandro Palumbi, Roberto Crose
costumi e attrezzeria: Francesca Rossi,
video: Claudio Coloberti
grafica: Marco Donati
segreteria organizzativa: Silvia Bovio
assistente all’organizzazione: Camilla Viaro
ufficio stampa: Maddalena Peluso
assistenza regia: Gabriele Albanese
aiuto regia: Maria Vittoria Bellingeri
direzione musicale: Cristiano Arcelli
regia: Maurizio Schmidt
sponsor: Fondazione Fiera Milano
con il patrocinio di: Comune di Milano
un evento di Expoincittà
in collaborazione con Fondazione Milano | Civica Scuola di Teatro Paolo Grassi
Visto a Milano, Giardino di Villa Scheibler, tra il 12 e il 20 luglio 2015