Endgame: Paolo Poli

Paolo Poli in "Aquiloni"
Paolo Poli in "Aquiloni"

Di Paolo Poli, di questo affabulatore istrionico che ieri ci ha lasciato, attore spesso ‘en travesti’ che in ogni spettacolo cambiava decine di costumi, attorniato a volte dai suoi boys, amavo visceralmente perfino i suoi bis, che a volte duravano quasi quanto lo spettacolo, tanto veniva acclamato dal pubblico.

Sempre ironico, garbato, sempre così in disparte. Da quando lo vedevo, da piccolino, in televisione, vestito da scolaretto vessato da Sandra Mondaini, o protagonista dello sceneggiato “I tre moschettieri” con la sorella Lucia, Milena Vukotic e Marco Messeri con le scenografie di Lele Luzzati.

Ma la memoria va soprattutto e ovviamente al suo teatro, dove attraverso una potente e raffinata ironia, mai volgare, sbeffeggiava i miti volgari, quelli sì, di un’Italietta perbenista, clerico fascista, sempre in auge.
Poli parlava del passato riverberandolo al presente, in un miscuglio di popolare e sublime che, in compagnia di Ida Ombroni, gli faceva visitare da Carolina Invernizio a Savinio, dalla Vispa Teresa a Queneau e all’Alfieri.
Autori, in parte considerati minori, che egli riusciva sempre a sublimare, immergendoli in un’aura di squisito divertimento.

Indimenticabili alcuni spettacoli come “Rita da Cascia”, che ebbe anche noie con la censura, e poi quella sua interpretazione della madre del dramma popolare “La nemica” di Dario Niccodemi, che vede tornare dalla guerra il figlio che non avrebbe mai voluto rivedere, con lo spettacolo che a tratti si interrompeva perchè gli attori che lo attorniavano non riuscivano a non ridere.

Una vita senza mai lasciare il palco: a ottant’anni, nel 2009, eccolo nei “Sillabari”, commedia tratta dai racconti di Goffredo Parise, mentre l’anno successivo lo avremmo visto protagonista de “Il mare”, lavoro ispirato ai racconti scritti da Anna Maria Ortese. Il suo ultimo spettacolo prima del ritiro fu “Aquiloni”, stimolato dalle poesie di Pascoli.
Ma non vogliamo neppure dimenticare l’audiolibro de “Le avventure di Pinocchio“, pervaso dalla sua inconfondibile voce, uscito nel 2011 a centotrent’anni dalla prima pubblicazione a puntate (nel 1881) delle avventure del celebre burattino.

La sua ultima, forse più applaudita, apparizione fu poco meno di tre mesi fa: il 7 gennaio, a Firenze, in occasione dell’inaugurazione, dopo il restauro, del Teatro Niccolini, che fu a lungo una delle sue “case” prima d’esser chiuso per vent’anni.

Lo incontrai una decina di anni fa, al Teatro Sociale di Como. Lo rincorsi trepidante mentre stava scendendo le scale verso la strada. In mano avevo un suo vecchio disco tutto dedicato a Palazzeschi.
“Maestro, me lo firma per favore?”
“Toh’, non mi ricordavo nemmeno che esistesse questa roba!”
“Sa che ho fatto la mia tesi su Carolina Invernizio?”
“Davvero? Pensi che ho dato tutti i suoi libri a Umberto Eco, e non me li ha ancora ridati, quel grullo!”.

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