Il Labirinto di Teatro dell’Argine, l’adolescenza urla il suo disagio

Photo: Davide Sacca
Photo: Davide Sacca

Un visore, delle manopole, alcune spiegazioni tecniche necessarie per poter vivere l’esperienza nel miglior modo possibile. Non serve altro per iniziare ad esplorare il “Labirinto”, le sue storie e le molte direzioni, alcune senza via d’uscita, altre capaci di mostrare ancora brandelli di speranza e possibilità.

Il “Labirinto” è uno spettacolo post-teatrale in realtà virtuale ed arriva come ultimo momento – per durata ma soprattutto per la capacità di coinvolgere e scandagliare temi di stringente attualità attraverso la riflessione e la narrazione teatrale – dell’articolato e complesso progetto “Politico Poetico” del Teatro dell’Argine, parte di “Così sarà! La città che vogliamo”, realizzato da Emilia Romagna Teatro Fondazione, promosso da Comune di Bologna, cofinanziato dall’Unione Europea – Fondo Sociale Europeo nell’ambito del Programma Operativo Città Metropolitane 2014-2020.

Il “Labirinto”, allestito negli ampi spazi dell’Istituto Aldini Valeriani di Bologna dal 18 al 27 giugno, guarda apertamente al mito di Teseo e del Minotauro: 14 giovani, 7 ragazze e 7 ragazzi, sono i protagonisti con cui lo spettatore andrà via via a “confrontarsi”, conoscendone le storie e compartecipando al loro – talvolta tragico – destino, così come 14 erano i fanciulli che la città di Atene doveva inviare a Creta per placare la fame del mostro che viveva nel labirinto, il terribile Minotauro.

Un progetto innovativo nel linguaggio e nelle modalità di fruizione: grazie al visore, uno speciale dispositivo proietta chi lo indossa in uno scenario del tutto realistico; lo spettatore intraprende quindi una visione privata ed esclusiva del percorso, libero di scegliere come muoversi e come procedere. Ma la tecnologia, indispensabile alla fruizione, non condiziona o scalfisce la forza della narrazione proposta.

Porte da aprire, ascensori da prendere, scale da salire, corridoi da attraversare: sarà la strada giusta? Ogni scelta permetterà di entrare in contatto con le parole forti e dirette di giovani fragili, feriti, isolati nel loro dramma, protagonisti di una quotidianità ai margini, spesso poco raccontata ma viva e presente nelle città che abitiamo.
Vivere il Labirinto significa procedere e arrestarsi, per ascoltare, guardarsi attorno e camminare in ogni direzione, esplorare luoghi differenti, interagire in maniera diversa con cose e persone. Tutto avviene in uno spazio di pochi metri, perché nella realtà non si andrà oltre il perimetro della stanza di 7 metri per 7 dell’istituto Aldini Valeriani, mai si uscirà da questo spazio circoscritto; nella realtà virtuale ci si muoverà invece in un dedalo di corridoi, non senza confrontarsi (anche) con le proprie paure: ad esempio del vuoto, o dell’altezza…

14 stanze per 14 storie di adolescenza ai margini ma che urla il suo disagio: prostituzione minorile, abuso di alcol, autolesionismo, violenza in famiglia e sui minori, bullismo, depressione, il fenomeno delle baby gang o dell’hikikomori, il destino dei minori migranti non accompagnati.
Tanti tasselli per raccontare un ventaglio di problematicità, acuite durante il periodo del lockdown. Esperienze visive e sonore mostrano il lato più fragile e critico del rapporto giovani/città, verità da condividere perché le storie narrate derivano dalle decine di interviste realizzate con chi si occupa di ragazzi e ragazze in stato di disagio o pericolo. Brandelli di realtà dolente all’interno delle nostre città, restituiti da adolescenti che ne danno voce, anche attraverso forme comunicative a loro molto congeniali.

I giovani raccontano questo disagio, caricando di ulteriore forza il messaggio veicolato, diventando essi stessi protagonisti di un cambiamento possibile che parte prima di tutto dall’ascolto e dalla condivisione. Emblematico il quadro finale dell’articolato Labirinto: in piazza Maggiore i protagonisti delle 14 storie si ritrovano, per provare a intraprendere nuove strade possibili nella città, una agorà da condividere e dove lo spettatore è chiamato a osservare passi e direzioni.
Osservare quindi, attraverso il visore o semplicemente grazie al racconto drammaturgico, diventa il primo passo per far uscire dal silenzio queste storie di adolescenza che fatica o non riesce a realizzarsi nei percorsi costruiti dalla scuola, nella famiglia, nella socializzazione fra amici, e ricerca nuove vie per superare lo smarrimento e venir fuori dal Labirinto, riscrivendo nuovi rapporti tra le giovani generazioni e lo spazio che abitano, le città.

La forza del progetto “Politico Poetico”, percorso artistico di cittadinanza attiva, sta nel fatto di aver coinvolto attivamente, e per lungo tempo, gli adolescenti di Bologna e dintorni per dar vita ad un nuovo patto fra teatro e città. I giovani hanno partecipato a tavoli di lavoro sull’Agenda 2030 e frequentato, tra ottobre 2019 e giugno 2021, i laboratori di cittadinanza nelle scuole.
La pandemia non ha bloccato questo flusso di parole, gesti e riflessioni, e dopo alcuni mesi di riorganizzazione, la didattica a distanza è diventata quotidianità anche per il progetto “Politico Poetico”. Tra primavera ed estate 2021 il momento per condividere con la città l’articolato percorso di riflessioni attraverso dei momenti pubblici, gli “Speakers Corners”, allestiti il 16 e 17 maggio fra il teatro Arena del Sole e piazza Maggiore, luogo simbolo del Labirinto che accoglie istanze e possibili momenti di rinascita dei protagonisti.

Il Labirinto
produzione del Teatro dell’Argine, ultima tappa del progetto Politico Poetico
uno spettacolo post-teatrale in realtà virtuale
ideato e scritto da Giacomo Armaroli, Nicola Bonazzi, Mattia De Luca, Giulia Franzaresi, Andrea Paolucci
diretto da Andrea Paolucci
realizzazione dell’esperienza virtuale a cura di TouchLabs e Gravital
sound design e musiche originali di Matteo Balasso
con gli attori e le attrici del Teatro dell’Argine

durata: 55’

Visto a Bologna, Istituto Aldini Valeriani, il 26 giugno 2021

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