La Dolce Vita di Virgilio Sieni, che cade e risorge

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La Dolce Vita di Sieni|Photo: Romaeuropa
La Dolce Vita di Sieni
La Dolce Vita di Sieni

Un angelo esile e androgino, dal volto dipinto e dalle ali bianche, le cui piume si perdono nel percorso che dal fondale va verso il proscenio: è un’annunciazione claudicante, sommessa, quella con cui parte il viaggio in cinque atti della “Dolce Vita” di Virgilio Sieni presentato al Romaeuropa Festival.

Un’archeologia della Passione che, riferendosi ai racconti evangelici, fa tesoro della disciplina, dell’equilibrio. E in cui il Cristo di turno, che si muove in t-shirt, in una ribalta spoglia, quasi nell’indifferenza al luogo che ospita la “recita”, non è mai solo, ma cerca, in un rito smantellato d’ornamenti, un sostegno.
Ogni atto è cadenzato da un titolo introduttivo (Annuncio, Crocifissione, Deposizione, Sepoltura, Resurrezione), esibito a lettere cubitali dai performer, e da un intermezzo in cui i tempi tecnici di passaggio da una dimensione all’altra fungono da veri interruttori pulsionali. Non la ricerca di una “storia” da ripetere, ma quasi l’esibizione dell’umiltà di uno studio con un inizio e una fine, episodi che prevedono un titolo, uno sviluppo, un epilogo, un ribadito lungo soffermarsi verso gli occhi dei convenuti: una archeologia, alla lettera. Tra un atto e l’altro la verità della scena: le azioni di servizio (gli uni che aiutano gli altri a indossare il cappello, lo svestirsi-rivestirsi, l’asciugar il sudore dal linoleum…).

Palese messa in scena del dispositivo e sacro trasfigurato per incursioni eretiche: Geppetto d’altronde era un falegname come San giuseppe, e il Cristo modellato da Dio qui appare a tratti un ulteriore burattino. Forte è il legame tra carne e legno, fino all’interscambiabilità immaginata di una materia con l’altra, fino al dubbio di non sapere chi – tra Pinocchio e il Salvatore – volesse maggiormente sottrarsi al proprio destino.

Dopo una crocifissione pensata come punizione e umiliazione pubblica, nella delicata blasfemia della personificazione in scena d’un Cristo da pala duecentesca con la faccia da clown-mimo e un cappellone conico in testa (geometria sacra che ricorda Collodi, ma anche Teatro Valdoca, o Bargeld e Tehardo), sintomatico che il climax dello spettacolo arrivi a metà, nell’atto della deposizione. Ostinata, moltiplicata, ripetuta deposizione, declinata in figure e forme plastiche cangianti, forti di un serbatoio iconografico millenario, fino a La Ricotta pasoliniana. Continue cadute dalla posa. Ancora in equilibrio precario e fragile. Assi, bastoni e sostegni effimeri (il legno della croce passata o quello della bara a venire?). E i danzatori, qui alla ricerca della maggiore sospensione possibile, interrotti (o salvati) sempre prima della caduta definitiva.
Giocando sull’ambiguità semantica del “deporre”, si può forse pensare qui ad una confessione, a quanto tanta danza contemporanea cerchi e desideri un continuo movimento di deposizione?

Photo: Romaeuropa
Photo: Romaeuropa

In scena la figura che, per presenza, si avvicina più al pensiero e all’idea del Creatore è quella di Daniele Roccato: è il suo contrabbasso a far da parola di Dio, guida ritmica, modellatore di ambienti sonori e sound designer della scena, gestendo il tenore e la gravità degli eventi trasfigurati.

Partecipi di una bellezza concepita, più che nel movimento, nell’esaurirsi intimo e rigoroso del movimento stesso, tra accensioni/ascensioni e spegnimenti continui, in una esecuzione silenziosa, diligente, che cela una rigorosa religiosità di metodo, la “Dolce Vita” di Sieni arriva, dopo imperterriti tentativi di costruire la forma definitiva, alla sua imprevedibile smorfia finale, sberleffo all’aplomb del mondo: uno scuotersi corporeo, quasi a scrollarsi da dosso tutto il peso di ciò che è passato, smantellando la sacralità e finendo nel dionisiaco goliardico. L’obbligo è allora risorgere, oltrepassando la propria via crucis.

DOLCE VITA – ARCHEOLOGIA DELLA PASSIONE

coreografia: Virgilio Sieni
interpretazione e collaborazione: Giulia Mureddu, Sara Sguotti, Jari Boldrini, Ramona Caia, Maurizio Giunti, Giulio Petrucci, Claudia Caldarano, Marjolein Vogels
musiche di Daniele Roccato eseguite dal vivo dall’autore
luci: Fabio Sajiz, Virgilio Sieni costumi Giulia Bonaldi
maschera: Giovanna Amoroso & Istvan Zimmermann, Plastikart Studio
allestimento: Viviana Rella
produzione 2014: Compagnia Virgilio Sieni
collaborazione alla produzione: Romaeuropa Festival, Ert Emilia Romagna Teatro, Associazione Teatrale Pistoiese
La Compagnia è sostenuta dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, Regione Toscana, Comune di Firenze

durata: 60′
applausi del pubblico: 2′

Visto a Roma, Teatro Argentina, il 4 ottobre 2014

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