Al Teatro Bellarte di Torino il piccolo gioiello prodotto da B.E.A.T. teatro e Nuovo Teatro Sanità
Può ancora capitare, in una piccola sala teatrale e fuori dai circuiti blasonati, di assistere a un’opera sorprendente e di rara qualità, un po’ come accadeva tra gli anni Cinquanta e Sessanta a New York nei locali lontani dal centro che diedero vita al movimento off-Broadway.
È ciò che è accaduto al Teatro Bellarte di Torino, nell’ambito della stagione “Nudi” organizzata da Fertili Terreni Teatro, promossa da A.M.A. Factory, Cubo Teatro e Tedacà, un insieme di artisti e organizzatori impegnati nella promozione del teatro contemporaneo nelle sue diverse forme. Attraverso la collaborazione di tre teatri (San Pietro in Vincoli ZonaTeatro, Bellarte e OFF TOPIC), la stagione interessa tre zone “periferiche” della città, creando interessanti opportunità culturali e di creatività.
Il paragone con off-Broadway non appaia azzardato, perché è possibile cogliere un’eco dell’atmosfera decadente delle pièce di Tennessee Williams nell’opera della giovane e talentuosa drammaturga Elvira Buonocore, atmosfere che emergono dalle forti contraddizioni insite – allora come oggi – nella società.
I due protagonisti del pluripremiato “La vacca” (co-prodotto da B.E.A.T. teatro e Nuovo Teatro Sanità), Donata e Mimmo, sorella e fratello che vivono di espedienti in un luogo-non luogo ai margini della società e della legalità, ci ricordano infatti Willie e Tom dell’atto unico “Proibito”, contenuto nella raccolta dei “Blues” del drammaturgo statunitense: Donata, come Willie, non è più una bambina e vorrebbe smaniosamente essere già donna; Mimmo, come Tom, tenta invano di proteggerla dai rischi a cui il suo crescente desiderio la espone.
I temi riprendono la desolazione e il degrado che caratterizzano certi contesti, lontani dalle logiche del benessere e del potere, che tramutano anche un desiderio naturale – quello istintivo, carnale, che ci accomuna agli animali – in costante esposizione al pericolo e alla violenza.
Fin qui nulla di nuovo, se non che la Buonocore introduce nella vicenda un terzo personaggio, Elia, che inizialmente si conquista le nostre simpatie presentandosi in modo tragicomico come uomo fragile e ingiustamente defraudato dei suoi beni (arriva dalla sala mostrandoci un porta listini aperto che contiene le immagini delle sue mucche, improvvisamente scomparse e di cui è alla ricerca), ma che alla fine esploderà in un improvviso e brutale atto di violenza abusando di Donata, come fosse una “vacca”, e del suo naturale bisogno adolescenziale di scoprire i piaceri del corpo.
Ma c’è dell’altro: la “favola neorealista” (così è intuitivamente definita nel foglio di sala) di Buonocore è intrisa di un linguaggio che ci riporta ad una napoletanità non stereotipata, a cui invece ci hanno abituato certi media. E’ la lingua poetica e musicale di Eduardo quella che si coglie nelle voci di Vincenzo Antonucci, Anna De Stefano, Gennaro Maresca e che continua a caratterizzare la scuola drammaturgica napoletana, dove il significante (il suono) riesce talvolta a essere più incisivo ed efficace del significato.
Ottimo il lavoro sul testo, che della lingua napoletana trattiene la struttura sintattica più che il vocabolo, rendendo in questo modo lo spettacolo comprensibile a tutti, e la tendenza icastica alla ripetizione di alcune battute.
La regia, firmata da Gennaro Maresca (che interpreta anche Elia), è tutta volta a valorizzare al meglio le capacità attoriali degli interpreti: Anna De Stefano, energica, esplosiva, con un controllo stupefacente del corpo e della voce, riesce a essere squallida e seducente, tragica e comica, nei suoi goffi tentativi di farsi crescere le “zinne”, o come quando riproduce i passi di danza di “Flashdance” sulla canzone “Vai” di Nino D’Angelo; Vincenzo Antonucci ci appare forte e rude nella prima parte dello spettacolo, per poi indurci alla tenerezza quando, dopo essere finalmente riuscito a scassinare un cancello per conto di Elia, gli sembra di vivere un momento di gloria per aver portato a termine un’impresa ai suoi occhi straordinaria.
La scena è sostanzialmente spoglia: una sedia, qualche indumento sparso per terra, una coperta e, soltanto alla fine, un’insegna che indica l’attività illegale a cui fratello e sorella abusivamente si dedicano. “Mattatoio”. Di carne infatti si parla, carne desiderata e rubata, carne macellata e violata, in questa favola nera intrisa di realtà, che prende forma senza che si avverta mai una stonatura di ritmo o un calo di intensità .
LA VACCA
Di Elvira Buonocore
Regia Gennaro Maresca
Con Vincenzo Antonucci, Anna De Stefano, Gennaro Maresca
Aiuto regia Roberta De Pasquale
Costumi Rachele Nuzzo
Co-produzione B.E.A.T. teatro e Nuovo Teatro Sanità
durata: 50′
applausi del pubblico: 3′
Visto a Torino, Teatro Bellarte, il 5 febbraio 2023