L’Orfeo Rave di Tosse e Balletto Civile che arriva dal mare

Orfeo Rave (photo: Donato Aquaro)
Orfeo Rave (photo: Donato Aquaro)

L’uscita all’esterno del Teatro della Tosse, soprattutto in un periodo quasi estivo, non è certo una novità; è anzi una bella consuetudine che, in modi e tempi diversi, ha coinvolto creativamente alcuni luoghi deputati ad altro ma emblematici della città di Genova e della Liguria in generale.
Questa volta però la sfida è quasi utopistica e il risultato importante in termini sia teatrali che numerici.

Il connubio artistico tra Michela Lucenti, da anni impegnata anche nella realtà della Tosse con il suo Balletto Civile, ed Emanuele Conte si è voluto concretizzare in un progetto “davvero mastodontico, soprattutto per una realtà come la nostra” ci confida lo stesso Conte all’ingresso del padiglione Jean Nouvel della Fiera di Genova, di certo lo spazio più interessante di una struttura che non sta godendo di ottima salute in termini economici, e che anche per questo è bello vivere in un modo che è “altro da sé”.

Il pubblico che attende con noi la discesa nell’Ade per questo “Orfeo Rave” è davvero tanto, e forse è ancor più numeroso di quello che appare, visto che il piano inferiore dell’enorme edificio misura circa undicimila metri quadrati e le distanze sono dilatate. Lo spazio Nouvel, poi, guarda direttamente sul mare ed è costellato da enormi vetrate e superfici riflettenti che esaltano un rapporto privilegiato con l’acqua.
Non quindi il classico padiglione fieristico ma qualcosa di diverso e più evocativo, sebbene non manchino il cemento e le classiche colonne grigie.

Come ci racconta Virgilio, Euridice è prigioniera nell’Ade, ed Orfeo si avventura nell’Oltretomba per salvarla. Ma dopo aver superato vittorioso le sfide degli Inferi, l’innamorato soccomberà all’ultima prova, quella più semplice ma traditrice: voltandosi a guardarla, Orfeo perderà l’amata Euridice per sempre.
E qui si pone la domanda di Conte e Lucenti: ma se Orfeo non fosse sceso nell’Ade per Euridice ma per ritrovare una parte di sé che non esisteva più? Alla fine, voltandosi, non ha voluto lasciar andare quella parte di sé morta insieme a Euridice?

Il viaggio in nove quadri composti di danza, musica, teatro e videoarte inizia con la discesa nell’oscuro, un percorso che gli spettatori fanno attraverso una scalamobile bloccata che li conduce in un primo spazio quadrangolare e paradossalmente claustrofobico perché delimitato da teli di nylon fluttuanti.

E’ la prima stazione di uno spettacolo itinerante che vede la presentazione della morte e dei suoi adepti danzare davanti e in mezzo al pubblico, ma è anche la prima apparizione di Euridice (Michela Lucenti), vera protagonista del rave teatrale, che domina senza mezzi termini.
Le sue ampissime qualità espressive ne fanno non solo la danzatrice e coreografa che conosciamo ma anche una perfomer a tutto tondo, che completa le sue abilità con il canto e con la voce in genere.

La sua Euridice viene svelata al pubblico come star indiscussa e ammaliante, regina di un mondo buio e inquietante che ci fa presagire da subito la triste fine di Orfeo.
I teli cadono e si svela poco lontano una struttura di ponteggi di ferro davanti a cui sono sistemati i banchi lignei tipici da chiesa. Il pubblico compie il suo primo spostamento, quasi istintivo, verso la seconda tappa e si accomoda sui banchi per partecipare allo straniante matrimonio dei due amanti, celebrato da un Apollo dorato e spudoratamente kitsch, mentre sullo sfondo si muovono danzatori agitati e mascherati.

Gli spettatori vengono nuovamente invitati allo spostamento in una coordinazione fluida tra tecnici e attori e, passato il ponteggio, si incontra la figura di Aristeo, collocato su una sedia sostenuta da una pedana a sua volta retta da quattro imponenti catene, che la stabilizzano a diversi metri di altezza da terra, nel vuoto.
E’ questo uno dei momenti più intimi ma anche più intensi del viaggio, dove la confessione del personaggio viene “alleggerita” dall’accento veneto che domina le sue parole.

Anche il quadro successivo è caratterizzato da una dolce intimità di base che ci porta ad assistere ad un momento di quotidianità tra Ade e Persefone (un misuratissimo Enrico Campanati): vecchi, ai limiti della comicità, adagiati su un logoro divano davanti ad una televisione anche lei vecchia, tra pillole da prendere e disillusione dominante. Una scena volutamente demodé cui ne seguirà una di grande modernità, a segnare l’entrata di Ermes.

E’ lui il chirurgo che percorre un lungo corridoio di un piano rialzato del padiglione prima di entrare in un ascensore a vetri e arrivare finalmente vicino al pubblico. Tutto il movimento scenico è filmato da una videocamera (nelle mani di una sua assistente), proiettando ‘live’ le immagini su una parete.
Il medico ha fretta di fornire l’esito dell’autopsia e ci accompagna attraverso una scenografica cancellata, aldilà della quale è allestito l’obitorio in cui Orfeo cercherà la sua Euridice provocando la rimessa in vita non solo dell’amata ma di tutti gli altri morti.

Da qui si tornerà fisicamente indietro: il pubblico viene guidato da un grande fantoccio della morte installato su un trabattello mobile anticipato dai danzatori di Balletto Civile, in una sorta di parata che porterà Orfeo al patibolo.
L’atto finale avviene su una sorta di palco rialzato dove si scatena la furia di Bacco contro Ermes, a cui chiede spiegazioni sul perché Orfeo si sia voltato.

La cornice è quella classica del rave, con un grappolo di proiettori rossi che emerge dal basso; la musica techno e rap (cantata dal vivo) funge da colonna sonora all’aggressione del protagonista da parte delle Baccanti infuriate.

Al termine del viaggio si è consci di aver partecipato ad un evento quasi rituale e dalle proporzioni importanti, un’esperienza rara di questi tempi, particolare e coinvolgente.
Significativa e partecipata la risposta del pubblico. Una testimonianza che si allinea ai 16.000 biglietti (6.000 in più rispetto a quattro anni fa) strappati dal Teatro della Tosse in sette mesi di programmazione
Un premio sudato ma meritato del lavoro svolto.

ORFEO RAVE
uno spettacolo di Emanuele Conte e Michela Lucenti
testi di Elisa D’Andrea ed Emanuele Conte
regia Emanuele Conte e Michela Lucenti
impianto scenico Emanuele Conte
coreografie Michela Lucenti
costumi Daniela De Blasio e Bruno Cereseto
luci Cristian Zucaro
musiche originali ed elaborazioni musicali Tiziano Scali e Federico Fantuz
n’goni Demian Troiano
video Luca Riccio
assistente alla regia Alessio Aronne
collaborazione drammaturgica e scenografo assistente Luigi Ferrando
con Michela Lucenti , Maurizio Camilli , Enrico Campanati , Pietro Fabbri , Susanna Gozzetti , Maurizio Lucenti, Demian Troiano
e con Fabio Bergaglio, Ambra Chiarello, Giovanni Leonarduzzi, Alessandro Pallecchi, Emanuela Serra, Giulia Spattini, Natalia Vallebona, Jaskaran Anand, Alberto Galetti, Giuseppe Claudio Insalaco, Antonio Marino, Marianna Moccia, Arabella Scalisi
direttore scena Roberto D’Aversa
macchinisti Carlo Garrone, Fabrizio Camba, Kyriacos Christou
elettricisti Matteo Selis, Davide Bellavia, Giovanni Coppola
fonico Tiziano Scali
laboratorio scenografico Paola Ratto
attrezzista Renza Tarantino
sarta Umberta Burroni
Produzione Fondazione Luzzati – Teatro della Tosse e Balletto Civile

durata: 1h 40′
applausi del pubblico: 3′ 58”

Visto a Genova, Fiera del Mare, il 10 maggio 2016

stars-4.5

0 replies on “L’Orfeo Rave di Tosse e Balletto Civile che arriva dal mare”