The experiment, attrazioni per pubblico mobile. Pronto ad esplodere (stasera)

The Experiment
The Experiment
The Experiment (photo: salernocreativa.it)

15 luglio
Questa residenza è un casino. Arriva un momento in cui il personale e il lavorativo, il pubblico, si fondono, si con-fondono e mantenere le distanze diventa complicato, quasi impossibile. Eppure sono tra le persone più equilibrate e ottimiste del gruppo. L’ottimismo è fondamentale. Quando ti trovi, un giorno su tre, a dover riscrivere tutto il progetto punto e a capo, hai bisogno di un bicchiere mezzo pieno. Ieri mi sono cimentata in una delle più alte opere diplomatiche mai compiute nella mia carriera di mediatrice, e alla fine siamo riusciti a riformare e ristrutturare la ‘mise en espace’ del progetto finale. Ma oggi sono stanca. Ho l’impressione di non riuscire a lavorare, di non riuscire a farlo bene, e poi ci sono le benedette carovane enogastronomiche, alle quali partecipiamo facendo brevi interventi di vario genere. Ma sinceramente avevo sperato di leggere Omar Kayyahm in un contesto che gli rendesse maggiore giustizia. E poi cazzo, cazzo. Io cerco di fare bene, cerco di agire per il gruppo, cerco di essere io, qualsiasi cosa questo voglia dire. Multisfaccettata, volubile, mutevole e plasmabile, ma io. E però non sono scema. Insomma, oggi m’è partita la paranoia. Mi faccio un giretto in solitudine.

21 luglio
Se dovessi dire che mi sento proprioproprio rispettata come persona e come artista, ecco, se dovessi, mentirei. Ormai ho escluso il committente dai miei orizzonti. Ed è quello che facciamo un po’ tutti. Nel senso che a questo punto se andiamo avanti è solo per il legame che si è creato tra di noi. E’ il nostro progetto e cerchiamo di farlo bene, cerchiamo di farlo al meglio, perché siamo noi, perché è il nostro lavoro ad andare in scena e vogliamo che il risultato sia buono, che ci rispecchi e ci rispetti, ma le condizioni di lavoro sono veramente veramente difficili.
Lo spettacolo si chiamerà “The experiment, attrazioni per pubblico mobile”. E’ un po’ come ci sentiamo. Io, personalmente, soffro un pochino l’abbandono e l’incomprensione del lavoro che sto facendo da parte di chi me lo ha commissionato. Poi  mi dico: “Ohi, ti devi un poco limitare Lucillina”; un pochetto di paranoia a questo punto è naturale ma non diventiamo disfattisti, lo dice anche il nostro presidente del consiglio. E allora è questo che provo a passare ai compagni e alle compagne, lavoriamo alacremente, è un regalo che facciamo a noi, alle persone che abbiamo incontrato in questo viaggio, non distruggiamo, creiamo ancora. E’ importante.

25 luglio
Metto nelle gambe la memoria del mio monologo d’apertura. Chi l’avrebbe mai detto, che questo spettacolo l’avrei aperto proprio io, io che all’inizio non era neppure certo che ci sarei stata. Ormai ci siamo. Metto nelle gambe la memoria e cammino tra le stanze di questo immenso edificio. Dal piano di sopra dove le ballerine provano davanti agli occhi severi di Mattia e alcuni stanno al computer cercando di mettere a posto le ultime cose, al secondo piano, dove nella prima stanza Ale Senso ci disegna trasformati nei tarocchi della sua fantasia e Mariano armeggia con oggetti a me sconosciuti. Nella stanza accanto Dario ha tirato la sua amaca e pensa al lavoro che farà stasera ascoltando Fossati, mentre Silvia fa il suo training. Ancora oltre, i Toba-Toba  producono instancabilmente animaletti di Das e fuori, nel corridoio, Natalia pazientemente incolla pezzettini di video al suo mac.
Ale Cus vaga, perennemente al telefono con un service o un costumista. Ogni tanto ci scambiamo un sorriso. Sono le ultime ore di lavoro. Non abbiamo bene idea di quello che succederà. Di qualcuno mi fido, di qualcun altro meno, ma tutto questo ora, mentre cerco le parole per descriverlo, mi commuove.
Il 28 va in scena The Experiment. E noi, in qualche modo, ci siamo.
Dalla mia nota alla ‘mise en espace’: “Siamo stati il labirinto. Cercando insieme i nostri personali modi di vivere il tabù ci siamo ingarbugliati, ci siamo mescolati, ci siamo strappati pezzi e altri ne abbiamo aggiunti. E ora che i nostri vestiti i nostri modi le nostre voci odorano uno dell’altro siamo diventati anche il filo. Il filo che permette di attraversare il labirinto siamo noi, a cercarlo altrove ci si perderebbe. E’ però un filo di molti colori, come siamo noi, un filo di molti colori e di molti materiali, che a tratti uno potrebbe domandarsi ma come mai prima era seta blu e ora è lana gialla. Eppure è lo stesso filo. Siamo stati il labirinto, siamo il filo, siamo un instancabile cervello che pensa e produce e crea.
E per arrivare alla messinscena di The Experiment ognuno di noi ha dovuto rompere molti dei suoi tabù. Ma questo è un segreto”.

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