Ma non chiamatelo teatro al femminile! Intervista a Lucia Calamaro

L'origine del mondo
L'origine del mondo
L’origine del mondo (photo: Claire Pasquier)
Ha lavorato a Parigi e in Sud America, prima di tornare in Italia con una visione più ampia del teatro internazionale.
Lucia Calamaro
è una delle più innovative drammaturghe e registe della scena contemporanea.

“L’origine del mondo, ritratto di un interno” (in lista per il Last Seen 2012, e in scena a Ravenna al teatro Rasi stasera, 2 febbraio alle 20.30, e poi dal 13 al 28 febbraio al Franco Parenti di Milano) ha conquistato la critica, ottenendo ben tre premi Ubu 2012: migliore novità italiana (o ricerca drammaturgica), miglior attrice a Daria Deflorian e miglior attrice non-protagonista a Federica Santoro.

In scena tre donne, tre età della vita che si confrontano.
È un viaggio dentro la solitudine umana composto di gesti, immagini e parole su uno sfondo bianco come un luogo dell’inconscio. Tre episodi, ognuno un elemento della vita quotidiana di una casa enorme, vuota, in cui coesistono tre età della stessa donna, o tre donne in successione di una stessa famiglia, poco importa: c’è l’universo donna in scena, questo conta.
Dopo aver presentato separatamente i quattro episodi (divenuti poi tre) ora la trilogia è in tournée programmata in un’unica serata di tre ore e venti con “Donna melanconica al frigorifero”, “Certe domenica in pigiama” e “Il silenzio dell’analista”.
Anche il cast è cambiato. Accanto alle due attrici premiate con l’Ubu Daria Deflorian e Federica Santoro, entra Daniela Piperno (conosciuta per gli spettacoli fatti con il Teatro dell’Elfo e per i ruoli cinematografici) che sostituisce Lucia Calamaro, che rimane così come uno sguardo esterno.
Abbiamo incontrato proprio Lucia Calamaro per conoscere i retroscena di questo lavoro.

Qual è, per lei, la principale differenza tra la scrittura teatrale e quella narrativa?
Domanda complessa. Ho qualche intuizione, più che altro sospetti. La scrittura teatrale deve poter esser detta, sembra una banalità, ma cose che si possono pensare, ascoltare nella mente, come succede quando uno legge, non è detto che con altrettanta semplicità possano essere pronunciate senza suonare desuete, stonate, inverosimili. Il cervello senza audio ha un registro di tolleranza molto più ampio di quello che si attiva con la voce e l’udito. Il cervello silente del lettore è come se avesse ereditato una mentalità infinita che include suoni e modi che non gli sono contemporanei. Non così l’udito, che mi sembra avere una vocazione spiccata al registro del presente, tollera
dunque male suoni non famigliari: suoni in senso lato.

In scena vediamo tre generazioni a confronto, quale tratto stilistico ha cercato, nella scrittura, per interpretare tre personaggi anagraficamente così distanti?
Nessuno, sono epoche della stessa persona; secondo me il teatro in questo senso semplifica perché fa saltare il criterio di verosimiglianza. Basta nominare una madre per vederla, o nominare una nonna per capire che lo è. Il teatro funziona in modalità di pensiero magico, quello che è detto è quello che esiste, anche se non c’è.

Come avviene il passaggio dalla scrittura alla regia?

Una parte della scrittura si fa a monte, un’altra in sala prove, quando devo combinare i pensieri o i concetti con delle situazioni che permettano il loro dirsi.

Perché ha deciso, contrariamente alla prima versione, di uscire di scena e non recitare, chiamando ad interpretare il suo ruolo Daniela Piperno?
Beh, esco di scena per guardarla e ascoltarla meglio, un po’ come la nonna di Cappuccetto Rosso: mentre sei dentro la pancia del lupo capisci di meno quello che accade.

“L’origine del mondo” è uno spettacolo completamente al femminile, dalla scrittura alla recitazione. Si può parlare in Italia di una questione femminile anche nell’arte o non ha senso fare queste distinzioni?
Preferisco non rispondere a questa domanda. Ho deciso di non rispondere più a tutte le domande che hanno a che vedere con le espressioni ‘teatro al femminile’, ‘spettacolo al femminile’ eccetera. Non mi interessa il ghetto, niente di personale, la mia è resistenza ideologica.
 

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