Baracca Testoni e Anfiteatro/Unoteatro firmano due degli spettacoli presentati nella 33^ edizione del festival milanese dedicato al teatro ragazzi
L’infanzia, almeno quella che conoscevamo, è morta. E’ morta uccisa dalla ricerca della velocità ad ogni costo, dal non prendersi tempo per crescere, dal non sapersi più stupire di quello che scopriamo per la prima volta. Uccisa da una società sempre performante, che non concede mai al virgulto che sta diventando una pianta il piacere della noia, che non permette mai – dalla scuola ai genitori – di sbagliare, di immaginare.
Al festival dedicato alle nuove generazioni Segnali, organizzato a Milano dal Teatro del Buratto e da Elsinor, abbiamo visto due spettacoli che hanno cercato, seppur in modi assolutamente diversi, di risvegliarla. Sia ben chiaro, non un’infanzia nostalgica, quella del rimpianto dei tempi andati, ma quella in cui la vita concede lo stupore della prima volta, il giusto tempo che ci vuole per farti prendere la possibile corretta forma attraverso i primi sentimenti, facendoti fare già delle piccole scelte, provandone il gusto dolce della vittoria o quello amaro della sconfitta.
L’infanzia si è risvegliata tutta d’un tratto ascoltando la semplice storia di un castoro e di una coppia di ragazzini in “Grogh, storia di un castoro”. La sua storia è raccontata con partecipazione emotiva da Fabio Galanti, della bolognese Baracca Testoni, inventata e non (ce ne stupiamo) da Alberto Manzi, proprio lui, il Maestro d’Italia, e riproposta per la scena da Enrico Montalbani e Bruno Stori, quello di “Romanzo d’infanzia”.
Con il racconto del nostro Grogh siamo ritornati a quel tempo in cui, stesi sul nostro lettino, tanti e tanti anni fa, abbiamo incominciato ad ascoltare da nostra madre le prime fiabe, a leggere i primi libri di avventure, immergendoci in un bosco incantato in cui gli animali parlavano, dove la natura respirava con noi e la pioggia e il fuoco erano divinità.
Tutto questo per merito di un castoro, che a dire il vero non sappiamo nemmeno bene come sia fatto, comunque è lui il protagonista di questa storia entusiasmante. Il suo nome è Grogh, e in poco tempo per la sua pervicacia e intelligenza, dopo aver perso il padre Berchel per colpa di un cacciatore, diventerà il capo della sua tribù.
Attraverso i suoi occhi assisteremo alla costruzione della nuova casa, una grande diga lontana dagli uomini, costruita con l’aiuto di tutti, come del resto dice il primo articolo della loro Costituzione.
Essendo i castori, ingegneri, architetti, carpentieri, muratori, boscaioli, la nuova casa viene costruita con grande fatica ma molto solida sul fiume.
Conosciamo poi anche gli amici di Grogh: Bob lo scoiattolo, Nina puzzoletta, Ciccio Riccio, Gigino il cardellino ed El, un alce, un vecchio amico del nostro protagonista a cui aveva salvato la vita. Conosceremo anche la furia distruttrice di Tarlai, il fuoco, e quella benefica di Janki la nuvola, tanto simili a Efesto e Zeus, che vedremo con semplicissimi artifici sulla scena combattere davvero tra loro. Saremo poi protagonisti del coraggio e dell’astuzia di Grogh e El nello sconfiggere il terribile lupo Hug.
Ma niente potrà Grogh per sconfiggere l’animale più infido e terribile, l’uomo, e il nostro eroe morirà dopo aver salvato ancora una volta i compagni.
Abbiamo ascoltato, anzi siamo stati protagonisti, e con noi i bambini, di una vera epopea, in cui un piccolo castoro riesce a diventare simile a figure come Ettore, Tancredi o Rinaldo, un personaggio mitico che rimarrà nei ricordi dei piccoli spettatori, formando una prima piccola enciclopedia delle emozioni: dal coraggio alla paura, dal mistero insito nella natura alla morte, e ancora la costanza mescolata all’astuzia, capace di spronare ad andare avanti ad ogni costo.
L’infanzia si è risvegliata una seconda volta attraverso un altro percorso, quello della ricerca di una propria identità, della necessità assoluta della fantasia propria di questa età, con “Toma e Carolina” per merito di Giuseppe di Bello di Anfiteatro/Unoteatro, che ha scritto il testo, e Marco Continanza che ce lo ha raccontato.
Protagonista all’inizio è solo Tomaso (Tom), che vive spesso da solo con mamma o papà, che si sono separati. Carolina arriverà solo dopo, e gli cambierà un po’ la vita.
Tom ama a tal punto l’epopea western, i pistoleri e gli indiani, da immedesimarsi nei suoi eroi, vestendosi con stivali, speroni, la stella da sceriffo e due pistole di plastica col loro fodero, come Sam, il protagonista della sua serie televisiva preferita. Tom ha persino un cavallo, che chiama Vento rosso, con il quale si immagina di galoppare per spazi infiniti.
I suoi compagni lo prendono in giro, perché i loro eroi non hanno pistole finte ma super poteri e armi distruttive. Ma un giorno succede che la sua televisione si rompe e non c’è rimedio. Ed è allora che il nostro eroe scopre quanto sia bello inventare da sé il proprio immaginario: si costruirà così, con semplici legni a pochi metri da casa, una vera e propria capanna, e sarà lì che conoscerà Carolina, una ragazzina volitiva e intelligente che lo sveglierà dai suoi sogni per portarlo alla realtà, facendogli persino battere il cuore.
Toma imparerà da lei la magia delle parole, a scrivere senza errori e a crearsi un immaginario diverso, che non ha bisogno della televisione per manifestarsi, e nemmeno delle armi, anche se di plastica.
Rimarrà stupito che quella strana ragazzina conosca non solo tutto del misterioso West, ma anche del mondo dei pirati e dei cavalieri. Toma scoprirà che tutto ciò è avvenuto per merito dei libri, che hanno anche il potere di farle immaginare luoghi sempre nuovi, e persino una nuova terra in cui abitare, lontana dagli adulti.
Carolina dall’animo selvaggio e solitario troverà finalmente un amico.
Toma, ragazzino dal nome di un formaggio, e Carolina, una ragazzina dal nome mitico di una mucca, formano una coppia di amici davvero speciale. Ma purtroppo il progresso avanza e la capanna lascia spazio ad un nuovo palazzo: i due ragazzi devono migrare dalla loro capanna. E’ un gessetto ad aiutarli nell’impresa di trovare un altro mondo in cui leggere ed immaginare: con quello disegnano un cerchio brechtiano e vi spariscono dentro, tra lo sgomento di tutti.
“Eh sì perché l’infanzia trova difficoltà a coesistere in questo mondo, e i bambini – solo loro – hanno la capacità di scomparire”: è una vecchietta a spiegare la loro scomparsa. “Gli adulti sono troppo pesanti, ma vedrete che torneranno”…
Anche qui l’infanzia riprende il suo posto con le parole che hanno respinto l’attacco delle armi, con il piccolo grido di aiuto lanciato verso gli adulti, di lasciarli liberi di immaginare, perché i bambini sanno quando è tempo di diventare grandi, e lo vogliono fare piano piano, perché l’infanzia dovrebbe essere il momento più bello del mondo.
E riascoltando la colonna sonora che accompagna “Tom e Carolina”, da “Sam ragazzo del West” alle colonne sonore dei film di Sergio Leone, anche nel nostro cuore l’infanzia ha fatto un po’ capolino.
GROGH, STORIA DI UN CASTORO
Liberamente tratto da Grogh, storia di un castoro di Alberto Manzi
Testo di Bruno Stori ed Enrico Montalbani
Regia di Bruno Stori
Con Fabio Galanti
Luci di Andrea Aristidi
Scene di Fabio Galanti
Costumi e oggetti di Tanja Eick
Si ringrazia per la preziosa collaborazione Karin Andersen
Musiche originali e sound design di Matteo Balasso
Illustrazione di Enrico Montalbani
Foto di scena di Matteo Chiura
età consigliate: da 6 a 10 anni
durata: 50′
Visto a Milano, Teatro Bruno Munari, il 4 maggio 2023
TOMA E CAROLINA
Produzione Anfiteatro-Unoteatro
Testo e regia Giuseppe Di Bello
Con Marco Continanza
Organizzazione Michele Ciarla – Francesca Valla
età consigliata: da 6 anni
Visto a Milano, Teatro Bruno Munari, il 5 maggio 2023
Prima nazionale