Mirabilia ha riempito Cuneo di suoni, colori, persone. E la città per cinque giorni è diventata Fantasilandia
Mirabilia riempie di colori Cuneo. E Cuneo abbraccia Mirabilia: si lascia pervadere da un’onda d’urto che ne trasfigura per cinque giorni l’immagine di sobrietà ed eleganza.
Circa 150 eventi, cinquanta compagnie impegnate nel festival di danza, teatro, arti circensi e performative diretto da Fabrizio Gavosto. I luoghi vitali della città piemontese pulsanti d’arte, musica e spettacolo.
Compagnie internazionali. Un pubblico variegato. Spettatori che arrivano da ogni dove nella capitale italiana del cioccolatino al rum. Tantissimi bambini: i loro occhioni assorti sono uno spettacolo nello spettacolo.
È una regione ferita quella che attraversiamo arrivando da Milano. Lambiamo Brandizzo, pochi giorni dopo la tragedia dei cinque operai travolti da un treno in corsa nella notte del 30 agosto, mentre si spegnevano le luci sulla prima giornata di Mirabilia.
L’arte è pharmakon. Ma queste ferite non si possono lenire. Apprezziamo Mirabilia per la sua spettacolarità meditabonda e mai spaccona. Per la sua veste pudica. E quel senso di coralità, capace perfino di confortare il dolore.
Lo spettatore partecipante si fonde con la comunità degli artisti. C’è una smorfia malinconica sul volto dei clown. Lo spagnolo Guillem Vizcaíno di Cia d’Es Tro, nello spettacolo di circo “Poi”, è un uomo di latta dentro un ambiente rurale. Pantaloni alla zuava, calzettoni da montanaro, occhi allampanati, con addosso una casacca intrisa di polvere, l’artista usa corde di tutte le dimensioni per azionare la sua incredibile batteria di trottole, dall’infinitamente piccola a quella gigantesca. Coinvolgendo in maniera esilarante il pubblico, Vizcaíno fa ruotare le trottole su assi e sui rami di un albero, sulla punta delle dita, sulla propria testa. Metafora della vita per il suo equilibrio perennemente instabile e tuttavia destinato a esaurirsi, per le piroette che possono proiettarla in ogni direzione, la trottola qui viene sfruttata anche nella sua potenza acustica, dato che le sue punte disegnano suoni e rumori su una superficie microfonata, dando vita a un concerto bizzarro. Il dialogo avviene anche con i suoni registrati della natura, con il canto degli uccelli o delle cicale, intervallato dal suono agreste live di campanacci per le pecore.
Vizcaíno è un funambolo, un fuoriclasse delle giravolte. Palleggia con le trottole come Maradona palleggiava con l’arancia o una palla da tennis. “Poi” è resistenza ai campi gravitazionali, per continuare la danza sbilenca della vita.
I ritmi della vita a volte sono da delirio. L’artista di strada cileno Karcocha ci insegna che vale la pena fare un break. Nei luoghi più trafficati di Cuneo, quest’eccentrico Arlecchino on the road si riappropria degli spazi urbani, scimmiottando e sbugiardando amabilmente autisti, motociclisti e ciclisti. “El Coche” è uno show di mimica e gag grulle, con l’aiuto di un fischietto che condensa in un sibilo canzoni famose. Quanta allegria in quel costume dai mille colori, in quel cerone così disarmante da impietosire l’automobilista più irascibile. Un umorismo naif, che libera le endorfine e invita a un rapporto più disteso con il tempo.
Circo che cerchi, Francia che trovi. “Vu” di Etienne Manceau (Sacekripa) è un gioiellino di delicatezza in solitaria. Sono le mille menate di un uomo alle prese con il rito quotidiano del the. Espedienti per tirarla alla lunga. Giochi pirotecnici col silenziatore. Fantasticherie, per dare robustezza a una vita insipida. Un po’ Mister Bean, un po’ Willy il Coyote, Manceau ingurgita marshmallow e zuccherini per addolcire le amarezze di una giornata. Ci insegna ad ammazzare il tempo, prima che il tempo ammazzi noi. Manceau assomiglia alle nostre piccole imperfezioni. Con la sua comicità istintiva, suscita tenerezza nei grandi, lasciando i piccini a bocca aperta.
Il circo può essere poesia. Lo dimostrano in “Concerto pour deux Clowns” Igor Sellem e Julia Moa Caprez, che insieme sono Les rois vagabonds. Il Teatro Toselli, luogo dello show, ha un’anima classica, qui esaltata dalla coppia di comici. Sellem e Caprez stupiscono per la loro energia, i loro balzi ed equilibrismi, nell’atto in cui, lui agli ottoni e lei al violino, suonano in modo forsennato Vivaldi, Strauss, Albinoni, Schubert, Tchaikovsky. L’intelletto, il corpo e le emozioni. Uno splendido catorcio lirico: i due artisti camminano, danzano, saltano, scivolano giù dal palco. Ruotano spiccando il volo, mentre violino e ottoni riproducono il canto degli uccelli o il rombo di un temporale. La coppia levita, librandosi da un abito femminile interminabile, oppure plana da un enorme lampadario, coniugando soavemente musica, danza, clownerie, teatro di strada e cabaret. E dopo aver visto all’opera Julia Moa Caprez, nessuno più s’azzardi a definire una donna “sesso debole”.
Stessi ingredienti per “Sinfonia Clown” di Accademia Internazionale di Teatro di Roma: uno spettacolo effervescente di comicità nonsense, dove a colpire sono coralità, dinamismo, e ancora l’uso del corpo e della voce, sia come canto, sia come capacità di spaziare su vari registri sonori e linguistici. Parodia dei grandi classici della letteratura. Ironia, sapidità, leggerezza, molteplicità e rapidità, per un collettivo talentuoso.
Diverte “La famiglia Mirabella” (Il Teatro Viaggiante) teatro di strada con monocicli, cerchi e birilli che valorizza l’errore e ne fa espediente ironico per costruire l’armonia domestica.
Familiarità è anche il tratto distintivo di “Dementalist” di Bingo, spettacolo di magia e mentalismo demenziale. Un circense ci legge nel pensiero e intercetta le nostre scelte. Illusionismo, psicologia e intelligenza. Chiaroveggenza alla mano, per un artista capace di creare con gli spettatori una relazione umana, e quasi personale.
Con Bingo siamo in via Silvio Pellico, l’unica strada in diagonale di Cuneo, città perfettamente squadrata. Strada periferica, tagliata fuori dal tessuto vitale con i negozi che chiudono e la droga che dilaga.
La “Diagonale” è il contesto dissestato in cui convivono culture eterogenee, incapaci di fare comunità. Qui è avvenuto durante Mirabilia un piccolo miracolo: un funambolo con la sua roulotte, per tre giorni, ha abitato la strada, interagendo con gli abitanti, intercettandone la curiosità attraverso i suoi disegni.
Sébastien Le Guen è un danzatore-disegnatore-sognatore che vive fra strada, roulotte e fune. Sébastien vive sospeso, di quella sospensione dalla quotidianità con le sue angosce di cui forse avevano bisogno anche gli abitanti della Diagonale.
Lo spettacolo “(…) parenthèse points parenthèse” di Lonely Circus è respirazione bocca a bocca e massaggio cardiaco che rivitalizza un quartiere che pareva moribondo. Con il “Progetto Diagonale” gli abitanti si risvegliano: adesso hanno occhi nuovi per guardarsi, e forse hanno imparato ad abbattere il muro di diffidenza che li separava.
Mirabilia demolisce gli steccati anche tra le arti. Ad esempio con “Dance4Ageing”, percorso multisensoriale in una camera oscura curato da Francesca Cola e Debora Giorgi (Università di Torino). Un cubo di velluto per quindici spettatori. La proiezione di decine di dipinti medievali e rinascimentali. Soprattutto volti umani: cerei, plumbei, gravi, serafici. Dalla “Primavera” di Botticelli alla “Gioconda” di Leonardo; dal Dante di Giotto al Federico da Montefeltro di Piero della Francesca. Interagiamo con le luci e i velluti. Deformiamo, manipolandoli, tessuti e sguardi. Un dettaglio può esaltare la bellezza o «uccidere una poesia» (E. Ruggeri). Leonardo da Vinci spiegava che un ritratto non deve limitarsi ai tratti somatici, ma deve raccontare un’anima. Qui attraversiamo anime e misteri che ci parlano da secoli remoti. Ci scrutiamo dentro. Ogni ritratto è un enigma: ogni viso è insondabile, e sprigiona sensazioni che appartengono a ciascuno di noi…
Sempre a cura dell’Università di Torino, un’altra installazione immersiva, stavolta di Nicolò Pilon. Si intitola “Ricordi futuri”, e con l’aiuto di un’intelligenza artificiale raffigura corpi umani futuribili, in un’alchimia di suoni elaborati al computer e immagini coloratissime che sembrano copertine prog di dischi di mezzo secolo fa. Lavoro psichedelico, tra anatomia, metafisica e fantascienza. Fusione tra involucri esterni e organi interni di corpi umani, sopra orizzonti amorfi che richiamano la pittura di De Chirico e Munch.
Piazza Galimberti è il salone signorile della città. Qui assistiamo ai due progetti forse più partecipati del weekend. I francesi di Cie. Basinga tirano una corda con l’aiuto del pubblico. Ma “Soka Tira Osoa” di corde ne tocca parecchie: strimpella quelle di chitarre elettriche che accendono la platea con altri strumenti, dal sax alle percussioni. Musica nella piazza, danza sulla corda e un canto immateriale. Il jazz ci trasporta in un orizzonte onirico in cui fanno capolino techno e synth-rock. A volare è la musica. Una voce femminile evapora in un mondo fantasmagorico. In questo spettacolo tra Chagall, Marilyn Manson e Tim Burton, l’epicentro è la funambola Tatiana-Mosio Bongonga: su quel filo, viaggia con lei la nostra voglia d’infinito.
In coda al festival, “Diaspora” (di Antagon TheaterAKTion con Ondadurto Teatro) è un progetto internazionale sul viaggio e sulla guerra, sulla tragedia dei profughi e dei naufraghi. Sono storie antiche e immutabili, che qui si dipanano attraverso una narrazione al femminile che nasce dalle “Troiane” di Euripide. Teatro visuale, ancora una volta animato dalla musica, travolgente e capace di coniugare vari stili e impronte etniche. Lo spettacolo colpisce per la sua coerenza drammaturgica. I linguaggi utilizzati giocano sulla potenza delle immagini. Scenografie di vele trasformano la piazza in mare aperto. Fuoco, percussioni, teatro d’ombre, canto: Il pubblico è rapito. C’è anche il preziosismo di un dancing dress alla Loïe Fuller, ballerina americana pioniera della danza moderna. Drappi colorati creano coreografie avvolgenti. Questa danza scultorea avviene sui trampoli, che ne esaltano leggerezza e sinuosità. Luci e suoni sono parte essenziale della creazione. Una ventina di figure attraversano la scena. Le performer sono vestali rock che liberano la loro invettiva contro guerra, razzismo e sessismo. “Diaspora” evidenzia la contrapposizione tra Nord e Sud del mondo e apre uno squarcio sui viaggi della disperazione, che da quattro secoli causano morti in mare.
Bellezza, denuncia, e cura. Una nota di teatro civile chiude questa bella e partecipata edizione di Mirabilia a Cuneo. E forse è il modo più giusto per tornare con il pensiero ai cinque operai morti di lavoro a Brandizzo, città che grida giustizia e che lambiremo di nuovo in autostrada, tornando a Milano, a 75 minuti da qui.