“Chi lavora coi ragazzi e per i ragazzi ha il privilegio di percepire l’esperienza di chi sta vedendo il mondo in maniera nuova, genetica. Ha quindi una responsabilità molto grande perché si pone davanti ai semi del futuro. Il teatro fatto per (con) i ragazzi dovrebbe dunque essere il più alto, il più ricercatore. Qualche volta lo è.” (Teatro nascente e veggente, Giuliano Scabia)
Qualche mese fa Klp aveva pubblicato un breve “resoconto di viaggio” in merito a un progetto portato avanti dall’Itc Teatro di San Lazzaro di Savena, comune ai margini di Bologna. Il progetto prevedeva lo sviluppo di tre gruppi di ricerca teatrale in altrettanti paesi europei: Italia, Danimarca e Inghilterra. La particolarità era che tali gruppi lavoravano con adolescenti e bambini di varia nazionalità, origine e condizione sociale.
Questi giovani e giovanissimi sono stati quindi chiamati a lavorare sui temi culturali dell’Unione Europea del 2010: la povertà, l’esclusione sociale e la multiculturalità (o intercultura, come con meno grazia si dice).
Per molti mesi chi scrive ha seguito il lavoro del gruppo italiano.
Il tema, si dirà, è rischioso: potrebbe essere astratto, o vago, o retorico o magari tutte queste cose insieme. Eppure quello che è successo di retorico o vago non ha proprio nulla.
Il gruppo di ragazzi italiani, ventitre persone diversissime per vita, ceto, storia individuale e provenienza, ha fatto molto di più che lavorare sul teatro intorno a questi temi. Ha infatti costruito, in piccolo, una micro-comunità in cui l’esclusione sociale e la multiculturalità sono diventate inclusione e ricchezza vera. Per mesi dei ragazzi tra i 17 e i 21 anni hanno preso e rispettato un impegno serio come quello che il teatro richiede: prove, studio, presenza, attenzione, rinuncia. Non così comune per quell’età. Un impegno visto non come sacrificio ma come momento di consapevolezza, per poi trasformarsi in qualcosa di più grande: rispetto, amicizia.
Ma tutte queste parole vicine potrebbero sembrare un cattivo spot partitico. Allora cambiamo registro.
Gli adolescenti in scena, quando fanno qualcosa insieme per davvero, hanno una forza segreta che ha a che fare in modo non razionale con la vita. Hanno occhi luminosissimi. Hanno un qualcosa, dentro, che ti sa stupire e ti mostra tutto come fatto di nuovo. Hanno voglia di ascoltare e di essere ascoltati. Hanno voglia di voler bene e di ricevere bene. Sono come anche noi saremmo se smettessimo di obbedire agli ordini e farci distrarre dall’ininfluente.
Sono un mattino al mare, un pozzo dove gettare le monetine d’oro e i desideri, una canzoncina d’amore che non ti dimentichi più. E ancora: una corsa, un urlo liberatorio, un fiume. Sono quelli che sanno ancora prendere sul serio il proprio turbamento.
Oltre a questa avventura fuori dal comune, il progetto ha previsto viaggi dei responsabili del progetto dell’Itc Teatro in Inghilterra e Danimarca, ma anche la venuta in Italia dei partner degli altri paesi e la realizzazione da parte dei docenti stranieri di laboratori con i ragazzi: una “settimana europea” che si è conclusa il 29 maggio, in cui sono stati presentati gli spettacoli realizzati e un convegno all’Università di Bologna con esperti importanti di quello che viene definito “teatro sociale”.
Difficile riassumere e dare un senso a chi non l’ha vissuto di tutto quello che è accaduto in questi mesi. Di certo è qualcosa che fa pensare, e fa chiedere ancora una volta cosa è il teatro, cosa può.
Voglio concludere con alcune testimonianze che ho chiesto ai ragazzi di scrivere in merito a quest’esperienza. Di questo, e di molto altro, nuovamente li ringrazio.
“Con ‘Crossing Paths’ ho avuto la possibilità di conoscere persone stupende che, come me, condividono la passione per il teatro. Non è stato sicuramente semplice conciliare questa attività con la scuola e tutto il resto, ma ne è valsa la pena, assolutamente. Un percorso che mi ha fatto crescere e maturare, in ogni aspetto della mia vita”.
Jacopo, 17 anni
“Ma nel frattempo sorridi, perché hai imparato, condiviso e affrontato molto con queste persone e rifaresti tutto da capo. Sì cazzo, anche le vesciche e il sudore! Continui a sorridere ridendo delle cazzate che non si finivano mai di raccontare o di fare, continui a sorridere pensando al grande evento a cui hai partecipato (cazzo non capita di lavorare con inglesi e danesi tutti i giorni!), continui a sorridere perché il mercoledì era fonte di felicità, e così lo è stato per le ultime settimane appena passate. Continui a sorridere perché tutto questo non finirà. E allora sei felice perché aspetti con ansia quel momento in cui ci si rivedrà di nuovo. Tuttavia si deve anche maturare: le esperienze aumentano il nostro bagaglio culturale proprio perché hanno un inizio e una fine, ma non ti scorderai di niente e soprattutto di nessuno. E ti ricorderai sempre e lo porterai sempre con te”.
Lorenzo, 18 anni
“La partecipazione a questo progetto mi ha portato via molto tempo che magari avrei potuto dedicare allo studio; ma credo che non c’è stato niente fino ad oggi che mi ha appassionato e incoraggiato così tanto come il ‘Crossing Paths’. E così tutto il tempo speso e trascorso insieme è diventato il miglior investimento di sempre. Niente mi è sembrato pesante o anche solo per una volta noioso. Tutto è stato unico e magico. È stato un onore poter incontrare e conoscere tante persone con tante opinioni diverse. Ognuna con la propria storia da raccontare e ognuna con un dono, un gesto gratuito o un semplice sorriso da poterti regalare. Senza chiederti niente in cambio. Non pensavo che il teatro potesse essere così importante x me. Tanto da sentirne la mancanza non appena finiva una lezione. Tanto da aspettare con ansia il mercoledì successivo. Il teatro e questo progetto, mi hanno preso per mano e mi hanno fatta crescere, mi hanno colmato di valori profondi che prima non conoscevo, mi hanno fortificato e reso felice. Per questo voglio dire grazie a tutti e posso sperare che il nostro cammino continui.
Scusa x la lunghezza e gli errori grammaticali… ma le lacrime mi hanno fregato un’altra volta…”.
Carmela, 18 anni
“È stato un laboratorio fantastico, abbiamo creato un gruppo spettacolare dove malgrado le differenze l’unione di certo non mancava. Dubito fortemente che tra noi non ci sarà più nulla”.
Alice, 18 anni
“Per me partecipare a questo progetto ha significato soprattutto avvicinarmi e approfondire temi che mi sono sempre interessati ma che non ho mai potuto affrontare concretamente. Il tutto svolto in un ambiente stimolante e divertente con ragazzi come me ma così diversi da me, ognuno con la propria esperienza di vita da condividere. Non vedo l’ora di ricominciare!”.
Martina, 20 anni
“E’ stata dura ma gratificante… il teatro ha la capacità di unire delle persone totalmente differenti fra loro, e ha anche la capacità di smuovere le coscienze, sia degli attori che degli spettatori. Mi sento di dire che ora, dopo tutto questo, sono più libero di prima”.
Francesco, 21 anni