Le debolezze del Cyrano de Popolizio

Massimo Popolizio in Cyrano de Bergerac (photo: teatrodiroma.net)
Massimo Popolizio in Cyrano de Bergerac (photo: teatrodiroma.net)
Massimo Popolizio in Cyrano de Bergerac (photo: teatrodiroma.net)

Mi riprometto, almeno una volta all’anno, di andare a teatro a vedere uno spettacolo che potrei definire “classico”. Mi riprometto di non farmi sopraffare dal pregiudizio che ho nei confronti di queste produzioni: parto sempre dal presupposto che esiste e funziona anche questo genere di teatro e non lo devo snobbare (almeno una volta l’anno). Così mi imbottisco di antistaminici per vincere l’allergia che mi ha portato ad allontanarmi “dal genere”.

Quest’anno ho scelto il “Cyrano De Bergerac” con Massimo Popolizio, regia di Daniele Abbado (figlio del maestro).
Tutti conoscono la storia di Cyrano, scritta da Rostand alla fine dell’800. Il protagonista, famoso per il suo grande naso, è un abile spadaccino e ancor più un illustre poeta, un uomo libero che non vuol esser protetto da nessuno e per questo le sue opere non vengono rappresentate, ma anzi, messe in scena da Molière come fossero proprie.

Cyrano ama da sempre Rossana, sua cugina, donna bellissima e molto intelligente, innamorata a sua volta di uno dei cadetti sotto la guida di Cyrano, tal Cristiano, bellissimo, ma poco abile ai versi, particolarità che non gli farebbe mai conquistare Rossana se non intervenisse Cyrano a dar voce ai suoi sentimenti. A causa di un altro spasimante della donna, il Conte De Guiche, i due pretendenti vengono mandati in guerra, e qui perderà la vita Cristiano. Vinta dal dolore, Rossana si ritira in un convento dove passerà il resto della vita, mentre il cugino le farà visita ogni settimana, allietandola con i suoi versi e mantenendo il suo amore segreto fino in punto di morte.

La particolarità dell’allestimento di Daniele Abbado, o più probabilmente dell’interpretazione di Massimo Popolizio, è quella di dare a Cyrano una veste anche grottesca, svestendolo della durezza che ha caratterizzato il personaggio in altre memorabili interpretazioni. Cyrano ci mostra quindi da subito la sua debolezza: appare a volte goffo, impacciato, sopraffatto dall’amore per Rossana. Gigioneggia, ecco, ma la sensazione è che sia Popolizio a sfondare il limite del personaggio e a giocare con il pubblico, il che non è male di per sé, ma ad infastidire è l’impressione che il testo sia solo una scusa per manifestare la propria abilità.

Per il resto non c’è molto da dire, la regia se c’è non si vede, gli altri attori non emergono, ci sembrano più delle funzioni a servizio del protagonista, con una Rossana sbagliata e un Cristiano che fatica a farsi spazio sul palcoscenico.

Cyrano de Bergerac
di Edmond Rostand
regia: Daniele Abbado
con: Massimo Popolizio, Viola Pornaro, Luca Bastianello, Dario Cantarelli, Stefano Alessandroni, Giovanni Battaglia, Andrea Gherpelli, Marco Maccieri, Carlotta Viscovo, Elisabetta Piccolomini, Luca Campanella, Mauro Santopietro, Roberto Baldassari, Simone Ciampi, Flavio Francucci, Davide Lora
scene e costumi: Graziano Gregori
costumi: Carla Teti
suono: Hubert Westkemper
luci: Angelo Linzalata
coreografie: Simona Bucci
regista assistente: Boris Stetka
maestro d’armi: Francesco Manetti
assistente maestro d’armi: Valentina Calandriello
durata: 2 h 20′
applausi del pubblico: 2’ 15”

Visto a Rimini, Teatro Novelli, il 15 febbraio 2010

4 Comments

  1. says: g.

    concordo, con un Popolizio che trova in questa interpretazione del Cyrano un gioco interpretativo adeguato alle sue corde, mentre tutto il resto è inconsistente

  2. says: kiara

    cara Paola, non credo di essere gravata dal pregiudizio, anzi come ho scritto mi sono resa obiettiva e oggettiva. So di esserlo perché conosco il teatro e mi son data dei criteri ben precisi per valutare lo spettacolo: Popolizio è bravo, questo si sa, si vede, e lo scrivo, ma non basta. Intorno a lui tutto il resto manca o barcolla. Se poi questo è un problema generale del teatro classico italiano a me non interessa, io giudico e scrivo quello che vedo. Il fatto che in giro ci sian cose ben peggiori non può assolutamente variare il mio giudizio su Cyrano, Abbado e Popolizio, anzi può solo allontanarmi sempre di più da questo genere di spettacoli.
    kiara

  3. says: Paola

    A me invece sembra un giudizio un po’ troppo severo, un po’ troppo gravato di pregiudizi. Soprattutto se paragonato ad altre recensioni di produzioni che sono tutto sommato equiparabili ma, a differenza di questo Cyrano che è etichettato come (e probabilmente rivendica l’etichetta di) “versione classica”, si fregiano indebitamente dell’etichetta di “versione originale di”. Forse se tu tornassi a frequentare il genere un po’ più spesso che una volta all’anno ti renderesti conto che la qualità media è molto ma molto peggiore, tra produzioni ugualmente blasonate e finanziate. Popolizio gigioneggerà anche, lo spettacolo sarà anche tutto piegato all’unico scopo di mettere in mostra la sua abilità, ma possiamo dire che in questo caso se lo possono pure permettere? Quante produzioni vediamo che sono tutte costruite solo per poter fare il massimo sfoggio di presunte abilità registiche o attoriali in realtà del tutto inesistenti? La stragrande maggioranza, direi. La presunzione infastidisce sempre, ma mai come quanto è immotivata – e qui non lo è. Casomai il vero problema è quello dei criteri di distribuzione dei blasoni e dei finanziamenti e delle opportunità, che in un mondo ideale piacerebbe non vedere assegnati, da una generazione all’altra, sempre agli stessi cognomi e alle stesse dinastie di sangue o di scuola, con l’eterno criterio italiota dei due pesi e delle due misure: piena fiducia a scatola chiusa e fin dalle fasce agli uni, opportunità centellinate e sempre concesse in eterna prova agli altri.

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