Donne che sognarono cavalli. Il ritratto di famiglia di Veronese e Rustioni

Photo: elfo.org
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La famiglia: riporta la drammaturgia su un tema fondante del teatro, contemporaneo e non solo, “Donne che sognarono cavalli” di Daniel Veronese, qui nell’adattamento e regia di Roberto Rustioni.
Siamo nel tinello di una casa composta da scatole di cartone a restituirne precarie pareti. Lo spazio è piccolo e angusto, tanto da occupare solo una porzione della scena della sala dell’Elfo Puccini di Milano: una piccola stanza a ricreare una condizione asfissiante, da cui si vorrebbe fuggire.
A marcare la ristrettezza spaziale è anche il numero dei personaggi che affollano l’ambiente.
Si attende di consumare la cena in una tavola di famiglia. Ma i piatti non arriveranno mai.
Attorno al tavolo sono seduti tre fratelli: Ivan (Paolo Faroni), Rainer (Fabrizio Lombardo) e Roger (Valentino Mannias); e le rispettive compagne: Lucera (Valeria Angelozzi), Ulrica (Michela Atzeni) e Bettina (Maria Pilar Perez Aspa).

Quella che potrebbe sembrare una rimpatriata lascerà invece emergere fin da subito i problemi e le ossessioni dei singoli, che si raccontano, noncuranti del pubblico. Solo Lucera arriverà a sfondare la quarta parete, illuminata da un occhio di bue che la trasforma in narratrice delle proprie ansie, della propria bulimia, del passato torbido che la insegue. I suoi genitori sono spariti quando era molto piccola, riferimento al periodo argentino dei “desaparecidos” ma non solo.
Ivan è assillato dalla paura di perdere l’amore di Lucera. Rainer ha chiuso l’azienda di famiglia e porta il peso di questo segreto. Ulrica, presa dalla propria vanità, fa la civetta con i cognati, scatenando l’ira del compagno. Roger, che sembra sempre un po’ in disparte, rivelerà un’indole violenta verso Bettina, donna matura e mite, che pare la madre del gruppo.
Ognuno si avviluppa nelle rispettive nevrosi, riversando le proprie ire sugli altri, senza essere ascoltato. Tutti agiscono per un egoistico dolore in una parabola ascendente di liti che verrà interrotta solo da una decisione definitiva di Lucera.

In tutto lo spettacolo è continuo il riferimento all’immagine del cavallo, da cui il titolo dello spettacolo, che lega in qualche modo misterioso le tre donne. Ulrica sta lavorando a una sceneggiatura in cui compaiono cavalli, Bettina è tormentata per la morte del pony regalatole dal cognato Rainer e ucciso da Roger in circostanze losche, Lucera ricorda che a portarsi via i genitori furono dei cavalli. Gli stessi tre fratelli potrebbero essere quei cavalli sognati dalle donne, stalloni imbizzarriti che corrono verso un futuro che non riescono a raggiungere.

Roberto Rustioni orchestra una regia precisa e incalzante. I sei attori creano un ritmo scorrevole e fluido, anche se talvolta troppo regolare. L’abilità corale sta nel restituire il clima realistico di una riunione familiare – tra risate, bagordi e discussioni. Solo la Atzeni risulta un po’ troppo impostata, benché si allinei con il suo ruolo da vamp fatale.

La scrittura enigmatica del testo, opera di uno dei drammaturghi più quotati della sua generazione, procede comunque affiatata sino alla fine, senza però un punto conclusivo, che sia risolutore o interrogativo. Lo stesso regista lo definisce un testo volutamente ambiguo, con una struttura indeterminata.
“Donne che sognarono cavalli” disegna l’istantanea di una famiglia contemporanea, tra crisi economica, violenza, difficoltà di rimanere incinta e una relazione con una donna più grande. I temi però restano un accenno, quasi un pretesto per affrontare, come afferma l’autore, “tutti questi sentimenti censurati e amorali che spesso non ci è permesso di esprimere”.

DONNE CHE SOGNARONO CAVALLI
di Daniel Veronese
adattamento e regia Roberto Ustioni
scene e costumi Sabrina Cuccu
con Valeria Angelozzi, Maria Pilar Perez Aspa, Michela Atzeni, Paolo Faroni, Fabrizio Lombardo, Valentino Mannias
luci Matteo Zanda
produzione Fattore K, Sardegna Teatro, Festival delle Colline torinesi con il sostegno di Fondazione Olinda Teatro La Cucina

durata: 1h 20’
applausi del pubblico: 1’ 40’’

Visto a Milano, Teatro Elfo Puccini, il 19 maggio 2018

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