A rompere questa imbarazzante dinamica ci ha pensato Antonino Varvarà, regista della compagnia Questa Nave di Marghera, trasformando l’ascensore del centro commerciale Le Barche di Mestre, dopo l’orario di chiusura, in un piccolo ed efficace palcoscenico per un numero ristretto di spettatori.
L’ascensore teatrale parte dal piano terra. Capienza massima sei persone a spettacolo. Poi sale e lascia spazio all’inatteso.
Il viaggio lungo i sei piani dell’edificio è leggero, malizioso, originale, a volte ironico. Una sorta di partitura musicale. Ad ogni piano una nota diversa, impensata.
Dal “Vaso di Pandora” – così si chiama lo spettacolo – viene liberata la poesia e cucita nei panni di personaggi comuni, che entrano ed escono dall’ascensore.
Il verso poetico più fantasioso, pessimista, o romantico di Emily Dickinson, di Piero Jahier, dello stesso Varvarà, o di Pessoa restituisce identità a sfuggevoli presenze, ne dipinge o fotografa dettagli, ne astrae i pensieri. Un incontro e scambio reciproco. Perché, a sua volta, la poesia acquista, nella fisicità e nelle azioni dei personaggi, immediatezza e forza.
A condurre il gioco sono undici giovani attori: Andrea Baratto, Cristina Cervesato, Barbara Marchiori, Maddalena Motta, Tommaso Puppola, Angela Reina, Andrea Sanutari, Eleonora Scarpa, Martina Vettorello, Barbara Vianello e Mariarosa Vio. Parlano la poesia, non la declamano e non la raccontano. Riescono a gestire quasi del tutto l’emozione di un incontro così ravvicinato con il pubblico, riuscendo nel frangente di qualche secondo a stabilire una relazione, proprio in quello spazio dove solitamente si rifugge. Poco più di dieci minuti (un tempo infinito in un contesto normale) di continua sorpresa, dal ritmo impeccabile.
Sarà quindi una delle tante casalinghe che rientra con la spesa a far conoscere la coerenza de “La cipolla” di Wistawa Szymborska, prima di sbriciolarla sul fuoco: “Lei così ben riuscita mentre a noi rimane negata l’idiozia della perfezione”. E mentre un giovanotto un po’ naif, con la sua originale e spettacolare animazione costruita al computer, disegna “La gioia di scrivere” sempre della Szymborska, due fidanzatini alle prese con uno dei tanti litigi renderanno attuale “Becchin’, amor” di Cecco Angiolieri. E ancora una passeggera giuliva ricorderà a tutti che il pensiero induce alla sofferenza e quindi al presagio di morte, “La differenza” (di Gozzano) tra l’oca e l’uomo consiste nel fatto che: “L’essere cucinato non è triste, triste è il pensar di esser cucinato”.
Ma sarà l’ultimo inaspettato passeggero a sorprendere veramente tutti, e a rendere ancor più calibrato il sottile gioco tra teatro e poesia. Che sia al piano terra o al sesto piano, come ogni buon teatrante, anche il poeta è un ottimo fingitore: “Finge così completamente, da fingere che è dolore, il dolore che davvero sente”. (Autopsicografia di Pessoa)
Il vaso di Pandora. Ovvero incursioni poetiche di individui per ascensore in movimento
regia di Antonino Varvarà
con: Andrea Baratto, Cristina Cervesato, Barbara Marchiori, Maddalena Motta, Tommaso Puppola, Angela Reina, Andrea Sanutari, Eleonora Scarpa, Martina Vettorello, Barbara Vianello, Mariarosa Vio
durata: 15 minuti circa
Visto a Mestre-Venezia, Centro commerciale Le Barche, il 29 marzo 2012