Isabella’s Room di Jan Lauwers & Needcompany. Visto a Venezia, Teatro alle Tese, l’11 ottobre 2011 nell’ambito della Biennale Teatro
Due protagonisti della scena contemporanea, entrambi fiamminghi di Anversa, ed entrambi alla testa di compagnie multiculturali e poliglotte: a loro è stata dedicata una delle serate della Biennale Teatro conclusasi domenica scorsa.
Jan Fabre/Troubleyn, al Teatro Piccolo Arsenale, ha presentato la sua ultima creazione “Prometheus – Landscape II” (coprodotto dalla Biennale insieme ad altri festival e teatri europei), e Jan Lauwers/Needcompany, al Teatro alle Tese, ha presentato il pluripremiato “Isabella’s room”, spettacolo che ha debuttato nel 2004, ma che in Italia ha fatto solo un’apparizione nell’edizione 2005 di Torinodanza.
Due spettacoli che non potrebbero essere più diversi, come del resto sono diversi i linguaggi e le poetiche dei due artisti: tanto il Prometeo di Fabre appare cupo, violento e senza speranza, autentico prodotto della crisi che stiamo vivendo, tanto “Isabella’s room” è solare e coinvolgente, sebbene narri una storia drammatica.
Racconteremo qui il secondo, che ha suscitato in chi scrive un’immediata empatia.
La stanza di Isabella non ha pareti, è un grande spazio aperto e illuminato. Su tre grandi tavoli, come nel deposito di un museo etnografico o in una wunderkammer coloniale, sono affastellati oggetti esotici di varie epoche e provenienze : maschere e feticci africani, statuette e animali mummificati dell’antico Egitto, quello che sembra un corno di rinoceronte (ma si rivelerà poi un pene di balena pietrificato).
A svelarci l’origine dei cimeli è lo stesso Jan Lauwers, che entra in scena insieme agli interpreti dello spettacolo, mentre gli ultimi spettatori stanno ancora prendendo posto: si tratta di una piccola parte di una collezione di oltre 4000 pezzi appartenuta al padre, ereditata da Lauwers alla sua morte.
«Io voglio essere libero, possedere meno cose possibili» spiegherà poi Lauwers il giorno successivo, durante l’incontro con il pubblico. «Mio padre invece era ossessionato dalla sua collezione: quando ero piccolo non mi permetteva neppure di toccare questi oggetti. Ereditarli è stato molto imbarazzante per me: forse li ho messi su un palcoscenico per tentare di esorcizzarli».
Il regista, che resterà in scena per tutto lo spettacolo, prosegue presentando ad uno ad uno gli attori e i loro personaggi: prima fra tutti la straordinaria Viviane De Muynk che impersona Isabella, una donna di 94 anni ormai cieca, rintanata nella sua casa parigina dove la circondano strani oggetti esotici (guarda un po’, ereditati dal padre) e i ricordi di una vita decisamente tumultuosa. Poi i suoi genitori, Anna (Anneke Bonnema, che ha affiancato Lauwers nella scrittura del testo) e Arthur (Benoît Gob), il suo amante Alexander (Hans Petter Dahl), il nipote Frank (Maarten Seghers), e quattro danzatori-narratori che impersonano l’emisfero destro e sinistro del cervello della protagonista e le sue zone erogene (!).
Isabella – personaggio creato su misura per la De Muynk – è una donna passionale, generosa e indipendente, che rifiuta sopra ogni cosa la menzogna. La sua storia si dipana attraverso il Novecento come una telenovela eccessiva e surreale, infilando abbandoni, guerre, lutti, amori travolgenti e terribili rivelazioni. Ma nonostante sia costruita su un orribile segreto ed evochi continuamente ricordi dolorosi, la narrazione procede con leggerezza e ironia, scandita da danze e canzoni – le musiche sono di Hans Petter Dahl e Maarten Seghers – che fanno della scena un luogo pluricentrico e allegramente caotico, in cui gli interpreti recitano, cantano, suonano e danzano. Narratori e personaggi, vivi e morti – sotto forma di fantasmi poco concilianti – , testo e musica, persone e oggetti, dialogano continuamente tra loro e con il pubblico, travolgendolo in un vortice di energia pura.
Lauwers ha affermato di aver creato questo spettacolo per uscire da un periodo cupo: sul piano politico il post 11 settembre, sul piano personale la morte del padre. E se da un lato “Isabella’s room” è evidentemente un tentativo di venire a patti con la figura del padre (quello desiderato e quello reale), dall’altro è un potente inno alla vita all’amore. Basti pensare che a 69 anni l’indomita protagonista, che nella sua vita ha già collezionato una discreta serie di amanti, ritrova la felicità grazie a una relazione appassionata con il proprio giovanissimo nipote. E qui Lauwers non risparmia effusioni molto esplicite tra Isabella/De Muynck e Frank/Seghers, facendo inevitabilmente riflettere su quanto sia sovversivo rappresentare il sesso tra un uomo giovane e una donna anziana, che per di più sono nonna e nipote (e in effetti oltreoceano questa parte della storia, insieme ad assurde accuse di razzismo, frutto di una concezione distorta del politically correct o semplicemente di ottusità, sono costati allo spettacolo un po’ di ostracismo).
Alla fine, cieca, senza più un soldo e sola con i suoi ricordi, Isabella deciderà, sebbene a malincuore, di vendere su ebay i suoi cimeli. Unica consolazione, rifugiarsi nella favola che i genitori le raccontavano da piccola e sognare il misterioso “principe del deserto”, il padre meraviglioso che tutti avremmo voluto.
Isabella’s Room
di Jan Lauwers & Needcompany
testi: Jan Lauwers, tranne “The Liar’s Monologue” scritto da Anneke Bonnema
con: Viviane De Muynck (Isabella), Anneke Bonnema (Anna), Benoît Gob (Arthur), Hans Petter Dahl (Alexander), Maarten Seghers (Frank), Julien Faure (The Desert Prince), Yumiko Funaya (Sister Joy), Sung-Im Her (Sister Bad), Misha Downey (Narrator)
musica: Hans Petter Dahl, Maarten Seghers
testi delle canzoni: Jan Lauwers, Anneke Bonnema
danza: Julien Faure, Ludde Hagberg, Tijen Lawton, Louise Peterhoff
costumi: Lemm&Barkey
scene: Jan Lauwers
luci: Jan Lauwers
suono: Dré Schneider
produzione: Needcompany
in coproduzione con: Festival d’Avignon, Théâtre de la Ville (Paris), Théâtre Garonne (Toulouse), La Rose des Vents (Scène Nationale de Villeneuve d’Ascq), Brooklyn Academy of Music (New York), welt in basel theaterfestival
con la collaborazione di Kaaitheater (Brussels)
con il supporto delle Istituzioni Fiamminghe
durata: 2h 30′
Visto a Venezia, Teatro alle Tese, l’11 ottobre 2011