
E’ possibile unire insieme lingua piemontese e poesia all’interno di uno spettacolo teatrale?
Questo l’obiettivo di Marco Gobetti nel suo spettacolo “L’anciove’ sota sal” (l’acciugaio sotto sale), presentato nell’ambito della manifestazione torinese Dialoghi sul teatro contemporaneo nelle lingue del Piemonte, un appuntamento dedicato alle Lingue Storiche del Piemonte e alla loro implicazione nel teatro contemporaneo, in collaborazione con l’Istituto per i Beni Marionettistici e il Teatro Popolare.
Piemontese lingua dimenticata? Forse. Nonostante importanti origini, che la definiscono non ‘dialetto’ ma ‘lingua’, riconosciuta fra le lingue minoritarie europee fin dal 1981 e censita dall’Unesco tra quelle meritevoli di tutela. Eppure le lingue evolvono e crescono (o decrescono) insieme alla società. Sono specchio del nostro tempo. In altre regioni i dialetti sono ancora usati tutti i giorni, anche tra i giovani. Nel Piemonte metropolitano è un dato di fatto che non sia così, e viene forse mantenuto, tra i giovani, solo in poche zone. Ma il recupero del piemontese o dei dialetti non può essere imposto, semmai dovrebbe nascere dalla reale esigenza di comunicare ancora con questa lingua.
Relegato abitualmente – a teatro – alle sole commedie, il piemontese dà voce questa volta ad un personaggio poetico, un uomo che sogna e ci fa sognare, anche in mezzo alle difficoltà di comprensione.
Sul palco della Casa del Teatro Ragazzi e Giovani di Torino, la scena è delimitata da un quadrato bianco di sale, un barile nel centro, una vanga a lato. Musiche e luci iniziali evocano il notiziario o la trasmissione televisiva che ci porta nelle case questo strano caso di vita.
Ma prima una premessa: chi erano gli acciugai? Tipici della Valle Maira cuneese, a fine estate, terminati i lavori nei campi o i pascoli in altura, scendevano a valle per vendere acciughe e pesce conservato. Non prima di aver fatto tappa nella vicina Liguria per comprare la merce. Sull’origine del fenomeno sono molte le ipotesi, destinate peraltro a rimanere tali. I più ritengono che tutto sia nato dal commercio del sale, sul quale gravavano alti dazi: qualcuno più astuto pensò di riempire in parte le botti di sale ponendovi sopra uno strato di acciughe salate, per occultare la reale merce agli occhi dei gabellieri.
Allo scoprire, poi, che la vendita di quelle acciughe procurava ugualmente un buon guadagno, iniziarono a dedicarsi al nuovo commercio, meno rischioso…
Ecco allora “l’anciové” presentato da Marco Gobetti, burattino dai grandi occhi nato dalle magiche mani di Andrea Rugolo.
Ed anche la sua storia: l’uomo, una notte, sogna di essere un venditore di acciughe, finito nel barile sotto sale insieme alle sue stesse acciughe. Quel sogno gli cambia la vita.
Al risveglio rimane sotto pelle lo sfrigolio del sale, come vermi che strisciano lungo il corpo, circolando dalla testa ai piedi; un pizzicore che diventa, come per magia, bisogno e desiderio di comunicare. Da qui il suo nuovo viaggio, alla riscoperta degli altri e di se stesso. Una nuova voglia di ridere e di essere vivo.
Parte l’acciugaio, con il suo carretto carico del barile e di nuove parole. Parte per girare le piazze urlando il suo messaggio: “Un euro e cinquanta per due grissini e un’acciuga! Chi vuol comprare il buonumore!?”.
Ora nemmeno il suo nome non ha più importanza, bastano il barile pieno di sale e acciughe ed un cappello per le monete. “Il mio nome è libertà“.
Una libertà che respiriamo con timore mentre scorrono i primi articoli della nostra Costituzione, dal primo al dodicesimo, a ricordarci pari dignità, diritti e doveri.
Dallo sguardo, non solo dalle parole dette, si riconosce il desiderio di comunicare.
Così l’acciugaio lascerà ad un altro uomo come lui il suo carretto e la sua eredità, per compiere l’ultima tappa del viaggio verso se stesso. Un viaggio a piedi nudi per sentire la sua terra, per raggiungere gli “altri”, per spogliarsi di tutto e stringersi le mani in un saluto, in un addio, forse, ma sereno.
Cosa ci serve davvero per essere in pace ?
All’anciovè ora non serve più nulla… basta il profumo delle acciughe, anche poche, anche una sola.
L’ANCIOVE’ SOTA SAL
testo e recitazione: Marco Gobetti
direzione: Anna Delfina Arcostanzo, Marco Gobetti
disegno luci: Simona Gallo
allestimento tecnico: Simona Gallo, Lisa Guerini
burattino: Andrea Rugolo
musiche: Fabio Viana
scene e costumi: Compagnia Marco Gobetti
durata: 40’
applausi del pubblico: 1′ 30”
Visto a Torino, Casa del Teatro Ragazzi e Giovani, il 14 giugno 2011