L’Eichmann di Stefano Massini, indagine sul Male con pochi chiaroscuri

Ottava Piccolo e Paolo Pierobon (photo: Tommaso Le Pera)
Ottava Piccolo e Paolo Pierobon (photo: Tommaso Le Pera)

In scena Ottavia Piccolo e Paolo Pierobon diretti da Mauro Avogadro

Spaventosamente normale. Questo era Adolf Eichmann (1906-1962), l’artefice della Soluzione Finale, il contabile della morte, che negli anni del Terzo Reich prima si occupò di espellere gli ebrei da Vienna e Berlino, poi procurò di confinarli nei ghetti, infine organizzò i loro trasferimenti verso le camere a gas.
Sfuggito al processo di Norimberga, Eichmann riparò in Argentina. Qui fu catturato nel 1960 dai servizi segreti del Mossad. Condotto a Gerusalemme, fu processato e condannato a morte per impiccagione.

“Eichmann. Dove inizia la notte” è l’atto unico che Stefano Massini porta in prima nazionale al Piccolo Teatro Grassi, per la regia di Mauro Avogadro. Lo spettacolo, prodotto dal Teatro Stabile di Bolzano e dallo Stabile del Veneto, sarà in scena a Milano fino al 6 marzo.

Di fronte ad Eichmann, interpretato dal premio Ubu Paolo Pierobon, in un tormentato dialogo immaginario c’è Hannah Arendt (1906-1975), la pensatrice ebrea cui dà corpo e voce la sempre affidabile Ottavia Piccolo. Arendt si occupò del caso del funzionario nazista proprio durante il processo.

È uno spazio scenico tetro, squadrato, sgualcito, quello costruito da Marco Rossi: sordo come le sale del potere, grigio come le aule dei tribunali. Una scrivania austera. Dei gradini, a creare tre diversi livelli d’altezza e di gerarchia. Sedie disseminate sulla scena: scranni da cui comandare o ricevere ordini, banchi per la deposizione, poltrone dell’analista. Luci da scantinato. Rumori sordi, tonfi, fragori: le musiche di Gioacchino Balistreri estemporanee, volatili, non hanno nulla di rassicurante.
Divisa militare per Eichmann, abito grigio e camicia bianca per Arendt. Che cerca di scandagliare pensieri, parole, paure, opere, omissioni e sensi di colpa del suo avversario. Ma la verità su Eichmann, architetto della deportazione, era e resta operazione velleitaria, dall’esito normalmente deludente.

Siamo tutti Hannah Arendt quando osserviamo un assassino. Ingannati dalle teorie lombrosiane, ci aspetteremmo di scorgere tratti somatici alla Hannibal Lecter. Invece sbattiamo inesorabilmente contro la «banalità del male», l’incoscienza che nasce dalla rimozione, dalla spersonalizzazione, dal distacco dagli atti malvagi che siamo capaci di compiere.
Quelle della Arendt sono domande che ci poniamo anche ora, dopo l’attacco sferrato da Putin all’Ucraina. Ma Putin lo conosciamo, incarnazione di un male latente che episodicamente viene allo scoperto, per esempio nelle repressioni in Cecenia o attraverso l’omicidio di giornalisti liberi come Anna Politkovskaja (protagonista di un altro testo di Massini, interpretato proprio da Ottavia Piccolo).

Qui, in “Eichmann. Dove inizia la notte”, non abbiamo guizzi. Chi si aspettasse un approfondimento dei personaggi, una penetrazione nelle dinamiche psicologiche che portano alla scelta del male, resterebbe deluso. Quella tra Arendt ed Eichmann è un’istruttoria sterile, stanca. Domande ovvie, risposte lapalissiane. Niente che non sapessimo già.
Negli archivi della Storia, le uniche immagini reali di Eichmann sono quelle del processo a Gerusalemme. Vi troviamo un ultracinquantenne stempiato, in giacca e cravatta, con gli occhiali da contabile, formalmente gentile, che si rivolge al giudice chiamandolo «signor presidente». Si alza, saluta, risponde, s’inchina, si siede. Non nega la Shoah. Non la sminuisce. Alleggerisce le proprie colpe addossandole a Hitler. Era un mero burocrate, arrivista, esecutore d’ordini, che mirava a fare carriera e a sedere al tavolo dei “grandi” vicinissimi al Führer.

Nello spettacolo, solo in una scena Eichmann inforca gli occhiali. Troviamo un personaggio diverso da quello immortalato dalle telecamere del processo. Senza mai essere troppo insolente o volgare, il personaggio interpretato da Pierobon è più calcolatore, ironico, fiero, cinico. Una sorta di compromesso, insomma, tra il lupo con artigli e denti aguzzi che arriva dall’immaginario delle favole, e l’agnello addomesticato dietro la vetrata del tribunale consegnato dai filmati d’archivio. La sua biografia ha la sapidità del bigino, una sintesi divulgativa che nasce dal libro della Arendt, dagli atti processuali, forse da qualche voce su Wikipedia.

Anche la figura di Hannah Arendt è irrisolta, poco rifinita. Ottavia Piccolo prova a dare spessore a un personaggio privo di complessità, distante dalla ricchezza luminescente della filosofa, finendo col farsi risucchiare dalla mediocrità del suo antagonista.
Lo spettacolo, mettendo allo specchio la banalità del male e la banalità del bene, riesce se non altro a mettere all’angolo lo spettatore, più consapevole della propria fragilità, di quel sottile crinale che separa viltà e dignità.
Semplicità. Non occorrono atti d’eroismo per scegliere la vita, la pace, e superare le ragioni di una libertà da intendere in senso esclusivamente “negativo”, cioè come tutela del singolo rispetto alle ingerenze della collettività. La questione ucraina, la pandemia, ci spingono a scongiurare il pericolo intravisto proprio da Hannah Arendt: il rischio che, nel trincerarsi degli individui in un involucro refrattario alla vita sociale, quest’ultima inaridisca fino all’autoannientamento. Frammentata in atomi tra loro scollegati, la società svigorisce. Si lascia manomettere. Il potere si consolida proprio sfruttando l’indifferenza dei cittadini. Hannah Arendt cercava un vaccino all’infiacchirsi dell’idea di comunità. Era persuasa che proprio l’impassibilità dei cittadini fosse il presupposto del totalitarismo moderno, ancora capace di affascinare i miserabili kapò alla Vladimir Putin.

EICHMANN. Dove inizia la notte
di Stefano Massini
con Ottavia Piccolo e Paolo Pierobon
regia Mauro Avogadro
scene Marco Rossi
costumi Giovanna Buzzi
musiche Gioacchino Balistreri
luci Michelangelo Vitullo
produzione Teatro Stabile di Bolzano / Teatro Stabile del Veneto

durata: 1h 25’
applausi del pubblico: 3’

Visto a Milano, Piccolo Teatro Grassi, il 24 febbraio 2022
Prima nazionale

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