Meridiani Perduti nella Stanza di Agnese: Paolo Borsellino raccontato dalla moglie

Photo: Mimmo Greco
Photo: Mimmo Greco

Sara Bevilacqua interpreta Agnese Piraino Leto, la vedova Borsellino, nella Masseria Canali di Mesagne, ex feudo del boss Carlo Cantanna ora affidato a Libera

“Prima di giudicare una persona, cammina tre lune nelle sue scarpe” ammonisce un proverbio Sioux.
Prima ancora che Sara Bevilacqua salga sul palco per “La stanza di Agnese”, monologo in cui interpreta Agnese Piraino Leto, vedova di Paolo Borsellino, sono tante le suggestioni legate alla scenografia costruita dalla compagnia brindisina Meridiani Perduti. Decine di scarpe in scena: scarpe usate, logore; scarpe ben curate, custodite come nuove.
Le scarpe riconducono alle tante vittime di Cosa Nostra. Personaggi famosi e nomi meno noti, elencati a intervalli da una voce fuori campo: politici, giornalisti, giuristi. Uomini e donne delle forze dell’ordine, orfani di uno Stato indifferente o colluso.
Dimmi che scarpe indossi e ti dirò chi sei. Il giudice Paolo Borsellino, ucciso dalla mafia il 19 luglio 1992, le scarpe le consumava fino a renderle lise, battendo Palermo a palmo a palmo per le sue inchieste che tracimavano in tutta la Sicilia. Borsellino era credibile persino per i mafiosi, con cui si dava del tu e condivideva ogni sfumatura del dialetto.
Sono invece eleganti le scarpe di Sara Bevilacqua, che in tailleur Chanel bianco e nero classico, a riquadri, scandisce il tempo dei pensieri e dei ricordi di Agnese. Un drappo rosso signorile, al centro della scena, cala dall’alto davanti a un divanetto panchetta portatelefono.

Un’atmosfera senza un tempo preciso. Agnese racconta Paolo e se stessa. Storie lineari e ingarbugliate, create da associazioni mentali le cui trame albergano nei meandri della sua mente. Scene di vita familiare. Educazione scolastica e sentimentale. Il pubblico e il privato. I sogni e le paure. L’isolamento. La vita sotto scorta del magistrato e della famiglia. La libertà compromessa. L’adolescenza rubata ai figli Lucia, Manfredi e Fiammetta.
Dal racconto di Sara Bevilacqua emerge la levatura spirituale e morale dei protagonisti: l’entusiasmo, i sacrifici, le passioni e gli ideali. Di Paolo Borsellino colpiscono il sorriso fanciullesco, il senso dello Stato, la voglia di giocare in barba alle tortuosità della vita, la spavalderia anche davanti alla propria morte annunciata, la deontologia votata al martirio. Egli aveva la consapevolezza che il tempo che gli restava da vivere era troppo poco per essere sprecato. Per questo si svegliava tutte le mattine alle cinque: «per fregare il mondo con due ore d’anticipo».

Sottotraccia, in “La stanza di Agnese”, è presente ovunque la città di Palermo, capitale culturale, crocevia di popoli e storie. Ma c’è anche la storia sordida dei crimini di Cosa Nostra, delle cosche e delle stragi. E poi il pool, il maxiprocesso, e le ombre di uno Stato ambivalente. Infine, gli infiniti incroci con Giovanni Falcone.
Bevilacqua entra nei sentimenti e nei sogni di Agnese, quelli realizzati e quelli infranti. La drammaturgia di Osvaldo Capraro nasce da un’esplorazione meticolosa di scritti, video, interviste, dichiarazioni. I lavori di Meridiani Perduti scaturiscono da una conoscenza vivida e immediata delle persone e dei luoghi. Capraro, Bevilacqua e l’organizzatore Daniele Guarini si sono recati a Palermo lo scorso anno. Le figure di Paolo e Agnese (scomparsa nel 2013) sono ricostruite soprattutto grazie alle testimonianze dirette dei figli e di Salvatore, fratello di Paolo.

Nel monologo che a tratti assume l’aspetto di dialogo, l’inflessione palermitana ha tratti sfumati. L’accento di Agnese è velato, e asseconda il registro espressivo di una donna umile e raffinata dell’alta borghesia siciliana. Allo stesso modo, l’attrice brindisina dà spessore al parlato dei mafiosi, alla gente del popolo, raddoppiando e trascinando le consonanti, allungando le vocali, sempre attenta a evitare distorsioni da commedia dell’arte.
“La stanza di Agnese” è elegia di sguardi nostalgici e aria putrida di sangue e tritolo. È commozione in presa diretta: fatti, paure, gioie, dolori. Pezzi di vita, coniugati in prima persona, rilevati da luci senza orpelli disegnate da Paolo Mongelli a Masseria Canali, Mesagne – dove abbiamo assistito allo spettacolo – prima feudo del boss della Sacra Corona Carlo Cantanna, ora Centro Culturale affidato a Libera e alla cooperativa Terre di Puglia.

Il monologo, fortemente voluto dalla Scuola di Formazione “Antonino Caponnetto” presieduta da Nando Dalla Chiesa, con sedi a Brindisi e a Milano, è un esempio di teatro civile. Nel capoluogo lombardo lo spettacolo (ideale anche per le scuole secondarie) ha fatto tappa in Tribunale proprio il 18 luglio, alla vigilia del Trentennale di via D’Amelio, con grandi riscontri da parte di tanti colleghi che Borsellino lo avevano conosciuto e apprezzato personalmente.

LA STANZA DI AGNESE
Di e Con Sara Bevilacqua
Drammaturgia Osvaldo Capraro
Disegno Luci Paolo Mongelli
Video Mimmo Greco
Grafica Studio Clessidra
Organizzazione Daniele Guarini
Produzione Meridiani Perduti Teatro
Con il supporto di TRAC_Centro di residenza teatrale pugliese
Con il sostegno di Factory Compagnia Transadriatica

durata: 1h
applausi del pubblico: 3’

Visto in anteprima a Mesagne (BR), Masseria Canali, il 22 luglio 2022

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