L’invenzione della solitudine (misurata) di Battiston

Giuseppe Battiston
Giuseppe Battiston
Giuseppe Battiston, lunedì a Milano per presentare gli Ubu e domani a Udine
Si apprezza precipuamente la ‘misura’, ossia la capacità dello spettacolo di offrire, nella sua compattezza, niente di più e niente di meno di ciò che ci si aspetta, in una messinscena senza delusioni o sorprese: eccolo qua, servito fin da subito, il succo de “L’invenzione della solitudine”, andato in scena il 5 dicembre scorso al Teatro De Filippo di Cecina.

Il lavoro è costruito attorno a due elementi principali: un romanzo di successo di uno scrittore di successo – “L’invenzione della solitudine” di Paul Auster appunto –  e un bravo attore che ha riscosso e riscuote consensi in teatro (premio Ubu 2009) e al cinema (David di Donatello e Nastro d’Argento), Giuseppe Battiston.

Tali presupposti raramente generano insuccessi, e sembrano quasi fatti apposta per raccogliere gli scroscianti applausi di abbonati estasiati. A questi due elementi si aggiungano una grandiosa scenografia, un sapiente uso delle luci e le efficaci musiche di Stefano Bollani, nome certo non sconosciuto ai più.

Nel cuore narrativo de “L’invenzione” sta la morte improvvisa di un padre, un evento che dal nulla genera conseguenze inaspettate e costringe il protagonista a dover ripercorrere il passato di un padre estraneo e assente, insondabile, algido ed estraniato dal mondo da anni.
Il testo di Auster in molti tratti è vero, atroce e riesce ad essere – cosa rara – originale, capace com’è di cogliere squarci di realtà in situazioni che, nella nostra immaginazione ed esperienza, tendono ad essere stereotipate. Colpisce, ad esempio, il racconto della spartizione tra parenti degli oggetti domestici appartenuti al defunto.

Il discorso vale anche per la seconda parte del racconto, dove i ruoli si invertono e tocca al protagonista riflettere sulla sua esperienza di padre separato, sul rapporto col figlio Daniel, con la sua biografia e col suo essere scrittore.

Paul Auster, uno dei grandi della narrativa contemporanea, difficilmente perde l’occasione, nei suoi romanzi, di far emergere per cenni biografici il suo superfluo e non necessario narcisismo di scrittore.

Giuseppe Battiston in questo contesto fa il suo dovere, bilanciando mestiere e talento. L’unica cosa che possiamo definire debole è l’uso dello spazio, movimenti in scena che paiono un po’ ripetitivi e scontati, se non prevedibili, anche nell’interazione con gli elementi scenografici.

Ma, come detto in apertura, la misura è cosa assai apprezzabile, soprattutto di questi tempi. E a questa si somma la durata perfetta di 59 minuti a impedire che faccia capolino l’incubo di tutti i monologhi: la noia.
A Udine (al Teatro Contatto) domani, giovedì 12, e venerdì 13 dicembre, e poi sabato al Teatro Pasolini di Cervignano.

L’INVENZIONE DELLA SOLITUDINE
di Paul Auster
regia: Giorgio Gallione
con Giuseppe Battiston
scene e costumi: Guido Fiorato
musiche originali: Stefano Bollani
produzione: Teatro dell’Archivolto, Teatro Stabile di Genova

durata: 59′
applausi del pubblico: 2′ 50”

Visto a Cecina (LI), Teatro E. De Filippo, il 5 dicembre 2013


 

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