Sono diversi anni che qui e là, in Italia e fuori, troviamo ospiti di festival e rassegne sul teatro performativo i percorsi e gli studi di Antonella Cirigliano e di LIS Laboratorio dell’Immagine Sensoriale. Sono passati ormai quasi dieci anni dalle prime apparizioni ad Operaestate del 2002 e poi a Modena, per Vie, tre anni dopo; e da allora un po’ dappertutto, nel centro-nord Italia e anche in Svizzera, dove li avevamo incontrati con il loro lavoro sui tarocchi ispirato alla psicomagia di Jodorowsky.
LIS nasce dal singolare incontro di personalità femminili cresciute in ambiti disciplinari diversi, dal teatro alla danza alle arti visive, e ha incentrato fin dall’esordio la sua ricerca sulla costruzione di spazi scenici penetrabili e sull’interazione fra pubblico e attori. Gli spettacoli intrecciano testi, musica dal vivo, performance e citazioni pittoriche, cercando di realizzare una fruizione teatrale a più dimensioni. Sicuramente l’atto panico, il gesto simbolico estremo, il corpo che si fa decisione e coinvolge, in una sorta di catartico divenire, anche lo spettatore sono alcuni dei motivi fondanti la poetica di un gruppo artistico che con forza si proietta dentro l’indagine sul nostro vivere contemporaneo, ma andando a caccia dell’animalità, dell’ancestralità dei rapporti uomo-uomo e uomo-natura.
Era il caso appunto di “I fiori del tè“, di e con Antonella Cirigliano, Arianna Marano, Daria Tonzig per la regia di Cirigliano su testi di Gigi Gherzi, che fu ospite al festival Vie nel 2005. Un gioco di narrazione e di stimolazioni sensoriali che aveva a tema per l’appunto la Via del Tè, un omaggio alla letteratura ed alla cultura orientale dove il testo non commentava le immagini e le immagini non illustravano il testo.
La compagnia milanese, che con aromi e sapori sperimenta una fruizione teatrale a più dimensioni per comporre scenari attraverso i sensi, raccontare storie, animare rituali, ci aveva poi suggestionato con “Semi di Carta”, il lavoro sui tarocchi presentato a Lugano, che finiva con l’ingresso dello spettatore in un antro, una sorta di grembo materno all’interno di un grande e suggestivo spazio sospeso fra visioni alla Moebius e sensazioni magiche. Nella performance gesti, parole, sguardi, profumi sono orme di un passato che diventa anche il proprio passato.
Il tempo lento e sospeso degli spettacoli di LIS, lontano dal rumoroso stordimento di effetti speciali, vuole essere il primo silenzioso invito a lasciarsi trasportare, per un momento, dalla meravigliosa insensatezza delle cose.
A Bassano avevano già portato “GrappAlchemica”, un percorso per tutti e cinque i sensi che partiva dal giardino fino ai piani alti di Palazzo Bonaguro, in cui gli spettatori si muovevano, incontrando personaggi e situazioni che davano modo di vedere, ascoltare, toccare, annusare e assaporare un mondo impregnato degli aromi e del gusto prepotente della grappa. Nell’ultima edizione di Operaestate B-Motion, il progetto presentato (e a cui il video di oggi si riferisce) lavora sulle suggestioni dell’opera di Jacopo da Bassano e Shakespeare, per un’originale intersezione tra arte e teatro ambientato al museo civico. “Sogni: parole di Shakespeare immagini di Jacopo Bassano” è stato un momento a suo modo alto per i partecipanti al festival.Le grandi stanze vuote del museo civico, le copertine messe a disposizione dalla compagnia: tutti senza scarpe e ai piedi delle grandi tele del maestro Jacopo, mentre gli altoparlanti riportano sulle note di dialoghi shakespeariani, in un fine estate di luce filtrata dall’esterno, di incontri mancati, di vortici umani, anime in gabbia ed efebici suonatori di viola che ci accompagnano all’uscita… E’ stato un attimo intenso, di cui ci è piaciuto parlare con la regista, Antonella Cirigliano.