Marco Baliani: raccontare la Storia per riflettere. Videointervista

Marco Baliani
Marco Baliani

Incontriamo Marco Baliani in una pausa dalle prove del Decamerone all’Elfo di Milano; tra gli altri attori c’è con lui anche Stefano Accorsi, con il quale ha già portato in scena l’Orlando.
Ed è tra scenografie abbozzate e copioni sparsi che intavoliamo la nostra chiacchierata, in un luogo che sembra più la bottega di un artigiano, o la sede di una comunità di artisti che insieme sudano e faticano per raggiungere un traguardo.

Sono ormai lontani i tempi di Ruotalibera, quando il gruppo era composto da giovani attori, ma siamo anche molto distanti dai grandi riti degli anni Novanta, che vedevano un Baliani indiscusso timoniere di laboratori importanti in giro per il Nord Italia, da Bologna ad Alessandria, lasciandone traccia in spettacoli memorabili per il pubblico.

Eppure l’atmosfera è sempre la stessa, con quella determinazione che si fonda sull’attore-autore, rifuggendo dall’interpretazione fine a sé stessa per cercare qualcos’altro. Poco importa che oggi le sedi siano gli Stabili o i teatri d’opera, ad ospitarlo in produzioni che vanno dall’audiodramma (a cui abbiamo assistito ad ottobre scorso al FIT di Lugano), all’opera e alla narrazione.
Siamo lontani anche dal suo cavallo vincente, “Kohlhaas”, che, imperterrito, continua la sua galoppata nelle “terre di Germania” ormai dal 1989, e che ha già tagliato da un pezzo il nastro delle mille repliche.

Baliani si vuole allontanare anche da quello, soprattutto da quello, e gli torna il sorriso mentre ci confida che è finita l’epoca dell’attore solo in scena: una bella avventura che ha fatto il suo tempo.
Ma allora cosa resta? Abbiamo cercato di capirlo insieme, affrontando questioni grandi, cercando di ragionare ad esempio su come raccontare oggi la Storia a chi non l’ha vissuta e non la conosce.

Un cambiamento culturale che ha indebolito la forza del racconto politico pedagogico che lui stesso non ama proprio perché lo percepisce come derivazione di quel tanto abusato teatro di narrazione che poggia le sue basi tanto sul corpo quanto sulla parola. Una sorta di travisamento involontario, che ha eletto la parola come elemento predominante rispetto ad un corpo quasi totalmente assente.
E’ il suscitare domande, stimolare e provocare riflessioni l’intento che chi fa teatro dovrebbe ricercare, piuttosto che far emergere un’indignazione secondo Baliani inutile. Risposte e riflessioni sincere e dirette di un artista consapevole del suo tempo, pronto a cambiare, sperimentare, mettersi in gioco.

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