
Bergamo, Teatro Donizetti, inizio marzo. Marco Baliani affronta, in una tre giorni a lui dedicata, il meglio della sua produzione, partendo dal mitico “Kohlhaas”, passando per “Una questione di giustizia” e finendo con “Corpo di Stato”.
Dopo trent’anni di carriera, dopo aver “inventato” il teatro di narrazione, averlo fatto proprio, sputato e persino superato nell’idea di fondo e nella definizione (per non dire delle altre arti a cui si è dedicato in questo tempo), Baliani si racconta a Klp nei camerini di questo storico teatro, dove abbiamo incontrato altri interpreti storici del teatro italiano, come Massimo Popolizio.
Sarà l’atmosfera accogliente, le luci dall’intonazione calda che circondano gli specchi per il trucco, ma l’atmosfera qui si fa quasi sempre colloquiale; si entra in vena di confessioni, o di racconti che entrano in una dimensione personale, in un retrospettivo anteriore che guarda con sguardo equanime a passato e futuro.
E’ proprio quello che è successo mentre l’artista si preparava a presentare al pubblico orobico i due spettacoli simbolo e la sua ultima produzione.
La voce che si fa racconto e trasporta visioni, l’elemento visivo che fa da contrappeso a quello verbale, in un equilibrio saldo: è questo il centro dell’arte del buon narratore, e il luogo dove si gioca la maestria e la pratica ormai pluridecennale di Marco Baliani.
Il suo curriculum è lunghissimo, ma quello che sicuramente sorprenderebbe chi gli buttasse un occhio, oltre alla grande apertura verso ogni medium comunicativo, sarebbe sicuramente la sua vocazione alla “rivoluzione globale” per così dire, a quel sogno un po’ guevariano di portare la rivolta teatrale dappertutto.
A lui si devono, prima ancora che assumessero il canone dell’istituzionalità, i progetti di creazione del teatro dei Paesi del Mediterraneo, e le esperienze in Africa, precursore di quella che ora sta diventando persino una moda, riproponendo ovunque il nucleo della sua (po)etica: la giustizia. Giustizia intesa come tensione, come responsabilità individuale, come ricerca non della strada maestra, dell’ovvietà, ma dell’intreccio che rispecchia realmente la vita degli uomini, oltre la banale lettura manichea.
E in questo si converrà che la sua abilità nel narrare, anche dove immobile seduto sulla sedia, dà corpo al conflitto, non solo lotta dell’uomo contro l’uomo, ma anche dell’uomo con se stesso, scolpendo quella condizione permanente dell’esistenza che è tipica della ricerca delle possibili verità.
I suoi spettacoli, e sicuramente questi scelti per la stagione 2009/10 dal Teatro Donizetti, tracciano storie che hanno al centro il bisogno insaziabile, nell’uomo, di “un posto nel mondo dove sentirsi nel giusto, nel diritto”, secondo le parole di Michele Kohlhaas.
Ma questo equilibrio si può raggiungere? La forza interiore, quella di sfidare il destino, la paura e la vita, sono gli ingredienti delle scelte personali e del percorso di ognuno. Le sue scelte, le sue solitudini e le sue resistenze, Marco Baliani ce le racconta in questa videointervista.