
“Mistero Buffo” è l’opera teatrale più famosa di Dario Fo. Dario Fo è un grande maestro per moltissimi attori, e lo è anche per Paolo Rossi, che esordì a teatro proprio con lui nel 1978 in “Histoire du Soldat”.
“Mistero Buffo”, per chi non lo conoscesse, è un insieme di monologhi che descrivono alcuni episodi ad argomento biblico ispirati ai Vangeli apocrifi o a racconti popolari sulla vita di Gesù. Una particolarità del testo è la lingua usata, il grammelot, linguaggio inventato con parole e suoni onomatopeici presi da vari dialetti (per la maggior parte del nord Italia).
Paolo Rossi costruisce un “Mistero Buffo” in versione pop, ossia popolare, fatta con il pubblico e non per il pubblico, ed arricchita – come nella tradizione della commedia dell’arte – di aneddoti e riflessioni contemporanee.
Ecco così che il testo di Fo diventa, ancora una volta, pretesto per parlare dell’oggi con un’attualità disarmante. Dell’originale rimangono in sostanza solo due ‘giullarate’ (“La nascita del giullare” e “La resurrezione di Lazzaro”), ma intorno a queste Paolo Rossi costruisce uno spettacolo che è un grande omaggio a tutta l’opera, come i racconti di Gesù quando è bambino, già presenti, per chi lo ricorderà, in “Rabelais”.
Certo, il paragone con Dario Fo è pesante da sostenere; “Mistero Buffo” molti di noi l’hanno visto più e più volte, passato anche in televisione, e chiunque lo affronti fa bene a distaccarsene il più possibile per entrarci con il proprio bagaglio attoriale e con le caratteristiche del proprio personaggio teatrale. E’ quello che fa Rossi per la maggior parte del tempo, salvo poi scivolare in alcuni momenti delle ‘giullarate’, dove la presenza del maestro è ancora troppo ingombrante.
Se potessi azzardare un consiglio sarebbe proprio staccarsene ancora di più, reinventando persino la lingua, la cadenza, i termini, così da appropriarsene totalmente.
Toccante è il finale, la riflessione sulle responsabilità della Chiesa, su un Cristo che oggi sarebbe un bambino annegato nei pressi di Lampedusa, la crocefissione dell’immigrato scomodo, il paradosso di una religiosità che non c’entra niente con la carità cristiana: tematiche in fondo conosciute, ma che così riproposte fanno molto riflettere. E commuove quasi il saluto finale di Paolo Rossi, segno della croce e pugno alzato.
Consiglio: da non perdere.
IL MISTERO BUFFO DI DARIO FO (PS: nell’umile versione pop)
di e con Paolo Rossi
musiche composte ed eseguite dal vivo da Emanuele Dell’Aquila
regia: Carolina De La Calle Casanova
produzione: La Corte Ospitale – Compagnia del Teatro Popolare
durata: 1h 48′
applausi del pubblico: 3’ 15”
Visto a Cesena, Teatro Bonci, il 10 marzo 2010
Prima nazionale