Un’occasione per dare spazio al teatro autoprodotto. Pièce e monologhi nati a volte come spettacoli d’appartamento, legati dal filo rosso della sicilianità.
Si è aperta con successo la rassegna Palco Off – Autori, attori, storie di Sicilia, ospite quest’anno del Teatro Libero di Milano, che proseguirà fino a maggio 2016.
In tempi in cui gli spettatori latitano, non è cosa da poco assistere a una lunga coda per il biglietto prima di uno spettacolo, in una sera autunnale di pioggia.
Certo aiuta il fatto che gli eventi siano preceduti da una degustazione di prodotti tipici e dalla proiezione di videointerviste di uomini e donne siciliane che offrono il loro punto di vista su una regione dalle grandi risorse e dai grandi problemi.
È una Sicilia da condannare e assolvere. Un’isola in cui i “limoni gialli e belli sono come due gioielli”, eppure bisogna scapparne per sopravvivere. Tante contraddizioni, crisi senza scampo ed eroi che hanno scritto la storia: Falcone, Borsellino, Impastato, Puglisi. Storie di soprusi, rivalse e miserie ataviche. Terra di mafia e legalità.
Su questi contrasti si costruisce anche la drammaturgia raffinata di “Mutu” di Aldo Rapè, in scena con Gaspare Balsamo per la regia di Lauro Versari. Spettacolo che ha inaugurato la rassegna il 17 ottobre.
“Mutu” (in siciliano significa “zitto”) è spesso usato per intimare il silenzio.
La scena è cupa, spoglia, nascondiglio grigio e fumoso, tana arredata da un letto misero, cassette di legno adattate a mobilio, una radio d’epoca e un vestito elegante, che stride con la nudità dell’ambiente.
In questo ventre dell’anima si fronteggiano due fratelli: Saro e Salvuccio, uno mafioso, l’altro prete. Tra loro dieci anni di silenzio e distanza, vite e percorsi antitetici.
Da un lato Saro, la miseria umana e materiale, un luogo di cui percepiamo colori e umori, una vita di paese scandita da rituali precisi e arbitrata da uomini senza morale, la spavalderia di facciata per mascherare una profonda solitudine.
Dall’altro Salvuccio, che ha scelto talare, vita da missionario e soprattutto lucidità per scrutare dentro di sé e nella propria famiglia, senza lesinare accuse al padre mafioso.
I due si affrontano e si scontrano, facendosi portavoce l’uno delle istanze della mafia, l’altro di quelle della Chiesa. Scoprono, tra i ricordi del passato comune e i rimpianti di un’esistenza ai margini, una solitudine profonda, difficile da digerire. Il loro dialogo è un pretesto per parlare d’altro. La mafia, la politica, la miseria culturale e umana, la voglia di riscatto, sono i pretesti per rivelare un vuoto esistenziale lacerante.
Il racconto prende colore quando ricostruisce uno spaccato familiare di degrado. Pennellate di rosso colorano la confessione degli omicidi compiuti da Saro, finché il ritmo lento, costante per gran parte dello spettacolo, si scioglie in un crescendo drammaturgico, fino all’omicidio di don Pino Puglisi, di cui Salvuccio è venuto a prendere il posto.
La regia di Versari ci guida nella pancia della storia. Utilizza buio e silenzio come mezzi scenici. Indaga l’animo dei due fratelli squarciando, tra sarcasmo e abbandono, la solitudine che li avvolge. Fino alla rivelazione di ferite mai sanate e rimpianti in agguato, pronti a deflagrare.
Sul palco Gaspare Balsamo e Aldo Rapè, in stato di grazia, esaltano la drammaturgia raffinata, grazie anche al perfetto accento siciliano.
A chiudere l’opera sarà un atto d’amore estremo tra i due fratelli sulle note della “Tosca”: “L’ora è fuggita” dissolve il buio pesto, e dopo gli applausi, il pubblico può chiacchierare con gli attori.
Uno spettacolo di denuncia che è stato acclamato all’estero (ha vinto il Premio della Stampa come Migliore spettacolo straniero all’Avignone Off 2012 ed è stato finalista all’Italian Theatre Festival di New York nel 2014) ma che ha incontrato molte resistenze in Sicilia e in Italia.
MUTU
scritto e interpretato da Aldo Rapè
con Gaspare Balsamo e Aldo Rapè
regia di Lauro Versari,
produzione Prima Quinta
durata: 1h 30’
applausi del pubblico: 3’
Visto a Milano, Teatro Libero, il 17 ottobre 2015