A volte capitano strane e tragiche coincidenze teatrali. Succede per esempio che poche settimane dopo la morte, per mano di un giovane carabiniere, di un ragazzo di 17 anni colpevole di non essersi fermato ad un posto di blocco a Napoli, mentre l’Italia si divide tra difensori strenui della divisa e chi reclama giustizia per le vittime degli abusi da parte delle forze dell’ordine, a Milano vada in scena uno spettacolo coraggiosamente schierato: antimilitarista, antifascista, antitotalitarista.
Si tratta di “Nunca Màs. Gente che scompare”, frutto di un lavoro di drammaturgia collettiva della compagnia milanese Fenice dei Rifiuti, secondo capitolo del progetto “Trittico dell’Invisibile”.
Lo spettacolo getta uno sguardo impietoso, coraggioso ma necessario, su un tema spinoso: la violazione dei diritti umani perpetrata da uomini in divisa.
Senza cadere nel facile moralismo e nella morbosità dei dettagli, come certa cronaca giornalistica ci ha abituato, Fenice dei Rifiuti propone un teatro civile, impegnato politicamente che si serve di una drammaturgia potente per restituire sulla scena due episodi terribili della nostra storia più o poco meno recente e in diversi emisferi del globo: quello del regime di Pinochet in Cile e le violenze nella ormai famosa caserma di Bolzaneto, in occasione del G8 a Genova nel 2001.
Partendo dalle testimonianze di alcuni protagonisti dell’epoca, sei giovani attrici mostrano sul palco quanto male sia capace di compiere l’essere umano.
Laura Angelone, Flavia Gilberti, Michela Giudici, Susanna Miotto, Alice Pavan e Chiara Salvucci si alternano nei ruoli di vittime e carnefici, raccontando, in modo nudo e crudo, la violenza cieca di quegli anni bui, attraverso interpretazioni intense e toccanti.
Ma se il cast è interamente femminile, l’anima del gruppo è un uomo: Alessandro Veronese, attore, regista, drammaturgo, che oltre ad aver guidato e partecipato alla drammaturgia di “Nunca Mas”, ne ha curato la regia. “Credo sia persino inutile sottolineare che non tutti i membri delle forze dell’ordine siano violenti e criminali, ma è necessaria una presa di coscienza di un problema che ha radici profonde e che per trovare soluzione deve essere rifondato ai piani alti”.
Con queste parole Alessandro Veronese rivendica la scelta di portare in scena una pièce molto connotata politicamente.
Il vostro è uno spettacolo esplicitamente antifascista e antimilitarista. Se tra il pubblico ci fosse qualcuno di diverso colore politico?
Nei nostri spettacoli c’è sempre una nota di impegno civile, di cui siamo molto fieri. Sicuramente “Nunca Mas” è marcatamente schierato contro le dittature, anche quelle militari, ma il discorso poetico vuole essere più ampio. Parliamo di umanità violata, di diritti fondamentali negati, del concetto di umiliazione. Personalmente non credo che si tratti di mele marce all’interno delle forze dell’ordine, ma di un problema ai vertici, di un corpo che tende sempre a coprire e difendere chi sbaglia. Ben venga il pubblico di diverso orientamento politico. Il teatro deve sviluppare riflessione, dibattito, confronto.
“Nunca Mas” è frutto di un lavoro di drammaturgia collettiva a cui hanno partecipato tutte le attrici. Eppure più che una polifonia, le diverse voci realizzano un percorso omogeneo e unitario. Come avete lavorato sulle diversità?
Alessandro Veronese: Siamo partiti da un progetto ben definito: mettere in luce come una zona della polizia di Stato italiana possa agire come un regime Sudamericano, a pochi chilometri da casa nostra e in tempi recenti. Ci siamo serviti della storia, delle testimonianze di uomini del regime di Pinochet, come Claudio Valleco, e della cronaca italiana, consultando gli atti di Bolzaneto. È tutto tristemente e crudelmente vero. La drammaturgia ha lavorato sul linguaggio poetico. Chiaramente sul tema di fondo eravamo tutti concordi, ognuno ha poi dato il proprio contributo nello sviluppo di spunti emozionali.
Alice Pavan: La soddisfazione più grande di un lavoro di drammaturgia collettiva è vedere una propria idea impreziosita dal contributo altrui, vederla realizzata e sentirne l’appartenenza.
Laura Angelone: Credo che questo genere di scrittura stimoli molto la creatività del pensiero.
Tre spettacoli per raccontare l’invisibile nelle sue diverse declinazioni. Da cosa nasce il progetto?
Alessandro Veronese: L’idea del trittico è nata quando ci siamo trovati a pensare nello stesso momento a tre spettacoli sul tema dell’invisibilità. Tre storie molto diverse tra loro per ambientazione, argomento e linguaggio da cui vengono fuori tre pièce differenti per drammaturgia e modalità di messa in scena. “Sacrificio del fieno”, che sarà in scena a gennaio al Teatro Libero di Milano, parla di una donna che ha dovuto affrontare un duro sacrificio, “invisibile” al resto della gente; “Nunca mas”, partendo dalla vicenda dei desaparecidos, affronta il tema della violazione dei diritti umani a pochi passi da casa nostra (Bolzaneto) ma “invisibile” a gran parte dell’opinione pubblica, e infine “Equinaz”, monologo su un male invisibile, la ludopatia. Spettacoli diversi, oltre che per argomento, per linguaggio e modalità di messa in scena. Ma accomunati dal filo rosso dell’invisibilità.
NUNCA MÀS. Gente che scompare
drammaturgia e regia: Alessandro Veronese
scritto ed interpretato da: Laura Angelone, Flavia Gilberti, Michela Giudici, Susanna Miotto, Alice Pavan, Chiara Salvucci
produzione: Fenice dei Rifiuti