
Danae Festival ha mantenuto la promessa fino alla fine, riuscendo a richiamare pubblico grato di poter vedere a Milano proposte inedite o altre forme spettacolari sbocciate comunque altrove, insieme ad artisti internazionali che solitamente segue da lontano.
Non ci avevano detto, invece, che avremmo riso tanto. O meglio, che avremmo riso “giusto”, mai scontato o troppo facile. Soprattutto quando si toccano argomenti come la crisi economica, tanto insostenibile e radicata da provocare il suicidio collettivo di quattro pensionate, o quando si “conversa” di depressione, alcolismo, aborto e il resto dell’agenda di una casalinga/poetessa maledetta.
Daria Deflorian e Antonio Tagliarini, in scena con Monica Piseddu, sono stati i primi a offrire al pubblico l’occasione di capire cosa significa che la comicità è un meccanismo e non un genere divertente, portando sul palco del Teatro Out Off di Milano “Non siamo pronti” e “Più nero del nero”, due studi per “Ce ne andiamo per non darvi altri preoccupazioni”.
E’ questo il titolo del progetto work in progress che Deflorian/Tagliarini porteranno in scena in forma di spettacolo nel 2014, ed è anche il senso delle storie, dei temi e delle immagini che la coppia sta raccogliendo come materiale vasto, sovranazionale e continuamente aggiornabile (e chissà fino a quando, verrebbe da dire). Tutto parte di quella precarietà, non solo economica e politica, ma umana, che forma il nostro contemporaneo.
Ispirata a “L’esattore”, opera dello scrittore greco Petros Markaris, la ricerca è partita dal racconto del ritrovamento di quattro pensionate che si mettono d’accordo sulla funzionalità del morire rispetto al chiedere aiuto.
In “Non siamo pronti” il fatto viene riportato attraverso un dialogo, trattato ironicamente ma del tutto naturale, in cui gli attori interpretano sé stessi in scena, non sentendosi pronti ad affrontare il tema: fanno le prove delle quattro donne che si preparano e si stendono, immaginano i loro ultimi pensieri e soprattutto come siano arrivate a un simile ragionamento compiuto.
“Più nero del nero”, invece, è un atto performativo e muto, a volti coperti: quattro maschere viventi e identiche, con i loro movimenti, rivestendo tutto di nero, arrivando a interpretare l’oscurità totale.

Partita da una lunga fila, diventata presto un’ironica sfilza di ringraziamenti, la conferenza si è gradualmente tramutata in un dialogo su temi tanto intimi quanto umani, attraverso la protagonista e le sue esperienze, alcune immagini evocate e ritrattate dal polso, prima asettico e poi capovolto, della coppia di artisti, fino a chiudersi con un la proiezione del proprio album dei ricordi. In mezzo, una performance studiata eppure condotta attraverso un’esibizione del tutto naturale, evidentemente faticosa a tratti ma anche spensierata, qualcosa insomma che tocca il personale, che è diverso dal privato perché arriva al collettivo.
A proposito dei luoghi non teatrali, l’esperienza di Tony Clifton Circus è arrivata a Milano con le sue isole performative, variabili per durata, forma, occasione (e, purtroppo, meteo).
Nicola Danesi de Luca e Iacopo Fulgi – che dal 2001 sono la coppia di ibridi e assolutamente non convenzionali “buffoni” che forma il Tony Clifton – hanno presentato “Il milionario”, “Spider man” e “¡Chinawow!”, tre parti del percorso “Me da igual – il senso lo trovino gli altri, noi abbiamo altro da fare”, portando proprio in via Paolo Sarpi (la Chinatown milanese) l’ultima parte (“¡Chinawow!”) in prima assoluta, che altro tema non poteva trattare se non il rapporto italiani/cinesi, invasi/invasori o invasati.
E sempre fuori dal teatro si è chiusa questa prima parte del Danae Festival (una ‘reprise’ la avremo a novembre), lasciando l’ultima (non)parola a due ospiti di fama internazionale e di attitudini non propriamente teatrali: Naoko Tanaka e Oval.
Naoko Tanaka, artista visuale di origine giapponese poi trasferita in Germania, ha presentato in prima nazionale allo spazio Zona K di Milano, “Absolute Helligkeit”, seconda parte della sua trilogia dell’ombra che rappresenta le varie e svariate forme della luce che entra nel buio.
Per la serata conclusiva della 15^ edizione ha proposto la sua performance visuale in “live collaboration” con Markus Popp – in arte Oval -, per una performance audio visuale puramente estetica, immagine conclusiva di raffinatezza per un festival che ha mantenuto, per quindici giorni, rara bellezza.