
La “Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare”, tratto dall’omonimo romanzo breve di Luis Sepúlveda, viene proposto da Riverrun Teatro in una veste insolita: protagonista è infatti la tecnica karagöz del tradizionale teatro d’ombre turco, che rappresenta uno dei giochi d’arte più antichi.
La tecnica consiste nella costruzione di figure in pelle di cammello trattata in modo da diventare semitrasparente. Le varie parti della figura vengono poi ritagliate, colorate e unite da giunti per permetterne l’articolazione. Le figure così realizzate saranno mosse da bacchette e accostate allo schermo illuminato posteriormente da luci. Lo spettatore vedrà quindi le ombre proiettate senza percepire chi le muove.
Detentore di quest’antichissima tecnica è l’artista turco Emin Senyer del Traditional Turkish Puppet Shadow Play Karagöz Hacivat, che ha realizzato le figure dello spettacolo partendo dai disegni di Roberta Locci e Valentina Cabras: «Ho riprodotto quelle figure con grandissimo entusiasmo – spiega Emin Senyer – Un gruppo teatrale italiano recita l’opera di uno scrittore cileno con la tradizionale tecnica turca delle ombre, e un turco realizza le figure di tale opera. Questa è l’esatta universalità dell’arte».
Nella sala appena illuminata del Teatro Massimo di Cagliari il sipario aperto offre allo spettatore la scena da cui prenderà forma lo spettacolo. Semplice ma enigmatica: al centro capeggia una struttura metallica di grandi dimensioni, con una “finestrella” che sembra un tutt’uno con la struttura stessa. Ma è solo un’illusione. In proscenio, un cimelio da collezione: una vecchia macchina da scrivere Royal.
A dare il via allo spettacolo è il poeta (Fausto Siddi) che inizia a raccontare la storia di una gabbiana che, per salvare l’uovo deposto poco prima di morire, fa un patto con il gatto Zorba. Sarà lui a far crescere e ad insegnare a volare alla cucciola di gabbiano, a cui lui e i suoi amici daranno il nome di Fortunata.
Il rumore delle dita del poeta sui tasti della Royal fa nascere la storia, che diventa musica; e come per magia alle parole pronunciate con trasposto e suonate sul foglio dalla macchina da scrivere si accompagnano le immagini. Dalla finestrella prendono vita gli altri personaggi (mamma gabbiana, Zorba, gli esilaranti Colonnello e Segretario, il colto e raffinato Diderot, il gatto di mare Sopravento e la impertinente scimmietta Mattia).
La storia prende forma con i karagöz orchestrati dalle voci di Roberto Boassa, Alessandro Pani e Monica Serra, in un susseguirsi incalzante e mai monotono. Immagini delicate, coloratissime e calde, insieme ai movimenti sulla scena sottolineati dalle musiche di Rosella Faa, mostrano la tragica fine della gabbiana, le perplessità di Zorba sul mestiere di madre, il sostegno dei gatti del porto, la lotta con i topi, la paura d’essere diversa di Fortunata e infine la realizzazione del suo destino: il tutto in un dialogo tra mondo umano e mondo animale che testimonierà come la volontà e l’amore rendano possibile ogni cosa, soprattutto avvicinare chi è lontano e diverso da sé.
La regia di Roberta Locci, che dirige magistralmente il lavoro degli attori, crea uno spettacolo incantevole per la ricchezza di significato e fruibile per spettatori di tutte le età. Testimoniando che, ancora oggi, a teatro tutto è possibile: anche competere con il 3D e uscirne a testa alta.
Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare
con: Fausto Siddi, Monica Serra, Roberto Boassa, Alessandro Pani
regia: Roberta Locci
adattamento teatrale: Fabio Sanna
costruzione karagöz: Emin Senyer
ideazione e realizzazione dei disegni: Valentina Cabras e Roberta Locci
musiche originali: Rossella Faa e Mudras
scene: Simone Dulcis
costumi: Simone Dulcis e Marilena Pitturru
light designer: Stefano Delitala
produzione: Riverrun Teatro
durata: 1h 10’
applausi del pubblico: 3’20”
Visto a Cagliari, Teatro Massimo, il 28 marzo 2010
Bellissima recensione, piena del pathos e della fisicità della scena. Molto utile la scheda “tecnica”. Il sito web migliora e, seguendolo da tempo, non posso che esserne contento.