Andante. Con Faber Teater sulle colline del Monferrato

Faber Teater
Faber Teater

Un viaggio tra le parole di Gian Luca Favetto e i suoni di Antonella Talamonti per il debutto a Vezzolano, nell’ambito della rassegna Concentrica

Nella splendida cornice dell’abbazia di Vezzolano e delle sue campagne è andato in scena domenica scorsa il nuovo spettacolo della compagnia Faber Teater, “Andante”. Un debutto nazionale per una produzione sostenuta dal bando ArtWaves di Compagnia di San Paolo all’interno della rassegna Concentrica.
Ma prima di parlare dello spettacolo proviamo a raccontare qual è stato il percorso di creazione di “Andante” così come ascoltato dalle parole di tutti i protagonisti del progetto: gli attori di Faber Teater, Gian Luca Favetto per la drammaturgia e Antonella Talamonti per la drammaturgia musicale e per la composizione delle musiche originali.
Poter chiacchierare a fine spettacolo con gli artisti è sicuramente un privilegio, e non certo per farsi spiegare gli spettacoli, bensì per poter comprendere tutto il lavoro che sta dietro la produzione di un allestimento dal vivo: dai presupposti e i desideri iniziali, la famosa “urgenza” insomma, a quelle che sono le fasi preliminari di ricerca, all’assemblare, costruire, tagliare e provare.
E allora procediamo per piccole sezioni.

FABER TEATER
Perché “Andante”?
Per unire due azioni che sono patrimonio di tutti: il cantare e il camminare. Due pratiche che da anni la compagnia sta indagando per cercare di comprendere cosa avviene dentro e fuori il nostro corpo quando è in movimento nello spazio. “Andante” nasce dal desiderio di creare un momento esperienziale per chi vi partecipa, un processo trasformativo che tutti possono “ascoltare” nell’attimo in cui avviene: “Sento ciò che mi accade mentre accade”.

Faber Teater si autodefinisce “un gruppo di artigiani teatrali”. E come gruppo hanno sicuramente una lunga storia: sono insieme dal 1997, e da quella data di strada ne hanno fatta tanta. La percezione che ho di loro è di una compagnia in grado di rinnovarsi e crescere, gradualmente ma senza soste. Perché sono curiosi, perché si confrontano continuamente non solo al loro interno ma anche con il mondo esterno, collaborando con artisti in grado di farli crescere (per esempio, dal 2004, con Antonella Talamonti).
Con i loro spettacoli girano da anni nei festival di tutto il mondo (dalla Francia all’Ecuador, dall’Iran alla Polonia) nelle grandi piazze come nei piccoli paesi.
Nel costruire i loro lavori partono sempre da una fase di accumulo di materiali e poi da tanti brainstorming, per una regia collettiva che nasce dalla mediazione di tutte le loro differenze e i loro sentire. Certo, a volte potrebbe essere più semplice lavorare con un regista esterno, ma da 25 anni il frutto di questa ricerca collettiva è stato decisamente produttivo.
Con “Andante” è stato fondamentale, per il gruppo, il poter presentare dei momenti di studio prima del debutto. Riuscire a confrontarsi realmente con gli spettatori e con gli addetti ai lavori: avere feedback reali ha permesso al lavoro di crescere. I sostegni alla produzione servono anche e soprattutto a questo: a poter lavorare con il tempo necessario alla costruzione.

ANTONELLA TALAMONTI
Conoscere Antonella Talamonti e poterla reincontrare negli anni è per me un piacere inestimabile. Antonella, romana, è compositrice, formatrice, ricercatrice e performer. Ma la definizione più bella è quella che ho trovato sul suo sito: “artista sonora”. E davvero insieme a lei ti senti nella musica. Un tuffo dentro l’armonia.
La prima volta che l’ho incontrata, anni fa, mi raccontò che il suo obiettivo era in primo luogo evitare che gli artisti, soprattutto quelli di strada, si devastassero la voce utilizzandola a caso e senza conoscerla.

Dal 2004 collabora con Faber Teater, e il suo lavoro è partito proprio da lì: dalla conoscenza della voce e dal suo utilizzo in armonia con ciò che sta attorno.
Per “Andante” il suo lavoro si è concentrato su due linee: il rapporto con lo spazio e la spazializzazione del suono all’aperto. Corpo + spazio + suono. Dove il corpo non è solo quello degli artisti in scena, ma anche quello dello spettatore. Uno studio e una ricerca per riuscire ad immergere il pubblico in una vera e propria esperienza sonora. In “Andante” percepiamo il suono arrivare da luoghi diversi, e ci accorgiamo di come il nostro corpo reagisce, si muove, cambia e si adatta per accoglierlo.
I canti dello spettacolo (tutti eseguiti dal vivo) sono composti da lei, e spesso si ispirano alle culture popolari e ai ritmi di tutto il mondo: così come il canto di apertura prende ispirazione dalla musica cubana, così ritroviamo le musicalità dei canti della mietitura, e ancora i canti riservati ai momenti di riposo dal lavoro, in cui la voce doveva arrivare lontano, da una valle all’altra.
Antonella e Faber Teater hanno lavorato anche sui cosiddetti “tarli musicali”, che non sono i tormentoni estivi, ma quelle sonorità capaci di non abbandonarci, quell’influenza che la musica ha nella storia e nella strada di ciascuno.
Il lavoro parte dallo studio dello spazio che ogni volta viene esplorato dalle voci per arrivare, attraverso la composizione musicale, a costruire, insieme al gruppo di artisti, un tessuto sonoro per una esperienza davvero immersiva o, come dice lei, “alla ricerca di meraviglia, sorpresa e sorriso”.

GIAN LUCA FAVETTO
“Facciamo Faber”: così Gian Luca Favetto, scrittore, giornalista, drammaturgo, definisce il suo lavoro in “Andante”, in stretta collaborazione con Antonella Talamonti.
Si parte dall’ascolto quindi. Ognuno dei sei artisti di Faber (Francesco Micca, Marco Andorno, Lodovico Bordignon, Lucia Giordano, Paola Bordignon e Sebastiano Amadio) ha portato il suo vissuto legato al viaggio. Da tutto questo materiale Favetto è partito per costruire una drammaturgia dell’andare, in sintonia e sulle corde di ciascun singolo attore.
Tra le ispirazioni spicca il “Moby Dick” di Melville e le prime parole di Ishmael in procinto di partire per il porto da cui si imbarcherà sulla baleniera Pequod del comandante Achab.

E proprio così inizia “Andante”: “Ogni volta che mi ritrovo sulla bocca una smorfia amara, ogni volta che nell’anima ho un novembre umido e stillante… mi rendo conto che è tempo di mettermi in mare al più presto…”.
“Andante” è costruito come un viaggio per mare, in cui il legno della barca sono gli spettatori.
A volte le voci narranti sono sei, a volte solo tre, a volte una, in un intreccio capace di riportarci al ritmo del viaggiare e alla dissonanza stessa della vita. Allora il viaggio si anima di mercati pieni di macchine inutili, di spezie e di misurazioni impossibili, di fantasmi e giri intorno al mondo. Un viaggio fatto di imprevisti, come deve essere, e di incontri come quello con John Cage e la sua celebre composizione “4.33” del 1952.
La drammaturgia nasce dalla raccolta di suggestioni, e viene costruita per un pubblico in cammino e alla scoperta: una esplorazione nell’immaginario collettivo in cui poterci in qualche modo ritrovare tutti. E in grado sicuramente di farci viaggiare, ognuno nella propria testa, con il proprio bagaglio di pensieri ed esperienze.
“Io zitto zitto m’imbarco. E non c’è niente di strano. Se soltanto lo sapessero, prima o poi quasi tutti nutrono, ciascuno a modo suo, su per giù gli stessi miei sentimenti per l’oceano”.

E allora che si parta.

Attraverso le colline del Monferrato e le sue vigne seguiamo Faber Teater in questo viaggio fatto di incontri e di suoni.
Ci muoviamo provando a comprendere insieme quale è il nostro passo, quale sia il nostro cammino e come il nostro corpo reagisca al movimento, al suono, allo spazio che sta attorno a noi.
“Andante” è strumento per gli spettatori, ci mette in gioco nello scegliere quale fonte sonora seguire all’interno di un corale intreccio di voci che si inseguono e rincorrono. Incontriamo i tarli musicali come fantasmi che cantano nella nostra testa. Ritorniamo alle nostre partenze e ai nostri ritorni. Ripassiamo il tempo in cui uscire non era possibile e ci troviamo a muovere le gambe a tempo, ad aver voglia a tratti di danzare.
Piccole tappe ci portano a scoprire ogni volta una nuova storia. Noi spettatori, tutti insieme oppure divisi in piccoli gruppi. Vorremmo poter ascoltarle tutte le storie. Sappiamo di non poterlo fare, e anche questo fa parte dell’esperienza di un viaggio, in cui non si può sempre riuscire a vedere tutto.
Ci troviamo in silenzio ad essere noi “4.33”. Sullo spartito il celebre compositore ha dato indicazione agli esecutori di non suonare nulla. E così rimaniamo in silenzio. Siamo noi gli esecutori. In un silenzio che in realtà non esiste, perché interrotto da tutti i suoni attorno a noi. Quel silenzio che l’artista americano non era riuscito a trovare nemmeno in una camera anecoica.
Attorno a noi la composizione musicale si crea piano piano con il rumore del vento, il canto degli uccelli, gli aerei che passano e le voci di chi cammina sul sentiero. Sguardi. Ascolto. Silenzio.

“Andante” è un lavoro site specific che si nutre dello spazio e dello spettatore restituendo quella meraviglia che troppo spesso ci neghiamo.
“Crediamo nel momento spettacolare come intenso scambio di percezioni, emozioni, energie, “storie” con gli spettatori, nei luoghi, spesso non convenzionali, che ci ospitano”: così si può leggere sul sito di Faber Teater. E gli sguardi sereni e sorridenti ne sono una prova. Come gli applausi.
“Andante” è un’esperienza, e come in tutte le esperienze l’importante è mettersi in ascolto e partire, lasciandosi attraversare.

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