Chiusi e privi di Orizzonti. Stabili e instabili dello spettacolo italiano

Leviedelfool in Macaron. Causa maltempo la rivoluzione è stata posticipata a data da definire (photo: Simone Rocchi)
Leviedelfool in Macaron. Causa maltempo la rivoluzione è stata posticipata a data da definire (photo: Simone Rocchi)

Sul palco dell’agone tragicomico degli eventi di pubblico dominio si cala la carta del rilancio: viene così apportata una modifica ad hoc del FUS, che va in soccorso con un 4+4 (milioni di euro per due anni!) alla situazione critica in cui versa l’Eliseo di Roma, direttore artistico Luca Barbareschi, teatro privato negli ultimi anni eternamente a rischio chiusura, di cui Klp aveva parlato qui un mese fa.
Parallelamente, soprattutto dalla platea dei social network, ci si indigna e si digrignano i denti, urlando vergogna con rabbia, sconcerto, incredulità.
Il meccanismo del “due pesi e due misure”, da sempre in voga in Italia, si applica in un ambito, quello culturale, che apparentemente poco importa alla maggioranza delle persone, se non a quelle che in quei luoghi, di cultura e d’arte, tentano di sopravvivere ogni giorno.

Il recente episodio che coinvolge l’Eliseo conferma che i soldi, anche per la cultura, ci sono, ma che sono mal gestiti e in mani che fanno tutt’al più il gioco delle tre carte, visto che, al contempo, c’è qualcuno che nessuno ha avuto lo scrupolo di “salvare”, ma che invece ha subito l’onta della chiusura repentina, o meglio del coma terapeutico, in attesa di chissà quale bonifica grazie a chissà quale sponsor di supporto, il tutto a due mesi dalla data d’inizio.

Si sta parlando di Orizzonti Festival, nato a Chiusi, sostenuto dalla Fondazione Orizzonti d’Arte, di cui è parte questo piccolo Comune di ottomila anime, all’estrema provincia di Siena, quasi in Umbria.
Già si sapeva da tempo del buco nelle casse della Fondazione, di 200 mila euro circa. Si è deciso però solo ora che non si potesse andare avanti, perché si rischiava di mandare per aria questi Orizzonti d’Arte.

Se ne è parlato a più riprese in questi giorni. E si è parlato anche di una delle compagnie prodotte da Orizzonti Festival, Leviedelfool, ora in mezzo a questa tempesta, insieme alla Compagnia Orizzonti, che avrebbe dovuto diventare Stabile sotto la guida di Roberto Latini.
Oggi diamo voce a questi lavoratori dello spettacolo per una vicenda che, come spesso capita, probabilmente passerà presto nel dimenticatoio, ennesima conferma che il sistema del lavoro in Italia non funziona proprio.

Isabella Rotolo e Simone Perinelli (Leviedelfool), ci aiutate a capire cosa sta succedendo?
E’ difficile capirlo, soprattutto per noi che abbiamo ricevuto la notizia della cancellazione del festival in modo davvero inaspettato. Durante le sessioni di prove a Chiusi a febbraio e ad aprile non abbiamo avuto nessun sentore di quello che poi ci è stato comunicato via mail a due mesi dall’inizio del festival. Per farla breve si potrebbe riassumere la situazione dicendo che un festival sostenuto da Ministero e Regione chiude. Vengono così cancellati progetti in pieno svolgimento, collaborazioni già attive e, quel che è più grave, senza onorare gli accordi economici presi.
Di fatto ci chiediamo come sia stato possibile arrivare a questa decisione in modo così repentino, improvviso e tardivo.

Il vostro nuovo spettacolo, “Heretico. Dopo questo apparente nulla”, dopo le anteprime a Fabbrica Europa e Inequilibrio, doveva debuttare proprio all’Orizzonti Festival, che ne era (è?) produttore…
Ci siamo ritrovati a dover subire questa decisione paradossale, che oltre a cancellare il nostro debutto, ci ha causato un notevole danno economico, perché la Fondazione ci ha negato la parte di contributo ancora non speso ma che Leviedelfool aveva anticipato. Riguardo al buon senso e al rispetto del lavoro, i veri eretici sono loro.

In Francia ogni volta che si toccano i diritti dei lavoratori della cultura succede un pandemonio. In Italia sono forse gli stessi artisti a non darsi importanza, reclinando il capo, accettando di galleggiare a vista. Della difficoltà di fare teatro ne avevate anche parlato in “Macaron. Causa maltempo la rivoluzione è stata posticipata a data da definire”…
L’indignazione sull’Orizzonti Festival sicuramente non manca, abbiamo sentito la voce di altri artisti coinvolti da questa vicenda, che non è stata la prima e ahimè certamente non sarà l’ultima. Questi ultimi anni di politica culturale hanno visto la cancellazione di produzioni, festival, la chiusura di teatri, sono stati anni di appelli e ricorsi. Gli artisti s’indignano, si rivoltano, progettano e propongono contromisure. Ma stiamo parlando di una minoranza della minoranza nel grande calderone della politica culturale. Ormai ciò che è stata minata è la dignità di questo lavoro, che sta scomparendo giorno dopo giorno. L’artista può rispondere solo con la propria visione, e cercare di farlo al meglio attraverso il mezzo che ha a disposizione, ossia l’arte. La questione della politica culturale riguarda però altri piani della piramide della quale gli artisti, paradossalmente, sono solo l’ultimo scalino.

Ma se fare teatro è un lavoro, come qualsiasi lavoro esige dignità e tutela…
Non è proprio un lavoro come tutti gli altri. Presumiamo che negli altri lavori ci sia un orario in cui si stacchi e si vada a casa, per noi non è così. Il teatro è un’esperienza totalizzante, il nostro primo e ultimo pensiero della giornata, il tempo di tutta la vita…
È proprio quando il lavoro coincide con la passione che abbiamo bisogno di credere che, dall’altra parte, ci siano persone illuminate capaci di tutelarci e di lavorare in sinergia con noi artisti.
Purtroppo non è stato il caso della Fondazione Orizzonti d’Arte di Chiusi.

Altra storia è quella della (ormai ex?) compagnia “Stabile” Orizzonti (composta dagli under 35 Federica Carra, Nicolò Todeschini, PierGiuseppe Di Tanno, Sara Firrarello, Maria Valentina Principi, Letizia Bravi, Riccardo Spagnulo e Matteo Ciucci). Ragazzi, e ora?
Siamo molto dispiaciuti, perché con una violenza atroce, una telefonata dal nulla, c’è stato detto che forse sarebbe avvenuto quello che poi è successo. La definitiva conferma una mail certificata, fredda, a suggellare il tutto. Dobbiamo essere considerati coproduttori dello spettacolo che dovevamo realizzare per quello che abbiamo speso in viaggi e per le rinunce fatte, perché per rispettare il calendario rigido che ci è stato presentato abbiamo detto di no a molti lavori; e anche per questo confidavamo nella loro serietà, perché se ci imponevano di non saltare neppure una prova, rischio l’esclusione, allora…

Come avete vissuto questa breve opportunità di lavorare con Roberto Latini?
Tutto quello che abbiamo fatto non è stato mai vissuto come un sacrificio: era talmente alta la prospettiva e l’amore quando lui [Latini, ndr] ci permetteva di “risuonare” nell’arte e nella poesia! Alle selezioni finali, la prima cosa che ha fatto è stata quella di scusarsi con noi. Rispondendo al disagio avvertito nelle 450 lettere di presentazione arrivate, indirizzate tutte a lui, e non a Orizzonti, di attrici e attori, persone, che dichiaravano di essere disposte ad accettare condizioni minime pur di fare teatro, ci ha accolto con quella purezza che ha sempre dimostrato, facendosi carico di una grossa responsabilità, ed essendo sempre molto presente: per questo è ancora più forte il dolore.
Quando lo abbiamo saputo, Latini ha cercato di tutelarci tantissimo, chiamando ognuno di noi. Ci incontreremo con lui, e se ci sarà la possibilità di trovarsi in contesti più sani potremo portare avanti quello che è nato da questo bellissimo incontro.
Si gioca su questa storia degli attori che tanto corrono, disposti a qualsiasi cosa pur di “recitare”. Alla fine si è ancora una volta di fronte all’abbattimento della dignità della classe attoriale. Perché non abbiamo cercato noi la Fondazione Orizzonti d’Arte, che ha lanciato il bando per creare una Compagnia Stabile!

Mentre ci si domanda anche delle sorti del bando lanciato da Orizzonti per la realizzazione della “Madama Butterfly” di Puccini, per cui parrebbe ci sia (o ci fosse?) già al lavoro un regista prescelto, la domanda urgente è quanto tempo si dovrà aspettare ancora per la realizzazione del famoso Libro Bianco che sancisca linee ferree a regolamentare un mondo del lavoro, quello del teatro e dello spettacolo, che vive a seconda degli umori del “potente” di turno, anche del parroco o del sindaco che dà in gestione uno dei tanti teatrini sparsi per l’Italia, e che se viene cambiato o ahilui muore si devono far gli scongiuri per il successore…

Citando il sottotitolo dell’Heretico de Leviedelfool, c’è da augurarsi che, “Dopo questo apparente nulla” in cui galleggia il Sistema Italia, ci possa essere – anche se al momento pare davvero utopico – un Nuovomondo di dignità e rispetto, che onori davvero quanto sancisce l’articolo 1 della nostra Costituzione: “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro”.

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1 Comment

  1. says: Nikka Presbitero

    Il regista per la “Madama Butterfly” c’era, c’è eccome!
    E assieme a Michele Degan, il regista, c’erano e ci sono uno scenografo, Davide Signoroni e una costumista, la sottoscritta Nikka Presbitero, che lavoravano a questo progetto da mesi. Da dicembre per presentare un progetto preciso, accurato e rigonfio d’amore. Da marzo, essendosi aggiudicato il titolo di miglior progetto presentato, alla produzione dell’opera vera e propria.

    Abbiamo investito tempo, cuore, soldi, dedizione e tutto quello che comporta il tentativo di realizzazione di un sogno.

    Noi abbiamo ricevuto solo 3 righe scritte pure male, una telefonata dell’ormai ex direttore artistico e tutto l’amarissimo resto, lo conoscete già.

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