
Ciondola, si guarda intorno, temporeggia in attesa delle 18, come da programma. Al momento di iniziare gli ricordano che, essendo l’ospite d’onore, dovrebbe salire sul palco e sedersi al tavolo accanto a regista e compagnia. Accetta, ma tende ad allontanarsi il meno possibile da Alessandra Serra, per lui traduttrice di “Cruel and Tender”, testo mai rappresentato in Italia, e ora in scena sino al 20 marzo a Milano, nella versione diretta da Antonio Sixty.
“Martin Crimp al Teatro Litta: incontro con il più interessante drammaturgo della scena contemporanea”. Rullo di tamburi, e il 24 febbraio Martin Crimp finalmente c’è, anche se pare arrivato per caso, tra il frastornato e l’incredulo. O forse sta solo metabolizzando gli input ricevuti al suo atterraggio nel bel Paese: “E’ interessante venire qui in Italia, proprio in questi giorni, a riflettere sulle caratteristiche di questo testo” premette Crimp. Poi spiega che il protagonista maschile di “Cruel and Tender” è un generale occidentale impegnato in una missione di guerra in Africa: “E’ un personaggio che vive un dissidio, e la sua ambiguità è proprio dovuta alla posizione di militare, di uomo usato dal governo, dal quale riceve ora appoggio, ora avversione. Penso: anche per l’Italia fino alla settimana scorsa, un famoso generale era persona grata e oggi viene definito un nemico…”, addirittura un “pazzo” potremmo parafrasare noi, cogliendo il riferimento all’ex “leader saggio”, e accogliendolo con un sorriso, amaro.
A distrarci dalla cronaca fin troppo vicina e riportarci verso i significati più profondi del testo, l’intervento del regista: “L’ambiguità del personaggio rispecchia una caratteristica della poetica di Crimp che mi ha particolarmente affascinato e guidato nello studio della messa in scena – spiega Sixty – Il generale è allo stesso tempo Cruel and Tender, si manifesta in due nature opposte che lo caratterizzano ugualmente. Questo modo di costruire il personaggio fa pulsare una contro l’altra due verità, e credo corrisponda all’atteggiamento dell’uomo contemporaneo, che, alla ricerca della verità, scopre le sue mille contraddizioni”.
Quando finalmente prende la parola, dopo che il regista ha presentato lo spettacolo e tocca parlare del testo, Crimp è una piacevole sorpresa, un sole che si allunga caldissimo appena passate le nuvole. Proprio lui che, fino a quel momento, pareva poco disponibile a partecipare alla tavola, non si concedeva agli scatti dei fotografi e offriva scatti nervosi del suo caschetto di capelli perfettamente pari e bianchi. Proprio lui che, dagli anni ’80, è impegnato nel rappresentare il decadimento della società contemporanea, un luogo di violenza dove a fatica si trattengono le paure che poi sfociano in sentimenti crudeli.
Ecco, da un simile punto di vista non ti aspetteresti di essere accompagnato per mano: e invece Crimp ha il tono sereno di quei ‘teacher’ dei corsi di inglese in cassetta mentre ti attrae nel suo mondo poetico, usando parole e immagini che non soffrono l’ostacolo della differenza linguistica. “La coppia protagonista del testo rappresenta i due movimenti di una stessa melodia: una è la sonorità femminile, l’altra è quella maschile, che avanzano insieme senza incontrarsi mai”. L’autore descrive così il nucleo drammatico di “Cruel and Tender”, testo che reinterpreta “Le Trachinie” di Sofocle per raccontare una storia di amore e morte contemporanea. La prima prova di Crimp con la tragedia greca. Il testo fu commissionato dal regista Luc Bondy che, chiedendogli di tradurre Sofocle, voleva in realtà incoraggiare il drammaturgo a portare il soggetto originale in una nuova direzione, e lo ha provocato in effetti a scrivere un nuovo testo.
Nella versione di Crimp, Eracle è un generale che combatte il terrorismo; sua moglie si chiama Amelia e vive confinata accanto a un aeroporto in attesa del ritorno del marito che, invece, le recapita Laela, giovane donna africana incontrata durante la missione e di cui si è innamorato. “L’insieme di due donne e un uomo di questa tragedia è un po’ quello di ‘The Country’ – commenta Crimp citando un altro suo noto testo – Anche qui si ha una donna a cui viene a far visita un’altra che sta per prendere il suo posto”.
“Mi ha colpito come il nucleo uomo/donna risulti nettamente diviso dal resto – interviene un attore della compagnia – Tanto che Amelia e suo marito sono gli unici due personaggi che parlano in versi”. “Hai perfettamente ragione – risponde Crimp – Ho voluto rispettare questo elemento formale della tragedia originale”. L’autore spiega di essere rimasto affascinato dalla tragedia greca per due caratteristiche: la forma costruita sul nucleo amore/morte, e il linguaggio “per niente oscuro, assolutamente non metafisico come si crede, ma anzi ricco di immagini quotidiane! Infatti, per descrivere un padre che vede poco i figli, ho tenuto l’immagine del contadino che lavora campi lontani da casa…”.
Del resto il metodo Crimp è caratteristico per la dimensione fortemente quotidiana dei suoi quadri, e sotto quella superficie si rintraccia la perdita di morale, umanità, e di senso. Per comporre “Cruel and Tender” e reinterpretare un universo corrispondente a quello de “Le Trachinie”, Crimp ha collezionato “immagini dei giovani soldati coinvolti nei conflitti di oggi. Non potrei immaginare di scrivere un dramma che non sia tagliato, linguisticamente, culturalmente, dal materiale della vita contemporanea. Per reinterpretare il background di terrore, di ipocrisia politica, e di una città distrutta a causa di una bugia, non dovevo guardare tanto lontano”.
Interessato a sottolineare il contesto quotidiano, per non dire attuale, Sixty porta sul palco attraverso uno schermo dei personaggi che dovrebbero ricalcare la funzione del coro tragico, ma in effetti imitano certi personaggi ricchi e pettegoli in un’atmosfera di perenne “cocktail party”: “Non hanno colpa se sono così: esistono e io, attraverso lo schermo, li sovrappongo a quelli presenti in scena. Non desidero mostrare quale sia il migliore. E questo è ciò che apprezzo della scrittura di Crimp, che è chiarissimo nel presentare personaggi non immediatamente giudicabili, molto verosimili”.
“Uso le immagini di tutti i giorni e le inserisco nel linguaggio, non nella storia, per offrire degli… indizi!”. Crimp entra così nella sua particolarissima poetica e spiega come vede il suo ruolo: “Offrirvi gli indizi e poi risolverli. Un esempio: Deianira nel testo è a casa, ma perché è in esilio; cosa significa oggi un esilio? Non so da dove mi sia venuta questa immagine, ma ho confinato Amelia a un passo da un aeroporto internazionale, luogo di collegamento, ma in effetti lontano dai rapporti umani…”.
Nella versione diretta da Sixty questa collocazione ‘internazionale’ viene rimarcata “da un cast extra-italiano: ho cercato attori che fossero italiani di adozione, in modo da restituire una lingua italiana pronunciata da chi ha una diversa madrelingua, con il fine di ottenere una sorta di straniamento sonoro, oltre che culturale, e rappresentare così la differenza tra aree del mondo, tra Nord e Sud, attraverso lo scontro della guerra, e l’incontro delle persone; per mostrare come le nostre emozioni convivono” conclude Sixty prima di restituire la parola all’autore.
E così, didascalico ma mai noioso, Crimp procede nella sua lezione, fino alle 19.30, secondo l’orario stabilito. È il momento dell’uscita; il professore ha concluso e lascia la classe, mentre gli alunni italiani, ri-citando quell’atmosfera da “cocktail party”, si trattengono tra drink e salatini.